L'altro giorno, in seno all'OMASE (Organizzazione Morsanese di Alti Studi Economici) riunitasi presso il bancone del Bar Sport in piazza, si discuteva della globalizzazione e degli effetti che questa ha sull'economia e società morsanese.
Come sempre, oltre agli schieramenti trasversali tra prosecchisti e spritzettari, se ne sono formati due nuovi tra chi sosteneva che l'economia locale è strategicamente ben piazzata per resistere agli shock asimetrici dell'economia mondiale e chi invece sposava l'idea di un effetto comunque diretto anche sull'economia locale di qualsiasi deviazione a livello globale.
Chi sostiene l'immunità morsanica, di solito fa appello alla limitatezza se non addirittura all'arretratezza fondamentale dell'infrastruttura economica locale che, per non essere brutali, viene pubblicamente definita "equilibrio socio-economico basato sulla piccola impresa, sul piccolo pubblico impiego e sulla solidarietà sociale". Insomma, quasi niente terziario avvanzato, poco peso economico dei servizi professionali di alto livello, niente derivati, nessuna pensione legata all'andamento della borsa, niente cartolarizzazione del debito, niente hedging con valute estere, niente fondi offshore etc.
Chi invece sostiene l'esposizione morsanica all'andamento dell'economia mondiale fa riferimento agli effetti paesani della crisi globale ed europea iniziata tra fine 2008 e 2009 che di certo non ha beneficiato le imprese morsanesi. Ne è testimone il tasso di occupazione che, a sentire cosa dicono le siure in bottega, di certo si è ridotto vistosamente negli ultimi 18 mesi.
Come test per la situazione morsanese capita a fagiolo la notizia che arriva dalla Russia.
Ebbene, il premier Putin ha annunciato ieri che dal 15 agosto 2010 ci sarà un divieto di export dalla Russia di granaglie (orzo, frumento, luppolo, mais etc.) come conseguenza delle ridotte scorte nazionali russe a seguito della siccità e degli incendi che hanno distrutto, tra gli altri, anche intere distese di terreni seminati. Tanto che Glencore, l'azienda più grande al mondo quanto a transazioni di commodities, ha stimato che se nel 2009 il raccolto russo di granaglie è stato di 100 milioni di tonnellate, nel 2010 potrebbe non essere maggiore di 65 milioni di tonnellate!
Cosa significa per l'economia mondiale? Ebbene, la Russia è uno dei maggiori produttori ed esportatori di granaglie: come immediata conseguenza, siamo andati a verificare cosa sia successo dopo questo annuncio al mercato delle "commodities" (la più importante piazza del settore è la borsa di Chicago). Indovina indovinello... i prezzi di orzo, mais e frumento sono schizzati ai livelli massimi registrati nel 2010. Nel caso del frumento e dell'orzo stiamo parlando di prezzi raddoppiati rispetto a gennaio 2010. Ovviamente, anche i "futures" di queste commodities si sono impennati ed anzi, il loro valore è schizzato su in così poco tempo da aver registrato crescite record mai viste da 40 anni a questa parte (!!!).
Se questa è la conseguenza per "Wall Street", per "Main Street" ovvero per la vita di ogni giorno di noi comuni mortali, la consegueza da aspettarsi è una crescita del costo di prodotti derivati da granaglie: pane, farine, prodotti alimentari industriali, birra...
Di riflesso pure della carne visto che gli allevamenti usano granaglie come mangime.
La prima conseguenza l'ha registrata ovviamente Wall Street: le multinazionali alimentari (Nestlè, Unilever, General Mills etc.) hanno subito registrato una flessione in borsa.
Ora scattano le reazioni "sotto la cenere" ovvero, le diatribe politiche con le nazioni che dipendono dagli export russi e l'aggiunta di speculazione sui prezzi degli alimentari. Queste due componenti non saranno mai visibili ai più, ma quello che sarà visibile sarà l'aumento dei prezzi. Già nel 2008 si vedeva una corsa al rialzo dei prezzi degli alimentari con relativa crescita inflattiva e incazzatura di popolo in alcune parti del mondo più povere e vulnerabili dal punto di vista alimentare. Ora si tratta di capire come questo fenomeno influirà sui prezzi di, tra gli altri, pane e pasta. Di certo gli aumenti arriveranno in Europa, poi in Italia e quindi a Morsano.
Ora vediamo quando i giornali nazionali (Corriere, Repubblica etc.) prima e i bollettini locali poi (es. Parrocchiale e Semide) riprenderanno alcune conclusioni di cui sopra. In base al tempo che passa tra un livello di comunicazione e l'altro, capiremo se il problema globale si sente subito a Morsano, se si sentirà tra qualche mese o se ... non si sentirà per niente. In quest'ultimo caso avranno ragione gli "isolazionisti", negli altri casi i "globalisti".
Il dibattito è aperto...
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1 commento:
ma che formazione avete a Morsano? Per essere un blog di paese mi sembra che i livelli di conoscenza siano alti. Bravi!
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