Da alcuni mesi c'e' subbuglio in Libia e mentre i telegiornali, da altro distratti, non si soffermano piu' sulla questione del bombardamento che non e' un bombardamento (
Libia, La Russa:Non dico se abbiamo colpito, seguiamo ordini Nato), i raid vanno avanti e i nostri ragazzi e ragazze in divisa continuano a fare il proprio dovere in silenzio.
Barak Obama, che oggi termina la visita di stato in Gran Bretagna, nel suo discorso al parlamento, ha pubblicamente dichiarato che (lo dice la
BBC) "
There are few nations that stand firmer, speak louder and fight harder to defend democratic values around the world than the United States and the United Kingdom" (essenzialmente: non ci sono nazioni che difendono in maniera chiara e decisa i valori della democrazia nel mondo piu' degli USA e della Gran Bretagna).
Nel suo discorso ha inoltre ammesso che l'Occidente é stato accusato di ipocrisia nel suo fare affari con il Medio Oriente, tuttavia ha ribadito che si devono riconoscere gli interessi nazionali mentre si deve rifiutare la falsa scelta tra i propri interessi e i propri ideali, oppure tra stabilitá e democrazia ("...false choice between our interests and our ideals, between stability and democracy").
Il bar discute e si divide.
Da un lato le colombe massimaliste relativiste che, da quando é scoppiata la guerra civile in Libia, in osteria danno giú per le corna alla Francia. Francia che inizialmente aveva preso l'iniziativa sui raid contro Gheddaffi (seguita subito dagli USA, dalla Gran Bretagna e alcune altre nazioni piccole). Le colombe dicono che l'intervento é stato dettato da interessi di bassa politica (per Sarkozy per riacquistare sostegno in patria a seguito di indici di gradimento in calo) ed economici (scalzare l'Italia come partner preferito nelle transazioni di gas e petrolio libici). Quindi non si deve credere a chi dichiara di intervenire per difendere la democrazia e comunque i nostri interessi nazionali sono ormai compromessi (che vinca Gheddafi o i ribelli, i libici ci guarderanno con sospetto).
Dall'altro lato ci sono i falchi pragmatici che davanti ad uno spritz ti snocciolano una serie di fatti che vanno in favore della tesi opposta: essenzialmente per i nostri interessi nazionali, che vinca Gheddafi o che vincano i ribelli pro-democrazia, non cambia nulla e le cose restano positive come prima.
In effetti da decenni la nostra politica estera la fa l'ENI. (Notasi che c'e' un punto dopo la parola ENI). La Libia ha un lungo rapporto economico con l'Italia e non c'é pericolo che qualcuno si svegli la mattina e venga a sostituirsi all'ENI, questo perché:
- neppure quando Regan bombardó la Libia negli anni Ottanta l'ENI usci dalla Libia
- chiunque vada al potere la prima cosa che fa e' pompare petrolio per far entrare immediatamente
denaro nelle casse nazionali. Ha quindi senso farlo con le compagnie che conoscono i pozzi ed i bacini petroliferi, oltre che conoscere il modo di fare affarri della nazione
- tutti i contratti sono regolati da arbitrati internazionali e se si rompono, i beni libici all'estero sarebbero confiscati. In questa luce, le quote azionarie del fondo sovrano libico in molte aziende italiane sono una bella garanzia che ci teniamo in casa
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I contenuti delle politiche internazionali non
sono mai alla luce del sole |
- per trasferire gas in Italia, c'e' dalla Libia un gasdotto sottomarino (il "greenstream") che e' di proprieta' congiuunta dei libici e dell'ENI. Per il gas che passa di li, la Libia riceve un pagamento in moneta sonante dall'ENI pari a 2 o 3 miliardi di Euro all'anno. Chi sarebbe cosí avventato da rinunciare a quei soldi?
- Per il gas (la nostra principale fonte combustibile per alimentare le centrali elettriche) l'Italia fa affidamento sulla Libia, la Russia e l'Algeria; non esattamente tre nazioni stabili e democratiche. Per forza di cose quindi l'ENI ne capisce di politica estera piú di ogni altro, tirera' di certo le leve giuste per risolvere ogni questione strategica che dovesse sollevarsi (per dirla in diplomatichese). Quindi stiamo in 'na bote de fero.
In essenza il problema é il presente non il futuro: i pozzi vanno protetti fintanto che ci sono scontri armati e incertezza politica. Insomma, che vinca l'uno o vinca l'altro basta che qualcuno vinca (tanto poi l'ENI/l'Italia vincera' comunque).
Lo dice Obama: il dibattito tra stabilitá e democrazia é un falso dibattito. Quello vero, é solo quello morsanese.
...che qui continua