giovedì 31 marzo 2011

Spritz Debate: Della Difesa… dell’Orchestra di Udine

Questo post era stato preparato a dicembre ma poi non è mai uscito. Lo si ripropone ora che è saltato fuori per caso. Va anche bene visti i climi di guerra (nonostante l'assenza di bandiere della pace)

Pancia piena, facce gonfie, cirture allentate e flatulenza. Nel pieno del periodo festivo, gli effetti di intense attività filosofico-alimentari si vendono anche nel tenore dei dibattiti al bar. Questa volta sul tavolo, pardon, sul bancone della discussione ci sono due articoli che troneggiano sui giornali, l’uno nella pagina della cronaca nazionale “Finmeccanica e Fondi neri” e l’altro nella cronara regionale “Orchestra di Udine a Piedi”.

Un po’ come la “guerra delle banane” (il nome fa ridere ma fu una cosa serissima: significò la lotta commerciale in seno al WTO tra gli USA che favorivano le produzioni in America Latina e l’Europa che favoriva le ex colonie caraibiche), la battaglia tra spese militari e spese per la cultura dividono l’opinione pubblica paesana sulle consuete barricate del muro contro muro dove, chi vota a destra deve per forza essere un guerrafondaio e chi vota a sinistra, deve per forza essere un cultore di letteratura assiro-babilonese.

Bisogna accordarsi per suonare una bella musica
La cronaca ci racconta dell’accusa di corruzione e costituzione di fondi neri, in seno alle attività di Finmeccanica, un’azienda del settore Difesa (degli armamenti, per capirci) e della crisi di fondi dell’orchestra di Udine. Facile quindi che il dibattito diventi subito… tagliamo alla Difesa e diamo alla Cultura!

Come disse una volta il pres. Cossiga, l’on. Massimo D’Alema è stato l’unico presidente del consiglio dell’Italia Repubblicana ad aver vinto una guerra (la guerra del Kosovo) e diversi armamenti utilizzati in quel frangente erano forniti dal fiore all’occhiello della tecnologia militare italiana, Finmeccanica appunto. Tra l'altro alle missioni parteciparono anche attuali piloti delle Frecce Tricolori (com'è nel loro mestiere d'altronde). Quindi le spese per la Difesa sono essenziali per garantire la pace e per partecipare con pari capacità operative nelle operazioni su scenari internazionali.

Inoltre, c'è il discorso posti di lavoro che la Difesa porta dietro con se. Se consideriamo "grande" la FIAT, che in Italia ha 50.000 dipendenti, ebbene, Finmeccanica non è molto da meno perchè in Italia, di dipendenti ne ha ben 43.000 (oltre ad altri 27.000 all’estero). Non è una datore di lavoro che si puó ignorare a cuor leggero, tanto che all'assemblea aziendale dei 2.000 manager di Finmeccanica a Caselle Torinese del 29 Novembre 2010, sul palco hanno preso la parola Roberto Cota (presidente della regione Piemonte – Lega Nord), Guido Crosetto (sott. Alla Difesa, PdL) e Sergio Chiamparino (Sindaco di Torino – PD). Caso vuole che l’assemblaggio del caccia-bombardiere Jsf-F35 è in programma negli stabilimenti del Piemonte (Panorama: il silenzio è d’oro? No di titanio).

Naturalmente, quando si parla di “Difesa” non si parla esclusivamente di Finmeccanica peró in Italia, si parla “soprattutto” di Finmeccanica. Tagliare alla Difesa sarebbe anche un problema di natura internazionale perché, per i parametri NATO, il rapporto tra spese militari e Pil deve perentoriamente rimanere sopra l’1,7%, livello che costituisce la soglia minima richiesta dalla NATO ai suoi membri. Caso vuole che l’Italia al momento sia all’1.8% (la Gran Bretagna anche dopo i recenti tagli draconiani rimarrà ben al di sopra del 2% cosí pure la Francia, mentre gli USA del premio Nobel per la pace Obama, sono ben oltre il 4%).

Ad ogni buon conto, la Difesa non è certo immune da tagli: le nostre fonti (un caporale qui, un caporale là) ci raccontano di tagli sostanziali nelle caserme e di tante cosette che li’ non si fanno piú per esigenze di bilancio. Peró se ve le raccontassimo poi dovremmo “annichilirvi” (come si dice in gergo) perché sono segreti di stato…

Passiamo alla Cultura. In Gran Bretagna praticamente tutti i teatri sono privati e gestiti in modo aziendalistico (pensate ai musical
Il suono della tuba sembra quello di un bombardiere B52
ripetuti nel West End londinese ogni sera per 5-6 anni consecutivi per massimizzare sulle economie di scala) dove la parola “utili” non è una bestemmia. In Italia invece, i teatri sono quasi tutti pubblici ed in molti casi, gestiti a prescindere dalla “resa economica”.

Le dichiarazioni dell’Assessore alla Cultura del FVG, De Anna, che aveva espresso nel dicembre 2010 la volontà della regione di uscire dalla gestione del teatro di Udine (Udine: la Regione lascia la Fondazione del teatro Giovanni da Udine), avevano fatto scalpore. Poi la questione è rientrata e molti ipotizzano ci fossero dietro diatribe che non riguardassero necessariamente i costi della partecipazione regionale nella Fondazione, però resta che allìepoca il punto dolente era proprio il discorso "costi" (che significa anche che l'esibizioni teatrali e musicali, così come concepite e gestite, non fanno pareggiare i conti, tantomeno fanno utili).

Molti ritengono che la Cultura, per sua natura, non può fare utili e quindi o si riceve sussidi o muore tutto. Ad esempio, di visioni molto dibattute sono oggetto l’orchestra del Friuli Venezia Giulia e le orchestre in genere, dove il precariato dei suonatori e l’incertezza per il futuro sono una triste realtà e causano l'abbandono di carriere musicali (o l'emigrazione verso orchestre all'estero).

