martedì 30 settembre 2014

Numeri utili: Stipendio netto di un Chirugo di 43 anni (2014)

L'informazione é stata ripresa dall'articolo: "Io medico chiedo lo stesso rispetto che si riserva ai commessi del Parlamento" dal giornale online LINKIESTA

Sono un medico ospedaliero di 43 anni, chirurgo vascolare. Per uno stipendio di circa 2700 euro netti mensili, trascorro le mie giornate cercando di eseguire interventi chirurgici al meglio delle mie possibilità e conoscenze, risolvere problemi clinici di varia rilevanza e, qualche volta, salvare la vita a pazienti giunti in ospedale in condizioni disperate. 


lunedì 29 settembre 2014

Combattere il bullismo: la testimonianza di chi ce l'ha fatta

Combattere il bullismo si puó. Questo il messaggio che arriva a tutti gli italiani da un giovane di Codroipo, dal nome di fantasia di Max Felicitas.

Il dramma del bullismo é raccolto dal Messaggero Veneto che scrive "Quel sogno coltivato da quando era un ragazzino esile preso di mira dagli sfottò dei bulletti di paese. Nessuno ci credeva allora. [...] «Non sei adatto [...]. Sei troppo magro e timido», continuano a ripetergli. Decide allora di mettersi in gioco fino in fondo. «Sceglievano sempre altre persone e allora ho capito che per farcela, visto che nessuno voleva darmi una mano"
Parole forti. Ora tutto il paese spera che anche a Morsano di Strada ci sia qualcuno che abbia la forza di superare il dramma del bullismo ed essere di esempio per tutti i giovani paesani.

Questione Immigrati: l'operazione Mare Nostrum - Estate 2014



A Morsano si discute sulla frase "ce la faremo a svuotare un continente".

sabato 27 settembre 2014

Sbarchi di Immigrati: in Gran Bretagna girano mail cosí...

 Hello and welcome to a brand new edition of

'ASYLUM'.

Today's program features another chance to take part in our exciting competition...

HIJACK AN AIRLINER
and win
A COUNCIL HOUSE

We've already given away hundreds of millions of pounds and thousands of dream homes, courtesy of our sponsor:

The British Taxpayer

And don't forget, we're now the fastest growing game on the planet.

Anyone can play, provided they don't already hold a valid British Passport, and you only need one word of English...

'ASYLUM'

Prizes include all-expenses-paid accommodation, cash benefits starting at £180 a week and a chance to earn thousands more begging, mugging, burgling and accosting drivers at traffic lights.
This competition is open to everyone buying a ticket or stowing away on one of our partner airlines, ferry companies or Eurostar.

No application ever refused - reasonable or unreasonable. All you have to do is destroy all your papers and remember the magic password...

'ASYLUM'

A few years ago, 140 members of a Taliban family from Afghanistan were flown Goat Class from Kabul to our international gateway at Stansted where local law enforcement officers were on hand to fast-track them to their luxury
£200-a-night rooms in the fabulous four star Hilton Hotel. They joined tens of thousands of other lucky winners already staying in hotels all over Britain .......
Our most popular destinations also include the White Cliffs of Dover and the world famous Toddington Services area, in historic Bedfordshire.
If you still don't understand the rules, don't forget there's no need to phone a friend or ask the audience

Just apply for legal aid

Hundreds of lawyers, social workers and counsellors are waiting to help - FREE

It won't cost you a penny
It could change your life forever
So play today


Iraqi terrorists, Afghan dissidents, Albanian gangsters, pro-Pinochet activists, anti-Pinochet activists, Kosovan drug-smugglers, Tamil Tigers, bogus Bosnians, Rwandan mass murderers, Somali guerrillas...the list is endless EVERYONE IS WELCOME - INCLUDING ALL YOUR OWN WIVES AND CHILDREN

COME ON DOWN


Get along to the airport. Get along to the lorry park.Get along to the ferry terminal. Don't stop in Germany or France .All European countries will willingly speed you on your way

Come straight to Britain
And you are:

**** GUARANTEED ****

to be one of tens of thousands of lucky winners in the easiest game on earth

Everyone's a winner when they play

'ASYLUM' 

Golf, Hotel, Resort...

