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Laboratorio dell'Imperial |
Questa é una discussione di qualche tempo fa tra i soliti al bar. La riportiamo qui dopo un po' di tempo (forse ora un po' sbiadita).
I professori universitari della zona, in via informale, ci dicono che le lauree triennali sono solo un'estensione delle scuole superiori. Qualcuno si spinge pure a dire che i periti del Malignani di un tempo appena usciti dall'ITI erano ben piú preparati degli ingegneri sfornati dalle universitá oggi. Provate a far dimensionare una cinghia di trasmissione trapezioidale ad uno studente di ingegneria ed ad un perito fresco di scuola ed avrete delle spiacevoli sorprese (pare che i primi si fermino al dimensionamento di cinghie piatte).
Oltre alle lauree triennali insufficienti sul piano della preparazione, lauree che peraltro fanno in pochi visto che quasi tutti poi proseguono, il problema delle
università, é la giungla dei corsi fantasma: 1.469 hanno meno di 15 iscritti.
Va poi aggiunto che le universitá devono tirare la cinghia tanto che, nonostante il campanilismo tra Udine e Trieste, si vedono i primi segni di necessaria collaborazione dettata da esigenze di bilancio(
Ecco perché Udine e Trieste non si fanno più la guerra).
A sentire il bar, quello che fa arrabbiare il cittadino medio é come i pochi fondi vengano spesi. La voce principale percepita come spreco sono le sedi staccate degli atenei. Le sedi staccate sono una voce di costo e spesso capita che i corsi nella sede staccata siano poco frequentati. Eppure i custodi, il personale di servizio, le strutture ecc. le devi pagare. Perché fare sedi fuori dalla cittá che ospita l'universitá? Perché non adottare il modello del campus anglosassone dove tutto, dalle aule, ai dormitori ai campi sportivi, sono attaccati?
Qui entra in campo l'immancabile "
politica". I sindaci ovviamente premono per avere sedi universitarie a casa loro per ragioni di prestigio politico e consenso popolare (gli affitti salgono ed i cittadini sono felici) e le universitá forse non hanno pensato di fare due conti e capire quanto siano dispendiose le sedi staccate.
Poi, le universitá hanno felicemente acconsentito a creare corsi di laurea inutili tanto per riempire le sedi staccate e/o per attrarre fondi, anche quando i corsi esistenti non erano completi per mancanza di organizo o di laboratori, finendo per farsi guerre fratricide tra enti magari della stessa regione. Qualcuno forse un giorno ci spiegherá perché nella nazione che ha giá troppi avvocati servisse creare giurispurdenza anche a Udine quando Trieste e Padova giá servivano le esigenze degli studenti friulani. Poi il corso in Pubbliche Relazioni sempre a Udine, che ha fondamentalmente cannibalizzato parte dell'offerta di Scienze Politiche di Trieste. Che dire di architettura, tradizionalmente forte a Venezia e che a Udine o Trieste poteva anche mancare; tanto a creare precari dell'edilizia bastavano ed avanzavano le facoltá esistenti nel resto d'Italia.
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La biblioteca di Harvard |
S'é poi inserito il discorso bamboccioni. L'universitá dietro casa non incentiva ad andare fuori a vivere da soli e farsi le ossa e le proprie esperienze. Anche mentalmente gli studenti universitari che studiano dietro l'angolo, continuano l'esperienza da liceali. Non c'é rottura con la vita in famiglia, si continua a fare i pendolari e visto che ci si laurea con calma perché l'esistenza é comoda (stira e cucina la mamma) si arriva alla laurea senza aver maturato una vera esperienza di vita indipendente fino a etá ridicole. Esperienza di vita che in molti paesi del mondo é fortemente incoraggiata: all'universitá si va ma lontano da casa. E' un ordine che ti arriva dalla famiglia!
C'è poi il discorso degli studenti fuori corso. Se un anno all'università costa al contribuente circa 10.000 euro e uno studente, non lavorando fa perdere all'economia almeno 30.000 euro, i conti sono presto fatti: ogni anno all'università costa 40.000 euro a studente. Quelli che non si laureano in tempo andrebbero presi a 40.000 calci nel sedere per ogni anno di "fuori corso".
I corsi di laurea inutili poi generano aspettative che non possono essere soddisfatte da un mercato del lavoro che chiede: tecnici, ingegneri, contabili e qualche medico. Punto. Il resto per l'economia del Friuli sono inutili orpelli.
Le
lauree fuffa abbondano ed i corsi di laurea non necessari al mercato del lavoro distraggono fondi da aree dove, forse, sarebbe meglio investire. Ad esempio, pensate che a Udine, nel cuore della
metalmeccanica friulana, la facoltá di ingegneria non ha un'officina con un tornio, una fresa o macchine utensili in genere. Se chiedete perché abbiano pensato di aprire nuovi corsi (giurisprudenza, pubbliche relazioni, enologia etc.) anziché, ad esempio, dotarsi di laboratori/officine per ingegneria, vi diranno che non servono e che all'universitá si formano dei bravi
teorici che impareranno poi la pratica nelle aziende. Bene. Peccato che i migliori studenti friulani vadano a studiare al Politecnico di Torino e Milano dove i torni nelle officine ci sono. Magari aggiungiamo
l'Imperial College of Technology che ha un'officina in pieno centro a Londra (nella lussuosa South Kensington) o il MIT con CNC nel centro di Boston. Che poi l'MIT e Imperial figurino nelle classifiche delle migliori scuole tecniche al mondo (assieme a Torino e Milano) é la solita botta di culo (ben
tornito evidentemente).
Tornando alle sedi staccate, se non si hanno fondi, la prima cosa da far saltare sarebbero le sedi staccate. Un morsanese una volta lo disse al preside di una facoltá qui in regione e questi rispose che é colpa dei sindaci che premono per avere le sedi (scordandosi che le universitá possono semplicemente dire ai sindaci oppressori di andare a fanculo e rifiutarsi di aprire la sede staccata) ma, soprattutto, disse che in Italia ci sono
ben altri problemi che causano sprechi. Un caso di
benaltrismo baronale coi fiocchi!
Insomma, se si parla di universitá, in paese aleggia sempre
un sentimento di fastidio contro gli sprechi (sedi staccate, corsi inutili, strutture e corsi incompleti) e contro gli studenti bamboccioni (fuori corso e pendolari di comodo). E' un fatto: in paese, non c'é simpatia istintiva per le universitá.
...e la polemica continua