Cosí, in bar, i banconieri si sono divisi tra i difensori… della Difesa come volano di occupazione industriale ed innovazione cui non si deve togliere investimenti con buona pace della Cultura che non genera utili, i paladini della Cultura che taglierebbero volentieri le spese per gli armamenti per questioni ideologiche ed i cerchiobottisti che sostengono che la cultura è il fulcro del valore aggiunto dell’Italia che non puó prescindere dai contributi statali almeno quanto l’industria dei caccia bombardieri non puó prescindere dalle commesse pubbliche.

…e il bombardamento di opinioni continua mosso andante e un po' sincopato

Foto del momento: Medellin

martedì 29 marzo 2011

Gli inni dimenticati del Risorgimento

Inno a Oberdan
Dedicato all'irredentista Guglielmo Oberdan
(Autore Anonimo 1885)

Morte a Franz, viva Oberdan!
Morte a Franz, viva Oberdan!

Le bombe, le bombe all'Orsini,
il pugnale, il pugnale alla mano;
a morte l'austriaco sovrano,
noi vogliamo la libertà.

Morte a Franz, viva Oberdan!
Morte a Franz, viva Oberdan!

Vogliamo formare una lapide
di pietra garibaldina;
a morte l'austriaca gallina,
noi vogliamo la libertà.

Morte a Franz, viva Oberdan!
Morte a Franz, viva Oberdan!

Vogliamo spezzar sotto i piedi
l'austriaca odiata catena;
a morte gli Asburgo Lorena,
noi vogliamo la libertà.

Morte a Franz, viva Oberdan!
Morte a Franz, viva Oberdan!
Morte a Franz, viva Oberdan!





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Inno di Garibaldi
Luigi Mercantini
Musiche di Alessio Olivieri
1858

All’armi! All’armi!

Si scopron le tombe, si levano i morti;
I martiri nostri son tutti risorti:
Le spade nel pugno, gli allori alle chiome,
La fiamma ed il nome — d’Italia sul cor.
Veniamo! Veniamo! Su, o giovani schiere,
Su al vento per tutto le nostre bandiere,
Su tutti col ferro, su tutti col fuoco,
Su tutti col fuoco — d’Italia nel cor.
Va fuora d’Italia, va fuora ch’è l’ora,
Va fuora d’Italia, va fuora, o stranier!

La terra dei fiori, dei suoni e dei carmi,
Ritorni, qual era, la terra dell’armi;
Di cento catene le avvinser la mano,
Ma ancor di Legnano — sa i ferri brandir.
Bastone Tedesco l’Italia non doma,
Non crescon al giogo le stirpi di Roma;
Più Italia non vuole stranieri e tiranni:
Già troppi son gli anni — che dura il servir.
Va fuora d’Italia, va fuora ch’è l’ora,
Va fuora d’Italia, va fuora, o stranier!

Le case d’Italia son fatte per noi,
È là sul Danubio la casa de’ tuoi;
Tu i campi ci guasti; tu il pane c’involi;
I nostri figliuoli — per noi li vogliam.
Son l’Alpi e i due mari d’Italia i confini;
Col carro di fuoco rompiam gli Apennini,
Distrutto ogni segno di vecchia frontiera,
La nostra bandiera — per tutto innalziam.
Va fuora d’Italia, va fuora ch’è l’ora,
Va fuora d’Italia, va fuora, o stranier!

Sien mute le lingue, sien pronte le braccia;
Soltanto al nemico volgiamo la faccia,
E tosto oltre i monti n’andrà lo straniero
Se tutta un pensiero — l’Italia sarà.
Non basta il trionfo di barbare spoglie;
Si chiudan ai ladri d’Italia le soglie;
Le genti d’Italia son tutte una sola,
Son tutte una sola — le cento Città.
Va fuora d’Italia, va fuora ch’è l’ora,
Va fuora d’Italia, va fuora, o stranier!

Se ancora dell’Alpi tentasser gli spaldi,
Il grido d’all’armi darà Garibaldi:
E s’arma allo squillo, che vien da Caprera,
Dei mille la schiera — che l’Etna assaltò.
E dietro alla rossa vanguardia dei bravi
Si muovon d’Italia le tende e le navi:
Già ratto sull’orma del fido guerriero
L’ardente destriero — Vittorio spronò.
Va fuora d’Italia, va fuora ch’è l’ora,
Va fuora d’Italia, va fuora, o stranier!

Per sempre è caduto degli empi l’orgoglio;
A dir — Viva Italia! — va il Re in Campidoglio;
La Senna e il Tamigi saluta ed onora
L’antica signora — che torna a regnar.

Contenta del regno fra l’isole e i monti,
Soltanto ai tiranni minaccia le fronti:
Dovunque le genti percuota un tiranno
Suoi figli usciranno — per terra e per mar.


Va fuora d’Italia, va fuora ch’è l’ora,
Va fuora d’Italia, va fuora, o stranier!



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INNI E CANTI DEL RISORGIMENTO D'ITALIA

lunedì 28 marzo 2011

L'Italia sulla scena internazionale non conta nulla? Come i giornali di diverse nazioni riportano il caso della Libia e della NATO

Già da giorni se ne discuteva in bar e quindi s'è dovuto fare un esperimento scientifico.
Duello Francia - Italia...

Dicono che una delle peggiori sensazioni che si possano provare é quella di non contare niente e di essere sistematicamente ignorati. Questo principio vale anche per le nazioni. E' notizia di oggi che "Usa-Gb-Francia e Germania decidono in videoconferenza le sorti della Libia - Meeting dei capi di governo dei 4 Paesi alla vigilia del vertice di Londra. L'Italia non è stata invitata" (nonostante la crisi profughi e i rapporti strategici con la Libia).

Per molti sará una sorpresa: "ma come, dopo giorni di violente polemiche tra Italia e Francia, tra Frattini e Sarkozy, tra i nostri piú valenti statisti e gli infidi diplomatici degli stati della coalizione che sta bombardando Tripoli, non ci chiamano?" Eppure tutti i giornali italiani hanno sottolineato il peso dell'Italia nella polemica con i birboni francesi che hanno attaccato la Libia. Eppure i giornali italiani hanno riportato i complimenti di Berlusconi per Frattini per aver fatto passare il comando delle operazioni alla NATO in quel di Napoli. Eppure i giornali italiani dicevano questo e quello. Appunto, i giornali italiani.

