domenica 9 novembre 2014

Il caso storico: Antonio Bergamas perchè è elencato nelle lapidi ai caduti sia di Gradisca d'Isonzo che di Trieste?

Una passeggiata nel Parco della Rimembranza a Trieste, a ridosso del castello di San giusto, vi farà notare la lapide ai caduti della città. Tra di essi spicca il nome di Antonio Bergamas, nome noto nella storia d'Italia perchè la madre fu scelta a rappresentare tutte le madri che nella Grande Guerra avevano perso un figlio le cui spoglie non erano mai state ritrovate: la mamma del milite ignoto.

La storia del Milite Ignoto merita un approfondimento cui si rimanda.

Antonio Bergamas è quindi una figura conosciuta agli storici ed è quindi comprensibile che due capoluoghi comunali si contendessero il suo nome sulle loro lapidi dedicate ai caduti della Grande Guerra. In particolare Gradisca d'Isonzo, il comune di nascita e Trieste, il comune dove visse gran parte della sua infanzia.

L'aspetto interessante è la storia nascosta dietro le lapidi dedicate ai soldati di etnia italiana che di fatto disertarono l'arruolamento nelle armate austroungariche per fuggire nel Regno d'Italia ed arruolarsi con il Regio Esercito dei Savoia. Alcuni numeri di trovano qui:
"Quanti furono i Militari di Etnia Italiana arruolati nelle armate asburgiche durante la Grande Guerra?" ed il fatto fondamentale è che dei probabilmente 90.000 soldati di etnia italiana arruolati nelle file austroungariche solo 700 disertarono per combattere per l'Italia. Per inciso, disertare non era facile perchè il rischio di ritorsioni contro le famiglie lasciate nei paesi del Friuli Austriaco non erano da ignorare, come neppure si poteva ignorare il rischio che se catturati si rischiava non la prigionia come gli altri ma la fucilazione per tradimento. Detto questo va notato il diverso trattamento riservato ai mutilati, ivalidi e reduci di guerra: quelli del Friuli Austriaco, quando tornarono a casa, da Trieste ad Aiello, da Gorizia a Tarvisio, non si videro riconosciuto nessun diritto come ex combattente, nessun vitalizio, nessuna pensione; cosa diversa rispetto chi aveva invece varcato il confine per combattere per i "liberatori" italiani. Stessa disparità di trattamento coinvolse i caduti: per gli "austriacanti" nemmeno una pietra mentre per gli "irredentisti" addirittura un'ara come a Gradisca e una bella lapide nel Parco della Rimembranza a Trieste.

Ma andiamo con ordine e parliamo dei monumenti di Gradisca con un brano tratto da "Alpini Oltremanica" in uscita a dicembre 2014.

Ritornare a Gradisca in occasione del Centenario della Grande Guerra permette di riscoprire un aspetto particolare di queste terre di antichi confini: i molti italiani che combatterono nelle fila dell’Esercito Austroungarico.

L'impero d'Austria-Ungheria fu uno Stato multietnico e multiculturale dove si parlavano ufficialmente molteplici lingue: tedesca, magiara, ceca, slovacca, serbo-croata, polacca, rutena, rumena, slovena e italiana, sebbene la lingua militare fosse il tedesco. Questo grande Stato comprendeva anche alcune zone a maggioranza italiana come l'odierna provincia di Gorizia.

Allo scoppio della guerra alcuni sudditi, non riconoscendosi nell'Impero e credendo nell'italianità delle terre che abitavano, scelsero di disertare e di arruolarsi come soldati volontari nel Regio Esercito italiano. Terminata la Grande Guerra queste figure divennero molto popolari e celebrate, specialmente dal regime Fascista, come esempi di patriottismo. Uno tra tutti il tenente Antonio Bergamas, gradiscano e volontario “irredento”, caduto sul Monte Cimone nel 1916 e il cui corpo non fu mai identificato dopo la sepoltura in loco ma che simbolicamente si trova all'Altare della Patria a Roma. Nel 1921, infatti la madre di Antonio, Maria Bergamas, fu eletta a rappresentante di tutte le madri dei soldati dispersi in guerra, per scegliere il feretro del Milite Ignoto che dal Cimitero degli Eroi di Aquileia fu poi deposto all'interno del Vittoriano. Ovviamente non fu un caso che fosse scelta la madre di un volontario irredento. Per lungo tempo si è pensato che questi volontari fossero molto numerosi in modo da giustificare anche a posteriori l'italianità di queste terre ma studi successivi hanno smentito questa convinzione. Di fatti, la stragrande maggioranza dei ragazzi di etnia italiana nati nelle terre “irredente”, indossò la divisa asburgica finendo poi a combattere lontano dai confini con l’Italia, in Galizia e sui Carpazi dove l’Austria-Ungeria fronteggiava i Russi.