Sará cosí anche a Morsano?

Si tratta di di "Le Robinie" golf Club un bellissimo golf club con hotel e centro conferenze vicino a Milano. Il campo é stato disegnato dal mitico Jack Nicklaus


venerdì 26 settembre 2014

Idee Morsaniche: Se l'amministratore pubblico mette in palio un premio per il miglior "Business Plan" per la zona

Succede nel mondo che un parlamentare metta un premio monetario di tasca sua per quei cittadini che presenteranno un piano di sviluppo dettagliato per una zona qualora quel piano venga poi preso in considerazione.  


Un vero e proprio concorso con un premio (e il sostegno anche di diverse aziende private con basi nella zona). Accade veramente come si evince dal manifestino qui sopra. 

La presentazione dei piani selezionati avviene poi di fronte ad una giuria di esperti seguendo la modalità del popolare show televisivo della BBC "Dragon's Den". 


mercoledì 24 settembre 2014

Sondaggio> E' giusto dare meno soldi a chi è ora in pensione, altrimenti i giovani resteranno senza?


La spoesa per le pensioni su PIL in italia [ la pi# alta dei paesi OCSE toccando un considerevole 16% del PIL.

Questo dato va associato al fatto che le stime sulla crescita dell’Italia sono pessime: quest’anno il Pil calerà dello 0,1%, e nel 2015 dovrebbe salire di un patetico 1,1 per cento e la disoccupazione resterà sopra il 10% almeno fino al 2017.

Appare evidente quindi, che se tagli vanno fatti per contenere la spesa pubblica (ammesso che non si voglia rimpinguarla con più tasse), il Fondo Monetario Internazionale (e qualsiasi osservatore, dica se vuoi tagliare la spesa tagli dove è più grande... le pensioni esagerate)

E' giusto dare meno soldi a chi è ora in pensione, altrimenti i giovani resteranno senza? A questa domanda la reazione epidermica del lettore medio è quella di pensare alla nonnina con 800 euro al mese e dire "NO". E' un atteggiamento mentali tipico che ricorda i francesi quando parlano di PAC ovvero dei finanziamenti europei all'agricoltura e si immaginano tutti piccoli contanini allo stremo mentre si sa che in Francia, come altrove, l'80% dei sussidi europei per l'agricoltura vanno alle grandi proprietà agricole. Insomma, se si guardano i dati, la percezione comune è errata.

Quello sul quale si dovrebbe riflettere è sul fatto che NESSUNO dei pensionati italiani sa quanto ha versato nella sua vita lavorativa e QUINDI NESSUNO sa se quello che ha versato basta per coprire la pensione (finora generalmente pari al 90% dell'ultimo stipendio!!!) fintanto che vivrà. E visto che si vive più a lungo, il rischio facilmente intuibile è che chi ha iniziato a lavorare a 16 anni ed è andato LEGALMENTE in pensione a 56 anni, vivrà fino a 86 anni avendo quindi lavorato 40 anni e godendo di pensione per 30 anni (o girando la reversibilità al coniuge). Ha versato abbastanza?

Sorvolando sulle aberrazioni degli alti funzionari statali promossi un mese prima di andare in pensione per aver diritto a pensioni oltraggiose, è chiaro che c'è un'intera generazione (i sessanta-settantenni-ottantenni) che non ha interesse a sapere quanto ha versato nella sua vita lavorativa (ovviamente rivalutato al valore attuale dell'Euro) perchè tanto, le pensioni gliele paga chi ora lavora e poi, son DIRITTI ACQUISITI.