Paghi di quanto diceva Montanelli sull'obiettivitá, che "non esiste" ma vale la pena sentire diverse campane sempre, se non altro per avvicinarsi all'obiettivitá tecnica, abbiamo fatto un esperimento: abbiamo preso le prime pagine e gli articoli sulla crisi Libica di sabato 26 marzo 2011 da giornali britannici, francesi ed italiani. Tanto per capire se questo scontro Francia - Italia era visto da tutti allo stesso modo.


Scontro tra Italia e Francia...
 
Ebbene, abbiamo avuto la temutissima sorpresa...

Ma andiamo con ordine, dunque, sabato 26 marzo 2011, c'e' una coalizione che sta bombardando guidata dagli USA con al seguito la Gran Bretagna, la Francia (particolarmente aggressiva) e alcuni paesi minori. L'Italia ha dispiegato navi e dichiara di non aver fatto sparare i suoi caccia. La questione sul tavolo é di portare questa coalizione di bombardieri sotto l'egida NATO.

Ma come la raccontano in diverse nazioni e in diversi giornali?

Partiamo dai giornali piú importanti: il Messaggero Veneto sottolinea come si tratti di un duello tra Italia, che vorrebbe che la NATO prendesse il comando e la Francia che si oppone. A leggere gli articoli, da come sono scritti e titolati, si intuisce che é una lotta aperta tra le due superpotenze. Una sorta di sfida tra pizzettari e baguettisti. Al che il lettore friulano si gonfia il petto d'orgoglio: cavolo, teniamo testa alla patria di Napoleone!


Italia e Francia fratture a go-go...
Stesso gruppo editoriale, La Repubblica, che continua sulla litania: strenua lotta tra l'Italia che crede nella NATO e la Francia che vuole fare quello che le pare. "Ancora scontro tra Italia e Sarkozy" titola.

Il Corriere della Sera non é da meno: "Italia e Francia (solo queste due nazioni, notasi) resta la frattura. Frattini: anche noi abbiamo un piano". Anche qui, il lettore medio si gasa nelle 7 pagine dedicate al conflitto e si impietosisce al dramma dei profughi che sbarcano a Lampedusa (di sicuro in Europa lo vedranno come problema e i nostri governanti a Bruxelles faranno la voce grossa, uno s'immagina). E via a gasarsi.

Bene. Dopo l'autoerotismo torniamo alla realtá.

No, non si menziona neppure di striscio Italy...
(ma la Turchia si)
Giornale britannico "The Scotsman", il Corriere della Sera scozzese: "NATO forces divided over strikes on Gaddafi Army" (le forze della NATO sono divise sugli attacchi alle forze di Gheddafi". Beh, nell'articolo parlerá della superpotenza che tiene la scena al momento, l'Italia? NO!

In tutto l'articolo (e negli approfondimenti interni) la parola "Italy" o "Italian" non é MAI MENZIONATA! Anzi, tra le forze NATO contrarie all'arbitrarietá dei bombaroli si citano: Germania e Turchia (si, la Turchia!).

Qui il giornale esprime un concetto che sui giornali italiani non si trova: la NATO agisce a consenso, se qualche giorno prima si fosse dovuto aspettare il consenso su ogni aspetto delle operazioni da 28 paesi membri, Gheddafi avrebbe avuto il tempo di radere al suolo Misurata e Bengasi e annientare completamente le forze ribelli. Invece, con Francia, USA e GB subito partite con i bombardieri, le sorti si sono ribaltate a favore dei ribelli. Aggiungiamo noi con malizia machiavellica, non é che l'opzione NATO fosse tanto favorita da qualche nazione fin dall'inizio perché si sapeva che mentre il tempo sarebbe passato lentamente tra le pastoie decisionali intanto Gheddafi avrebbe vinto?

L'Italie n'est pas ici...
 
Comunque, morale della favola, la superpotenza della pizza, spaghetti e mandolino non é stata neppure degnata di una citazione (se non in una cartina in cui si vedono le navi dispiegate che includono diverse unitá italiane).

Passiamo ai Francesi. Abbiamo osservato due giornali: Le Monde e Le Figaro. Ebbene, udite udite... in nessuno dei due, in relazione alla crisi libica c'é la menzione dell'Italia. Nulla!!! Neppure una parola che si avvicini a "Italie" o "Italienne". Niente, nulla, un fico secco di niente. A dirlo sembra una barzelletta ma é cosí, abbiamo le copie cartacee dei giornali sotto il naso.



Berlusconi vante l'Italie aux Italiens...
a dit la ministre du Tourisme, Vittoria Brambilla
 
E la crisi franco-italiana descritta copiosamente dai giornali italiani?

A dire il vero, Le Figaro menziona l'Italie...si, in un articolo che parla di come M.lle Brambillá (accento sulla a), abbia ingaggiato il capo del governo Berlusconi per gli spot turistici sull'Italia. Giustamente, se vuoi i migliori spaghetti e mandolino del mondo in che nazione vai? Notasi che abbiamo parlato di mandolino non di caccia bombardieri.



Le Monde parla di "muro della propaganda"
a Tripoli...
 Insomma, mentre noi, lettori italiani medi ci cibiamo dei fumetti del Min.Cul.Pop. sulle strepitose prodezze diplomatiche della corazzata Italia, il resto del mondo ci ignora a pié pari.

Sono cose che feriscono l'orgoglio nazionale e che fanno male.

Se fossimo ignorati per ripicca, sarebbe comunque positivo perché le ripicche si riservano ai propri pari grado, ma il sospetto, vagamente velato, é che forse forse abbia ragione il politico notoriamente moderato e pacato che dall'alto del suo scranno di deputato del Parlamento Europeo, intervenendo a programma "La Zanzara" di Radio24 del 23 novembre 2010, disse "vedendo le cose da Bruxelles posso dire che con tutto il rispetto per le autoritá civili, militari e penali, l'Italia non conta un c..zo!"
In Francia la NATO si chiama OTAN
e comunque sia, de l'Italie non  v' é menzione,
nulla, rien de rien!


domenica 27 marzo 2011

Misteri Storici: la bandiera del Friuli (già del Patriarcato di Aquileia)

Originò dal Ducato Longobardo 
o dal Patriarcato di Aquileia?
Il simbolo del Friuli finisce nella lista delle "bandiere preunitarie" pubblicata dal Corriere della Sera on line (Tutte le strade della bandiera: Storia del Tricolore: dalla rivoluzione alla Costituzione).

