Evoluzione geo-politica e geo-economica e ricadute economiche per il Friuli Venezia Giulia
di
Maurizio Ionico - Amministratore
Unico della Società Ferrovie Udine Cividale – il treno delle lingue
Il recente accordo sul nucleare tra gli Usa e l’U.E. con l’Iran non è esclusivamente legato a elevare una diga sciiita contro l’espansione dell’Isis sunnita ma, parallelamente, concorre a far diventare questo paese mediorientale un motore dell’economia globale cui le imprese regionali possono concretamente riferirsi. La stessa ricostruzione della Siria e dell’Irak (e del Kurdistan) può rappresentare un mercato d’interesse, e non è un caso che già alcune aziende friulane si stanno posizionando su quelle aree. La Turchia, anche se vive una fase di stand-by della sua traiettoria di crescita, rimane in ogni caso un polo da cui si generano flussi economici piuttosto consistenti, in entrata e in uscita, come ben sanno alcuni operatori triestini.
Ma vi è una straordinaria opportunità per il sistema economico italiano e regionale determinata dall’apertura del “nuovo” canale di Suez che, nonostante gli attentati in Egitto, sarà destinata a riverberare a breve effetti sul traffico marittimo e sulla logistica industriale. Il “vecchio” canale poteva essere transitato solo in un senso con 12 ore dedicate al suo attraversamento in andata e altrettante al ritorno. Ora, con la realizzazione di una serie di opere collaterali allo storico canale di Suez può avvenire il transito continuo delle navi, nell’arco delle 24 ore. In sostanza, sono necessarie solo 10 ore per attraversarlo, anziché delle tradizionali 48, e il Mediterraneo può essere raggiunto non solo in un tempo limitato ma la sua competitività è incrementata di un altro 50%.
Questa realtà, al pari di Panama che permette il transito di navi “big size”, stimola i comportamenti dei grandi operatori globali del traffico marittimo ad aumentare di “taglia” le loro navi concorrendo ad affermare un gigantismo nel trasporto delle merci che non può vederci estranei.
Infatti, è proprio la ristrutturazione del tradizionale modello di trasporto che sta determinando in questa fase un calo dell’attrattività del porto di Trieste, in particolare per la componente dei contenitori, con effetti sull’occupazione e sui servizi logistici.
Dunque, dobbiamo limitarci come comunità a osservare la ritrovata centralità del Mediterraneo e i fenomeni che hanno a che fare con la politica e l’economia internazionali o, diversamente, partecipare attivamente a questa nuova situazione? Gli altri, i territori organizzati, le grandi imprese europee di logistica, gli scali africani, spagnoli e quelli dell’Europa del nord, si stanno attrezzando. E noi?
E’ necessario, per un verso, l’aumento di scala dell’hub triestino. La nuova gestione del porto e i programmi previsti dagli operatori rappresentano un buon inizio, dopo che per troppo tempo sono esistite la fragilità strategica e la presenza di vincoli amministrativi nonché un contesto intellettuale assai distante dall’urgenza di costruire il “porto-Regione”. Si tratta in ogni caso di facilitare l’investimento di 500 mln di € nel medio periodo, in buona parte di privati, in modo da dotarsi di gru più alte, ampliare scali, banchine e spazi di piattaforma, avere ralle porta-container. E, naturalmente, va risolta rapidamente la “questione ferroviaria” in termini di aumento di capacità, tale da garantire treni da 750 mt. e fluidità lungo il Corridoio 1/Baltico Adriatico e 3/Mediterraneo, e di efficienza organizzativa per diminuire gli alti costi di manovra. La conferma di alcune alleanze di traffico internazionali e dell’arrivo a Trieste di grandi navi è importante e costringe ad assicurare continuità a questa prospettiva poiché permette di ottenere l’obiettivo di ricavare ulteriori 2.000 posti di lavoro nel settore, promuovere 2 mld di servizi logistici aggiuntivi e incrementare il Pil regionale di 1,7 mld.
L’aumento di scala deve interessare per l’altro verso Monfalcone e Porto Nogaro. La specializzazione verso il federaggio e i traffici break-bulk può rappresentare un’opzione interessante in grado di incrociare una parte del mercato internazionale e corrispondere alle esigenze e caratteristiche del sistema produttivo locale basato su export e filiere. Tuttavia le condizioni di base che contraddistinguono queste due realtà sono ancora fragili, sia se riferite alla governance degli scali, frammentate e con strutture separate le une dalle altre, sia agli interventi strutturali (banchine, gru, dragaggi, ferrovia) che, indipendentemente da singole iniziative, richiedono contemporaneità e integrazione se si vuole garantire effettivamente l’accessibilità e l’elevata competitività del sistema. La stessa capacità imprenditoriale di operare una gestione logistica complessa (project - cargo) appare limitata alla sola azione di alcuni soggetti.
Si tratta, in definitiva, di un approccio concreto che non si limita ad enfatizzare la “prossimità geografica” del Friuli Venezia Giulia rispetto al contesto più ampio, come se ciò bastasse per cogliere i benefici che derivano da un mondo in continuo movimento, quanto invece si propone di costruire una “prossimità strategica” attraverso, appunto, l’azione lungo direttrici dove intersecare funzione pubblica, città e territori consapevoli, operatori privati.
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