This week’s cover preview: The whole world is going to university Read for free via: http://t.co/pH9OOr5hkn pic.twitter.com/Di5kPr1I8N
— The Economist (@TheEconomist) March 26, 2015
L'Economist questa settimana apre con una copertina che recita così "Tutti vanno all'università, ne vale la pena?"
Il punto è che quello che paga è la diversificazione dalla massa dei propri coetanei. Se alcune decadi fa essere uno dei due o tre laureati del paese ti dava una forte differenziazione, oggi essere uno dei cinquanta laureati morsanesi non ti cambia la vita. Anzi, per contro essere uno dei due o tre falegnami dell'intera zona cambia vita in meglio come la cambia in meglio essere uno dei pochi idraulici specializzati o uno dei pochi muratori di fino o uno dei pochi fresatori su macchine a controllo numerico o uno dei pochi saldatori di precisione e così via.
Confrontare un laureato di oggi con un muratore di una generazione prima non ha significato. La morale della favola è che si deve fare sempre qualcosa di diverso dai propri coetanei e possibilmente eccellere nel farlo.
Così il bar si è diviso tra
- chi ritiene che la cultura universitaria apra la mente ad una varietà di possibilità e incrementi l'autostima delle persone perchè non si sentono delle capre ignoranti (anche quando per la verità non lo sono);
- e chi ritiene che tutti laureati equivale a nessun laureato ovvero tutti incapaci allo stesso modo di fare lavori manuali o di pensare in maniera alternativa oltre a bruciarsi la gioventù sui libri invece di impratichirsi nella scuola della vita
...e con mutate aspettative, il dibattito continua
Nessun commento:
Posta un commento