Nella descrizione dello stendardo del Friuli, si legge così:

"Ducato del Friuli - È il primo Ducato longobardo, assegnato nel 569 a Gisulfo I, diventa contea coi carolingi: dipendente dal patriarcato di Aquileia, usa lo stendardo con fondo azzurro in tempi di pace e fondo rosso per la guerra".

Il Patriarcato in pace
Dunque, secondo Giorgio Pastres ("Le bandiere") l'uso di insegne su drappi si segnalano nell'oriente in particolare dalla Cina e dall'India. Tuttavia, a farne uso estensivo furono dapprima gli abili cavalieri delle steppe caucasiche attraverso i Mongoli per poi arrivare alle pianure russe ed ai popoli germanici. Da qui entrarono nel resto d'Europa tanto che, il notissimo storico longobardo (quindi tedesco) Paul Warnefried, conosciuto come Paolo Diacono, le cita varie volte con il nome di "bandonum".

Che i longobardi avessero bandiere ci sta tutto e quindi il Corriere potrebbe avere ragione però, a leggere wikipedia (Bandiera del Friuli) sembrerebbe invece, che la bandiera così come la conosciamo oggi, derivi dal Patriarcato di Aquileia (che iniziò il dominio temporale nel 3 aprile 1077) e non dal simbolo usato dai duchi Longobardi.

*Probabile* bandiera militare
del Patriarcato (Da La Patria del Friuli città,
ville e castelli, di P. Foramiti, 2002)  
Ci si chiede quindi dove stia la verità: simbolo già in uso da Gisulfo I nel 569 o simbolo adottato dal Patriarcato di Aquileia (forse pure prima del 1077)?

Di interesse è il fatto che si dica che quando il Patriarca era in guerra, lo sfondo da azzurro diventasse rosso. Un po' come il Leone di San Marco che regge o il libro o la spada a seconda delle circostanze. Tuttavia c'è un caveat.

Patriarcato in Guerra
(cumò al ven lì e ti vescole!) -
O.Manin, Memorie e notizie,
B.C.U., ms 619/1
Infatti, non è detto che fosse lo stesso stendardo ad avere lo sfondo rosso. Sembra che in tempo di guerra cambiasse totalmente l'insegna ed assumesse si sfondo vermiglio ma i simboli disegnati sarebbero stati non un uccello rapace bensì una mitra nel mezzo di due pastorali bianchi.

Dunque molto mistero dietro la semplice descrizione dell'autorevole quotidiano.

sabato 26 marzo 2011

Come in Scozia anche a McMorsan vige la legge del clan


Festa dei borghi a nord di Morsano

Ci infoma wikipedia che la società scozzese tradizionale era organizzata in clan. La parola clan deriva dal gaelico scozzese clann, "bambino", che sottolinea il senso di legame familiare.
Al che uno si chiede se il nostro paese, che a suo tempo era abitato da popolazioni celtiche, un po' come i "cugini" scozzesi, abbia qualche caratteristica simile. Essendo il podere politico-amministrativo passato nelle mani di quelli di lá, l'unica espressione di podere che é rimasto ai morsanici é quello delle organizzazioni libere di persone legate dal perseguimento di uno scopo comune che non sia il lucro.

Ne esistono di varia natura, che essenzialmente si possono dividere in:
  • associazioni con statuto e atto notarile a gestione assembleare
  • associazioni con statuto e atto notarile a gestione patriarcale
  • associazioni con statuto senza atto notarile a gestione familiare
  • organizzazioni di Stato estero rappresentato anche all'ONU ed esente dal pagamento dell'ICI
  • associazioni di fatto, senza statuto e a gestione familiare
  • associazioni di fatto, senza statuto e a gestione patriarcale

    L'araldica di un clan
Se "clan" deriva da un riferimento alla famiglia, allora le organizzazioni di persone morsanesi sono dei veri e propri clan, visto che l'approccio alla gestione di natura "patriarcale" o "familiare" va per la maggiore. Infatti, entrare nel direttivo delle organizzazioni morsaniche é un atto di concessione del sovrano in carica, un po' come nel medioevo, piuttosto che un atto di elezione degli iscritti (cosa molto giacobina, mal vista nella conservatrice societá locale).
Cosí si osserva come sia l'atto di "nomina" ad elevare i membri del proprio clan a illustri posizioni dell'intricato mescolarsi di cariche paesane.

Non importa se il nominato o la nominata sia competente o in precedenti esperienze abbia dimostrato capacitá: l'importante é che sia parte del proprio clan. Anzi, meglio se il membro del clan se ne stá zitto e annuisce felice a tutte le decisioni del capoclan (il "chief") perché potrá meritarsi altre nomine in altre organizzazioni dove il capoclan ha il tartan piú sgargiante.

Cosí, si dice, vadano le cose tra i loch e i glen della bassa. Sará vero? 

I gloriosi colori di McMorsan


giovedì 24 marzo 2011

Facciamo il lavoro sbagliato? Se una banca nazionalizzata distribuisce bonus milionari

La Britannica, "Royal Bank of Scotland" é stata di fatto nazionalizzata nel 2008 a seguito della crisi dei subprime che ha messo in ginocchio le banche di molti paesi europei.

Ebbene, l'altra settimana ha fatto scandalo la notizia che ben 100 manager della Royal Bank of Scotland (i manager chiave, definiti "code staff"), si sono beccati almeno 1 milione di sterline di bonus a testa, nonostante la banca abbia perso 1.1 miliardi di sterline nel 2010.

Stiamo facendo il mestiere sbagliato?

150 anni dell'Unitá d'Italia: Il gioco sulla breccia di Porta Pia



Ogni comune d'Italia ha una piazza o una via dedicata al "XX Settembre" data della breccia di Porta Pia del 20 settembre 1870.

Ora c'é pure un giorco dedicato all'evento...

Sondaggio: L'Unitá d'Italia é motivo di celebrazione?