Del tema si tornerà a parlare più avanti, resta che anche a Morsano la platea si divide tra chi ritiene che le pensioni non vadano toccate e chi invece ritiene che il futuro sono i giovani su cui si stanno riversando solo costi e nessun beneficio di un sistema che premia i pensionati che ignorano quanto hanno versato.

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Vedi

martedì 23 settembre 2014

Morsano diventerà insicura come Caracas?

Con in testa recenti fatti di cronaca nera in paese, riprendiamo il post di Forchielli sul suo profilo Facebook:

Quando l'Italia diventa il Venezuela

Ieri sera alla 20:40 4 ladri sono entrati a casa mia, spaccando e rubando diversi oggetti. L'allarme è suonato sul mio cell, io sono tornato in 10 minuti armato, i carabinieri sono arrivati subito dopo, seguiti dalla scientifica che si è trattenuta fino a tardi, gentilissimi e bravi. Le telecamere interne ed esterne a circuito chiuso hanno ripreso tutto. Cose che capitano, ma solo in Italia ed in certi paesi del Sud America.

Nel mio caso,... c'è l'aggravante che: 1) Casa mia è da diversi anni segnalata come obiettivo sensibile alle forze dell'ordine e tutti in zona lo sanno; 2) Ieri sera era il primo sabato che passavo a Imola dal marzo scorso, strane casualità. 

Ho sempre temuto che il deteriorarsi della situazione italiana aggravata dall'emergenza immigrazione ci porterà ad un'emergenza criminalità. Chi vive in case isolate come il sottoscritto dovrà abbandonarla o rassegnarsi a vivere in un fortino circondato da guardie armate come era il Sud America quando ci vivevo negli anni 80. Da stanotte ho capito che siamo già in zona, o cambio casa o vivo da recluso. Il pensiero che più mi assilla non è il furto in sè, quanto toccare con mano che un'epoca di serenità e benessere è definitivamente tramontata.




venerdì 19 settembre 2014

Numeri utili: Rischio del Debito Sovrano (2014)

Spritz Grade: I voti dei ragazzi a scuola sono troppo alti?


La discussione di questa mattina in pasticceria è scattata dopo che l'Economist ha osservato come i voti delle più prestigiose università Americane (quella della "lega dell'edera", la "Ivy League") si siano mediamente alzati negli anni.

Da un lato è vero che gli studenti hanno più stimoli però è anche vero che è nell'interesse commerciale di un istituto avere studenti contenti e attrarne quindi di più. E si sa che un bel voto fa la felicità di chi paga le rette.

Il punto, che si faceva di fronte ad un pasticcino ed alla grappa corretta col caffè, riguarda le scuole frequentate dai morsanesi. A occhio, la media dei voti alle scuole superiori negli Anni 50 era più bassa e allo stesso tempo i tassi di bocciatura erano decisamente più alti (come parametro si usi, ad esempio, il Malignani). Con gli anni si è poi arrivati alla situazione odierna in cui si boccia poco e i racconti dei giovani studenti sono molto positivi per quanto riguarda le medie dei voti. 

Di fatti, le persone di mezz'età si sorprendono a sentire i racconti di voti quali 8 e 9 che fioccano ai licei quando anche 20 anni fa i 7 erano un evento epocale.

Così la platea morsanica del bancone s'è divisa tra:

- chi ritiene che l'alimentazione più ricca, la tecnologia informatica pervasiva, le telecomunicazioni onnipresenti, la diversificata informazione televisiva, i genitori più scolarizzati di certo abbiano aiutato la crescita media dei voti a scuola;

- e chi ritiene che se c'è crescita nella capacità degli studenti allora la scuola dovrebbe essere selettiva e comunque limitare i voti alti per veramente i migliori. Di fatto la qualità dei laureati e pure dei diplomati si percepisce come diminuita negli anni nonostante i voti alti. Il che non è un indice di miglioramento della società ed anzi indica un deterioramento nella capacità formativa della scuola. I voti alti son quindi funzionali ad evitare querele da parte di genitori ansiogeni ed ad attrarre sempre più le rette degli studenti (tasse universitarie).