Queste contraddizioni sono ben conosciute a Gradisca, dove, nei giardini della fortezza è possibile accedere ad uno spiazzo all'ombra degli alberi secolari e soffermarsi di fronte a due monumenti che ripercorrono questo fenomeno e fanno capire quanto sia stata complicata la Grande Guerra in Friuli Venezia Giulia: l'Ara dedicata ai caduti gradiscani per l'Italia e la Colonna ai Caduti gradiscani per l'Austria-Ungheria.

Su un lato della grande Ara, che domina la scena, si possono leggere i nomi di cinque caduti tra cui appunto il celebre Antonio Bergamas, sul lato opposto il bollettino della Vittoria di Armando Diaz. Al suo fianco, il Comune di Gradisca nel 2001 ha posto una colonna di quattro lati per ricordare i ben 90 gradiscani, sudditi asburgici di nazionalità italiana, caduti combattendo con l'esercito Imperiale tra il 1914 ed il 1918. I dettagli sui caduti sono anche stati raccolti in una pubblicazione a cura di Dario Mattiussi, “Cittadini di Gradisca, soldati dell’Impero. Albo dei caduti gradiscani in uniforme asburgica nella Grande Guerra” - Centro Isontino di Ricerca e Documentazione Storica e Sociale "Leopoldo Gasparini", 2007.

La rivista “L’Alpino” di marzo 2014 (16 rubli per “La nostra fede”) ha dedicato un approfondimento a quelle decine di migliaia di uomini che fino alla fine indossarosono la “divisa sbagliata” sottolineando come circa 700 invece scelsero di scappare in Italia e vestire la divisa grigioverde rischiando l’esecuzione sommaria per tradimento se catturati dagli Austriaci (come accadde all’Alpino Cesare Battisti). La considerazione che il giornale fa è che la storia di questi soldati è lacunosa e probabilmente è stata sabotata nel primo dopoguerra. Basti considerare che in molti comuni dei territori ex-asburgici, la memoria dei “loro” soldati asburgici è stata completamente cancellata o ignorata dalle varie amministrazioni civili tanto che i monumenti a loro ricordo, come quelli di Gradisca, sono rarissimi. Questo nonostante sia un fatto storicamente evidente che la maggioranza degli abitanti del Friuli austriaco e della Venezia Giulia richiamati alle armi confluì nelle file dell’esercito austro-ungarico e fecero il proprio dovere fino alla fine (in totale da queste terre ben 30.000 soldati di cui circa 3.000 caduti). Tuttavia militarono nell’esercito degli sconfitti e come si sa, la storia poi la scrivono i vincitori, ma per fortuna, in posti come Gradisca d’isonzo, si riesce a comprendere il passato senza falsa retorica e nel rispetto delle vicende umane di tutti, senza prevaricazioni.

In molti ora auspicano che a Trieste, oltre al ricordo ripetuto ad Antonio Bergamas, ci possa essere un monumento ai caduti della Grande Guerra che militarono nelle fila dell'Esercito Austroungarico al pari di quanto fatto a Gradisca.  

Colonna ai Caduti gradiscani per l'Austria-Ungheria

Colonna ai Caduti gradiscani per l'Austria-Ungheria

Ara dei Caduti della Grande Guerra a Gradisca. Include solo coloro che disertarono in favore del Regio Esercito del Regno d'Italia anziché essere arruolati nell'Esercito Imperiale Austroungarico come avrebbero dovuto fare da un punto di vista legale essendo Gradisca sotto l'Austria nel 1914 quando l'Austria entrò in guerra contro la Serbia. Tra i nomi c'è Antonio Bergamas che era, appunto, nato a Gradisca.  

L'Ara di Gradisca che ricorda 5 caduti per l'Italia nella Grande Guerra

Medaglia celebrativa dell’Imperial Regio Reggimento di Fanteria Nr. 97 formato da soldati di diversa nazionalità, provenienti dalle Province meridionali dell’Impero, in particolare  dal Friuli Austriaco, da Trieste e dall’Istria, ossia dal Küstenland (Litorale).

La lapide nel parco della Rimembranza a Trieste ricorda i caduti della Grande Guerra che anziché combattere
inquadrati nell'Esercito Austroiungarico decisero di disertare in favore del Regno d'Italia. Sono qualche centinaio rispetto alle migliaia di triestini che caddero con la divisa imperiale.  

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