Nordisti, neo-borbonici, "terronisti", di tutto di piú contribuisce a non avere un parere unanime delle celebrazioni per l'Unitá d'Italia. Se si é parte dell'establishment accademico o politico (tranne un partito), pubblicamente si dichiara di essere entusiasti delle celebrazioni, chi invece vota nel segreto dell'urna ha opinioni piú variegate. In generale comunque, la maggioranza é favorevole alle celebrazioni.

Da segnalare il modo con cui l'Economist ha dipinto l'Unitá d'Italia in un suo articolo Happy-ish birthday, Italians feel ambivalent about their country’s unification, 150 years on e in un suo video.



e dulcis in fundo, guardate che nome dá il pacato Economist al Sud Italia...

mercoledì 23 marzo 2011

Spritz Flag: che fine hanno fatto le bandiere della Pace?

Infuocato dibattito al solito bancone e solito muro contro muro istituzionale con minacce di querele e calci in culo sul tema della guerra-non-guerra all'amico-non-amico dai tanti nomi Gheddafi, Gaddafi, Khadafi (per gli amici معمر القذافي‎).

Oggetto del contendere l'annoso tema delle bandiere. Il problema é stato sollevato da un noto basso affarista paesano che con i gadgets s'é fatto la villa al mare quando ha esclamato "purtroppo c'é la guerra ma per fortuna la gente avrá bisogno di bandiere della pace da appendere sui balconi e con un po' di contatti in Cina ne importiamo subito qualche migliaia da piazzare sul mercato paesano".
Se ne vendono di piú quando c'é guerra
o a seconda della guerra?

Apriti cielo!

Subito gli improvvisati contabili paesani hanno raffreddato gli umori sottolineando che nonostante la guerra-che-non-é-una-guerra contro la Libia, nessuno ha appeso bandiere della Pace in paese.

Al che ne é nata la discussione tra chi sosteneva che non ci sono bandiere della Pace appese in giro perché il premier Berlusconi ci ha rassicurato che non é una guerra e il ministro degli esteri Frattini ha sottolineato che si tratta di una missione umanitaria (si vocifera in paese che presto i Tornado lancieranno rose, violette e biglietti di buona pasqua sui cieli di Tripoli) e chi sosteneva che le bandiere della Pace non si tirano fuori quando si va a bombardare uno che é amico di Berlusconi ma solo quando servono per rompere subdolamente i coglioni a Berlusconi.

...e il dibattito continua sotto le bandierine della sagra

Sondaggio Morsanico: Le vuoi le Centrali Nucleari in Italia? - Marzo 2011

Che sia una risposta emotiva agli eventi in Giappone o una scelta ragionata?

martedì 22 marzo 2011

App Store: a quando una "Morsano app"?

Molti sono i lettori che possiedono un iPhone o comunque dei telefonini intelligenti (smartphone) con i quali scaricano applicazioni software dai cosidetti "app stores" virtuali.

Di recente, l'Outlet Village di Palmanova, si è dotato di una sua propria "app", la Palmanova Outlet Village app, appunto.

Noi siamo venuti a saperlo perchè seguiamo l'Outlet su Twitter @palmanovaoutlet (e ovviamente lo sottolineiamo perchè con tutte queste parole inglesi ci sembra di essere il mitico Guido Nicheli).

La domanda fondamentale è, o meglio, la fundamental question is, quando avremo un'app anche per Morsano?

Quando ci sarà anche qui un 12enne che smanettando sul suo iPhone crei qualcosa di elettronicamente utile per il nostro di Village?

lunedì 21 marzo 2011

Numeri Utili: la vita nel 1861, anno simbolo dell'Unità d'Italia

Il Regno d'Italia nel 1861
Tra il 1878 ed il 1880, il parlamento del Regno d'Italia istituì una commissione d'inchiesta presieduta dal senatore conte Stefano Jacini, per analizzare la condizione di vita degli abitanti della neonata nazione. 

"L'inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola in Italia" è passata alla storia come "Inchiesta Jacini" ed in Veneto/Friuli vide la collaborazione del senatore padovano Emilio Morpurgo. 

Il sen. conte Stefano Jacini
Se si volesse capire la condizione di pressante povertà in cui versava la popolazione nazionale e le sue variazioni regionali, si consiglia la consultazione dei libroni dell'Inchiesta presso la biblioteca comunale di Udine.

Tuttavia, sebbene leggendo l'Inchiesta Jacini si coglie l'impatto della povertà, i  dati sono tutti in Lire del Regno e con difficoltà ci fanno capire cosa passasse la gente. Così, ci viene in soccorso l'ISTAT con i dati del 1861 presentati a Radio 24 nel contesto della trasmissione "Focus Economia" (150° Unità d'Italia: come eravamo, come siamo) normalizzati in valori reali (al netto dell'inflazione) ovvero in Euro del 2011.

Ebbene, nel 1861:
- Il consumo medio procapite era 251 lire piemontesi all'anno ovvero 1.123 euro attuali all'anno. L'Italiano medio doveva vivere con 3 euro (in valori attuali) al giorno, cioè 93 euro al mese. Per capirci, è come se oggi, ci toccasse vivere con soli 3 euro al giorno con il costo della vita attuale: una condizione di povertà assoluta.
- Nel Meridione la cifra scende ad addirittura meno di 2 euro (odierni) a testa
- Due terzi della spesa va negli alimentari. Una sola volta alla settimana si mangia carne ed i legumi e frutta due volte a settimana.
- I soldi che restano vanno in affitto, carbone, olio per le lampade e nulla rimane per gli imprevisti
- Il reddito medio valeva il 50% del reddito Britannico ed il 75% di quello Francese
- La produzione di acciaio era circa lo 0.4% di quella della Gran Bretagna
- La produttività del lavoro era circa un terzo di quella Britannica
- La speranza di vita era circa 30 anni
- Mortalità infantile nel primo anno di vita del 290 per mille (oggi è una media da paesi africani degradati)
- Circa del 30% degli italiani aveva a disposizione meno di 2.000 calorie al giorno (in pratica abbondantemente sottonutriti considerato che facevano lavori manuali)
- Nel 1877 il 70% delle persone che si sposavano non sapevano scrivere (nel Novecento scende al 40%, nel 1940 al 5%)
- Nel 1861 il divario tra Nord e Sud esiste ma è contenuto (al Sud il PIL procapite è del 10% più basso che al Nord)
- A Napoli una famiglia di 4 persone viveva con 240 euro mensili in media (in valori di oggi). 140 euro se ne andavano nel cibo.
- Le tasse al Sud erano più basse, 16 lire a testa di tasse contro le 24 lire del Regno Sabaudo
- La spesa per l'istruzione era 4 volte maggiore nel Regno Sabaudo che nel Regno delle Due Sicilie
- L'Italia unendosi diventò una delle maggiori nazioni economiche al mondo (nonostante tutto). Solo i paesi piccoli che avevano degli export (Olanda, Belgio) riuscirono a sopravvivere altrimenti sarebbero rimasti bloccati in un'agricoltura di sussistenza com'era quella di molte zone d'Italia. Lo Stato nazionale creò un grande mercato interno.

Secondo Mark Thompson ("The White War"):
- Nel 1910: , l'Italia aveva 35 milioni di abitanti (Russia 170, Germania 68, Austria-Ungheria 52, Gran Bretagna 46 e Francia 40)
- Sempre in epoca Giolittiana, il ceto medio era molto piccolo a circa il 5% della popolazione. Il 40% della popolazione lavorava la terra dove 9 milioni erano meri contadini dipendenti di proprietari terrieri. Il 18% lavorava nell'industria
- Nel 1866 per la campagna in Trentino, Garibaldi aveva 20.000 volontari (anche se gli storici sembrano concordare che in realtà fossero 10.000) male armati e mal equipaggiati che secondo i servizi segreti austro-ungarici erano per lo più adolescenti senza esperienza militare. Di fronte a se, aveva 16.000 austriaci.
- Per la Terza Guerra d'Indipendenza del 1866, il Regno Sabaudo aveva 200.000 uomini, 370 cannoni contro il fronte Austro-Ungarico di 75.000 uomini e 137 cannoni (le truppe austriache erano anche impegnate nella guerra contro la Prussia)
- Nella battaglia (persa dall'Italia) a Custoza, le perdite italiane furono di "solo" 726 uomini. Molti meno dei caduti dell'Austria
In definitiva, solo dopo la Seconda Guerra Mondiale l'Italia esce dalla condizione di arretratezza cronica: dagli anni Sessanta si inizia a vedere crescite di reddito procapite che l'affrancano dalla condizione di atavica povertà.

Famiglia di contadini friulani nel 1915 (si notano i soldati nel retro).
Che differenze ci saranno state con i contadini del 1866
(dopo 49 anni di annessione al Regno d'Italia)?

sabato 19 marzo 2011

150 anni dell'Unitá dell'Italiano: Nichi Vendola batte Corriere della Sera

Mettete linguaggio incomprensibile nei vostri cannoni...
Registriamo al volo un punto messo a segno da Nichi Vendola nei confronti del Corriere della Sera.

Sebbene quando Vendola parla non è proprio facile capire, una cosa é certa, con le sue recenti dichiarazioni sul nucleare, da un punto di vista linguistico, batte nettamente il Corriere della Sera.

Vendola ha dichirato "Nucleare in Puglia? Dovranno venire con i carri armati"

Dall'altro lato il Corriere della Sera, o meglio, i giornalisti del Corriere, titolano "Raid dei caccia francesi in Libia. Migliaia di civili in fuga dalla città. Sono stati distrutti quattro tank delle truppe del Colonnello"

Non sappiamo voi ma a noi piace che se esiste già una parola italiana la si usi e non si maltratti l'unitá linguistica con inserimenti di parole straniere (quando se ne può fare a meno).

Sennó veniamo a distruggere i vostri tank con i nostri carri armati!

Tank you very much! (che si traduce con "a soreta!")

La storia cambia: Facebook domina Morsano

Le recenti discussionone eno-storiche (e se vi fanno venire la gastrite diventano eno-gastro-storiche) sull'Unitá d'Italia hanno portato bene al Blog: 194 visite il 17 marzo e 184 il 18 marzo.

Tutta questa grazia, una volta analizzata (qui i dati), ha mostrato degli andamenti interessanti. Nell'ultimo mese, per la prima volta da quando esiste il Blog, il maggior numero di visite non arriva da un link sul sito di Morsano (morsanodistrada.it) bensí da Facebook.

Di fatto, il Gruppo di Facebook "Morsano Fan Club" é una delle piú grandi associazioni morsanesi (208 affiliati) e per forza di cose é diventato un centro di pubbliche relazioni paesane alla pari del passaparola nelle botteghe.

La morale della favola é che in futuro, sará impossibile prescindere da quello che succede sui Social Network quando si organizzerano eventi paesani o si volesse diffondere qualche comunicato.

venerdì 18 marzo 2011

Spritz History: ma i Friulani l'annessione al Regno d'Italia la volevano o no?

Castello di Udine, giá sede della contadinanza
Anniversario dell'Unitá e si discute: i Friulani l'annessione al Regno d'Italia la volevano o no?

Iniziamo con una considerazione ovvia: non esiste la storia come espressione di "obiettivitá". Ogni storico é influenzato da una sua sensibilitá personale. La scelta di trattare un tema piuttosto che un altro é giá un atto figlio di una propria visione del mondo. Se poi piú "esperti del settore" condividono la stessa visione del mondo, allora le cose si mettono male. In Giappone le atrocitá nipponiche della Seconda Guerra mondiale non sono menzionate nei testi scolastici (in Germania quelle naziste lo sono ampiamente). In Turchia non si parla di sterminio di 3 milioni di Armeni. Cancellato dalla memoria collettiva.

Pensate alla storia di Gonars: si possono scrivere 10 libri sul suo periodo medievale, 50 libri sul suo periodo sotto l'Austria, 20 libri sulla sua preistoria e semplicemente non scrivere alcunché sull'ex campo di prigionia. Cosí, il caso del campo di prigionia, cogli anni, sarebbe caduto nel dimenticatoio se una ricercatrice non avesse scritto qualcosa in merito. Immaginate ora quante cose la storiografia ufficiale puó nascondere per servire uno scopo piú o meno dichiarato.

Proprio non raccontando un evento o un suo aspeto chiave, si altera la percezione delle vicende storiche forse piú del raccontarlo con partigianeria (modello "la storia la fanno i vincitori"). In Croazia, ad esempio, non esiste nessun libro sulla storia dei croati nella prima guerra mondiale; eppure furono loro e gli sloveni, a combattere sul fronte dell'Isonzo (perché motivati dalla difesa delle loro terre poco distanti dal fronte). Perché il popolo croato si concede questa lacuna? Boh!

Cosí, anche oggi, l'opinione pubblica, sia attorno al bancone del Bar Sport, che nella Sala Blu della Scuola Superiore Sant'Anna, é divisa tra chi ritiene che la popolazione del Friuli del 1866 fosse largamente favorevole all'annessione al Regno d'Italia e chi ritiene esattamente il contrario.

Chi ha ragione?



Si sa per certo che nelle fila dell'esercito austriaco e della marina imperiale nel 1866 c'erano anche coscritti Veneti e Friulani contrapposti a soldati Piemontesi, Lombardi e rincalzi meridionali dell'ex esercito borbonico. L'esercito imperiale austriaco, con dentro Veneti e Friulani vinse tutte le battaglie (Custoza, Lissa) tranne quelle contro Garibaldi (Bezzecca).

Domanda: quanti friulani disertarono piuttosto che combattere contro i "fratelli" Piemontesi?

Risposta... Boh! Qualcuno ha fatto ricerche in merito? Se si, dateci indicazioni che le segnaliamo, se no... perché no? Sarebbe un dato importante per capire lo spirito del popolo che stava facendo la leva.

Poi qualcuno sottolinea come la piccola borghesia friulana fosse ampiamente a favore dell'annessione al Regno d'Italia. Assolutamente vero e documentato da piú studiosi. Peró quanto numerosa era la piccola borghesia? Quanto puó essere indicata come una significativa rappresentanza del sentire del popolo friulano dell'epoca? Diciamolo: era minoritaria e lo era pure ampiamente, per lo piú concentrata nelle cittá o cittadine (come Palmanova che infatti giá nel 1848 si era ribellata agli austriaci).

Domanda: la maggioranza della popolazione, che era composta da contadini analfabeti e poverissimi (i famosi "sotans"), stava zitta e buona per paura del gendarme austriaco ma sotto-sotto covava un sentimento anti-austriaco oppure, era completamente indifferente alla questione perché tanto il tedesco non lo capiva e l'italiano neppure (perché parlava friulano) e si trattava solo di cambiare padrone?

Risposta: c'é il sospetto che dipenda dal punto che si vuole dimostrare: e spesso la discussione storica si butta dritta dritta in politica.
  • Non sei Nordista? Allora bisogna dargli ai Nordisti e dimostrare che le spinte indipendentiste o autonomiste di oggi non hanno fondamento storico perché gli avi del popoloVeneto-Friulano avevano solo l'Italia nel cuore e ad essa volevano unirsi.
  • Se si é Nordisti, si stava bene solo sotto la Serenissima, o anche sotto l'Austria e il plebiscito per l'annessione al Regno d'Italia fu una truffa (600.000 "SI" e solo 69 "NO" - con urne separate per i "SI" e per i "NO" e schede diverse che ne facevano un voto palese) e i Veneto-Friulani furono conquistati con l'inganno (visto che la cessione del Veneto-Friuli alla Francia (che poi la giró ai Savoia), fu firmata dall'Austria il 19 ottobre 1866 mentre il plebiscito si tenne il 22-23 ottobre!!!). Poi l'Italia portó solo miseria e emigrazione.
Al che bisogna spiegare che la miseria fu dovuta in gran parte alla crisi agraria mondiale di fine Ottocento e che sarebbe accaduta anche sotto l'Austria. Inoltre, la Serenissima a suo tempo aveva giá iniziato un inesorabile declino per ragioni geo-logistiche visto che con la circumnavigazione dell'Africa le tratte via terra e via Mediterraneo che la fecero grande, ricevettero un colpo irreparabile. Senza contare che con il ritorno dell'Austria nel 1815, la cittá di Venezia fu trascurata in maniera deliberata.

Insomma, quando si parla di storia, é il bilanciamento tra quello che si decide di raccontare e soprattutto, non raccontare, che fa la differenza.

Peró, grazie al nostro DNA storico, a noi friulani riesce facile andare alle conferenze di questo o quel professore che ci illustra le vicende d'un tempo e poi uscire dalla sala convinti che a prescindere da quello che ci raccontano, il Friuli ed i suoi abitanti, ci hanno sempre rimesso...

"Sappá", "Hacken" o "Zappare"?
La differenza é fondamentale? 
Il Patriarcato era retto da Tedeschi e Lussemburghesi. E il popolo a zappare (e pregare). La Repubblica Serenissima di Venesia ci disprezzava (per loro, navigatori, eravamo semplicemente gente di terraferma, gente di seconda classe) e non ci ha mai difeso dalle invasioni turche, anzi, si sono costruiti Palmanova per chiudersi dentro quando gli ottomani arrivavano. E il popolo a zappare (coi turchi nel collo e sentirsi pure preso per i fondelli "el doxe Manin dal core picinin, l'è streto de man, l'è un furlan"). Napoleone, con buona pace di Foscolo, ci ha ceduti all'Austria in cambio del Belgio. E il popolo a zappare (e a imprecare contro i francesi che depredavano le chiese). L'Austria faceva arrabbiare la piccola borghesia di Palmanova e Udine. E il popolo a zappare (forse che si, forse che no?). Il Regno d'Italia nel 1915 ha mandato i Friulani di qua a "conquistare" i Friulani di lá facendo cosí devastare tutta la regione da Caporetto in giú. E il popolo a zappare (e morire in trincea). Il Duce impedisce di parlare friulano anni prima che Mike Bongiorno ci insegnasse l'Italiano. E il popolo a zappare (bestemmiando in italiano). I Nazisti decidono di regalare questa "terra dei fiumi" ai Cosacchi (pensa che simpatica bomba etnica sarebbe stata). E il popolo a zappare (per la Todt). Per Tito e per i suoi simpatizzanti italiani, eravamo Jugoslavia fino al Tagliamento. E il popolo zappava (imparando a dire "dobro" o nascondendo il moschetto sotto qualche Gladio). Dalla fondazione della Repubblica Italiana, con solo il 2% della popolazione nazionale e per di piú con carattere tipicamente schivo, s'é avuta poca Fortuna (Loris) nell'esprimere rappresentanti politici di spessore nazionale e si aspetta il laziale di turno affinché ci diriga. E il popolo a zappare (polemizzando, ma sempre zappando).

Siamo piccoli e da soli non contiamo nulla e non saremmo mai contati nulla fossimo rimasti soli. Giá ora l'Italia a livello internazionale non conta nulla (potremmo dire "poco" se fossimo politically correct), figurarsi quanto conterebbe il Friuli da solo. Peró questo non toglie che si possa guardare alla storia per capire molti dei caratteri locali.

Che certe scelte siano state subite in silenzio perché cosí é e cosí sempre sará?

Di certo dietro ogni argomento c'é un esperto che "ne sa di piú" ed é capibile che sia cosí. Tuttavia, nella modestia del nostro bar, in attesa che qualcuno risponda in maniera onesta alla domanda posta nel titolo di questo post, una certezza incontrovertibile ce l'abbiamo: comunque vada, chiunque diriga la baracca, noi, popolo friulano, siamo sempre con la zappa in mano pronti a dire il fatidico..."comandi".

...e la zappatura (sui piedi) continua

giovedì 17 marzo 2011

150 Auguri



Il Canto degli Italiani (detto Inno di Mameli)

Fratelli d'Italia,
l'Italia s'è desta,

dell'elmo di Scipio
s'è cinta la testa.

Dov'è la vittoria?
Le porga la chioma,
che schiava di Roma
Iddio la creò.

Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.

Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò!

Noi fummo da secoli
calpesti, derisi,
perché non siam popolo,
perché siam divisi.

Raccolgaci un'unica
bandiera, una speme:
di fonderci insieme
già l'ora suonò.

Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.

Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò!

Uniamoci, amiamoci,
l'unione e l'amore
rivelano ai popoli
le vie del Signore.

Giuriamo far libero
il suolo natio:
uniti, per Dio,
chi vincer ci può?

Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.

Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò!

Dall'Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn'uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,

I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò.

Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.

Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò!

Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute.

Il sangue d'Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.

Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.

Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò!

Sì (cantato)
 

mercoledì 16 marzo 2011

Una forma di protesta: i cartelloni sul tetto con indicato il sito internet di chi protesta


Quando si tratta di opere pubbliche si puó manifestare il proprio dissenso in molti modi civili. La via principale é sempre il dibattito nelle sedi istituzionali, peró alle volte, se la questione é di fondamentale importanza per la comunitálocale ed ha un impatto sulla quotidianitá di tutti, si va in piazza.  

In piazza ci si puó andare fisicamente ma pure virtualmente come succede in giro per il mondo. Nella foto si notano dei cartelloni sul tetto di una casa, messi in modo da essere ben visibili dall'adiacente stazione dei treni. Si legge l'indirizzo di un sito http://www.trag-sos.co.uk/ dove si protesta contro il piano del comune di incrementare il numero di palazzi a ridosso del centro paesano.

Curioso e comunque efficace visto che ora ne parliamo pure qui.

martedì 15 marzo 2011

Pace e Bene: Un gesto distensivo con il Paese Vicino®

Molti dicono che questo blog ce l'abbia con il Paese Vicino® ed alimenti l'odio etnico contro i piú sfortunati. Per sfatare queste pretestuose e strumentali accuse, la redazione ritiene di lanciare un chiaro segnale distensivo, di pace, concordia e solidarietá umana.

Si dá spazio quindi ad una pubblicitá in forma completamente gratuita del gruppo Facebook del P. Vicino®. Cosí facendo diamo visibilitá e lustro a quell'aggregato urbano ed ai suoi armenti.

Dunque un bravo ed un incoraggiamento ai ben 207 membri del gruppo Facebook di Castellone® (addirittura duecentosette!!! wow!!!)



Visto che ci siamo salutiamo anche i 211 membri del Gruppo Facebook di Morsano


Pace e benissimo

lunedì 14 marzo 2011

Se le idee al bar hanno successo: il caso della Abici

Molti sono scettici sull'utilitá dell'osteria e non ci vanno per snobbismo. Altri non ci vanno per risparmiare sulla spesa dello spritz. Molti peró ci vanno ed alcuni ne approfittano per creare grandi cose. Un esempio é l'Abici.

I morsanesi, essendo gente sofisticata, sanno bene cosa sia l'Abici ma per beneficio dei castellonesi* che ci leggono, l'Abici é una linea di biciclette costruite con materiali moderni ma che nel design richiamano le bici degli anni Cinquanta. Pensate che queste bici sono cosí belle che c'é chi le acquista per poi metterle in salotto come elemento di arredamento.

Sono vendute in tutto il mondo e personaggi famosi della politica, dell'arte, dello spettacolo, si sono piú volte fatti fotografare con questi gioielli del design e della creativitá italiana. Creativitá che in questo caso ha trovato la sua espressione in un'intuizione di tre amici in osteria.

Ne parla un articolo del Corriere del 2006, "Un' idea di tre amici all' osteria Ecco la bici che incanta il mondo".
La straordinarietá del progetto é che é nato con uno spritz in mano davanti ad un bancone. Magari un giorno anche noi morsanici, tra uno spritz e l'altro, ci faremo venire un'idea che cambi il mondo. Nel frattempo abbiamo voluto la bicicletta del blog, e adesso pedaliamo.


*I Castellonesi sono gli abitanti della perfida Castellone, antico nome del Paese Vicino® (...quando fu solennemente consacrata la rinnovata basilica di Aquileia il 13 luglio 1031, tra i beni di cui la chiesa viene dotata c'era la villa de Castellone con la villa de Mursiano e pertinenze, da Sant'Andrat fino a Gonars e al bosco.).

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