...e dando un 9 e mezzo di voto al caffè ed un 10 al tema odierno, il dibattito continua



giovedì 18 settembre 2014

GUFON: Le raccomandazioni del Fondo Monetario Internazionale a Morsano e all'Italia (settembre 2014)

In molti, incluso il premier Renzi, accusano il CAFON di sottolineare di continuo il baratro sul quale continua ad affacciarsi Morsano e la nazione che gli sta attorno. Di fatti alcuni chiamano questo pool di economisti da bancone morsanesi "GUFON".

E vabbeh!

Sarà che forse qui si leggono le cose di prima mano? Boh.

Nel dubbio leggetevi da voi le raccomandazioni del FMI all'Italia: 2014 ARTICLE IV CONSULTATION—STAFF REPORT; PRESS RELEASE; AND STATEMENT BY THE EXECUTIVE DIRECTOR FOR ITALY

Come sempre, se c'è qualcosa che non capite, fateci sapere che lo spieghiamo con le immagini.

Ottimismo (realismo?) morsanico: siamo sull'orlo di un baratro ma stiamo facendo passi avanti


mercoledì 17 settembre 2014

Numeri Utili: Nazioni d'Immigrazione (2014)


La cartina indica il numero assoluto di abitanti nati in un'altra nazione. Non è un calcolo percentuale (numero di nati all'estero su residenti totali) ma un indicatore di numeri assoluti.


martedì 16 settembre 2014

Il panorama vitivinicolo del Friuli Venezia Giulia


Un bel video

Banche Italiane che potrebbero fallire gli "Stress Test" (2014)

I morsanesi son sempre attenti alle banche e per questo si leggono con attenzione i dati di questa tabella che raccoglie un dato fondamentale per le banche: il rapporto tra sofferenze (gente che non paga) e le riserve. NPL (non performing loans) sono le sofferenze. Guardate nella tabella le sofferenze (Total NPLs) e le riserve (Reserves) e quindi il rapporto tra riserve e sofferenze (Reserves to NPL ratio) e traete le vostre conclusioni.


Goldman Sachs prevede che le banche italiane che falliranno gli "stress test" includono:  Monte dei Paschi, Banca Popolare di Milano ScarlBanco Popolare Società Cooperativa. Secondo SNL, considerando un rapporto minimo tra riserve e sofferenze del 40%, con dati di fine 2013, la lista dei fallimenti degli "stress test" dovrebbe includere: Banca Popolare di Vicenza SCpA, Credito Valtellinese SC, Unione di Banche Italiane SCpA e Veneto Banca SCpA

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Maggiori approfondimenti qui:

lunedì 15 settembre 2014

La consolidata tendenza al declino dell’Occidente

“La crisi finanziaria iniziata nell’estate del 2007 dovrebbe (…) essere intesa come un fattore di accelerazione in una già ben consolidata tendenza di relativo declino dell’Occidente. Si è sfiorata una vera e propria Grande Depressione. I motivi per cui ci si è limitati a una Modesta Depressione sono tre.
Primo, l’enorme incremento nei prestiti bancari della Cina, che hanno mitigato gli effetti della contrazione nelle esportazioni in Occidente.
Secondo, la massiccia espansione della base monetaria statunitense decretata dal presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke.
Terzo, gli immensi deficit fiscali di quasi tutti i paesi sviluppati, con in testa gli Stati Uniti, il cui deficit ha superato il 9 per cento il PIL per due anni consecutivi.
Queste politiche – l’esatto contrario di quelle adottate all’inizio degli anni Trenta del Novecento – hanno salvato dal baratro l’economia mondiale a partire dal giugno 2009. Ma ora il mondo sviluppato si trova in quella fase di dopo sbornia che segue necessariamente a ogni forma di eccessiva stimolazione. (…)
E’ importante ricordare che quasi tutti i casi di collasso di una civiltà si accompagnano a crisi fiscali e a guerre. (…) Pensate alla Spagna del XVI secolo: già nel 1543 quasi due terzi delle entrate ordinarie erano destinati al pagamento degli interessi sugli juros, i prestiti con cui la monarchia asburgica si finanziava. Nel 1559 tali interessi superavano il valore delle entrate ordinarie, e la situazione non era particolarmente migliorata nel 1584, quando l’84 per cento delle entrate ordinarie servì a pagare gli interessi sugli juros. Nel 1598 si era tornati al 100 per cento. Oppure pensate alla Francia del XVIII secolo: fra il 1751 e il 1788, alla vigilia della Rivoluzione, i pagamenti degli interessi e le spese di ammortamento salirono da poco più di un quarto delle entrate fiscale al 62 per cento. C’è poi il caso della Turchia ottomana nel XIX secolo: il servizio del debito pubblico passò dal 17 per cento delle entrate nel 1868 al 32 per cento nel 1871 e al 50 per cento nel 1877, due anni dopo l’ingente default che spalancò le porte alla disintegrazione dell’Impero ottomano nei Balcani. Infine, consideriamo il caso della Gran Bretagna nel XX secolo: alla metà degli anni venti l’onere del debito assorbiva il 44 per cento delle spese complessive del governo, superando costantemente le spese per la difesa fino al 1937, quando si avviò un serio progetto di riarmo. Ma si osservi che i veri problemi per la Gran Bretagna si aprirono dopo il 1945, quando una considerevole parte del suo immenso debito era in mani straniere. Dei 21 miliardi di sterline cui ammontava il debito nazionale al termine della guerra, circa 3,4 miliardi dovevano essere rimessi a creditori stranieri: una cifra equivalente a quasi un terzo del PIL.”

Niall Ferguson, Occidente, pag. 349-350.


domenica 14 settembre 2014

Quanti furono i Militari di Etnia Italiana arruolati nelle armate asburgiche durante la Grande Guerra?

Qunati furono i giovani etnicamente Italiani tra i trentini, i friulani orientali, i tarvisiani, i goriziani, i bisiacchi, i triestini, istriani e dalmati arruolati nelle Armate Asburgiche allo scoppio della Grande Guerra il 28 luglio 1914?


Pare che 700 (settecento) irredentisti avessero disertato e fossero scappati verso il Regno d'Italia, tra questi Cesare Battisti, Fabio Filzi, Nazario Sauro e Antonio Bergamas, però non si parla mai di quanti, nati sotto l'Austria-Ungheria, furono arruolati con le armate asburgiche e nella stragrande maggioranza dei casi, spediti sul fronte orientale in Galizia (nell'attuale Romania) a combattere i Russi dello Zar.

Il Regno d'Italia nell'immediato dopoguerra negò ogni pensione di guerra ed assegni agli ex combattenti "austriaci" di etnia italiana oltre che imprigionandoli al rientro dai campi di prigionia Russi (rientro avvenuto attraverso l'America e quindi una lunga traversata dall'Atlantico). Il Fascismo ci mise del suo cancellando la memoria di questi "nemici" il più possibile. A Gradisca, ad esempio, c'è una grande Ara che ricorda 5 soldati Gradiscani caduti della Grande Guerra con la divisa Italiana tra i quali Antonio Bergamas e solo nel 2001 l'amministrazione comunale ha eretto una colonna che ricorda i ben 90 (novanta!) paesani caduti con la divisa asburgica. 90 contro 5 eppure nessuno li aveva ricordati!

La morale della favola è che le cifre sono ancora fonte di discussione tra gli storici e incredibilmente, nell'anno di grazia 2014, non esiste una cifra ufficiale.

La tabella qui sopra vuole essere una richiesta di aiuto a chi ne sa qualcosa in merito.

Trieste, agosto 1914: partenza del 97° reggimento dalla stazione meridionale [G. Fait (a cura di), Sui campi di Galizia (1914-1917). Gli Italiani d'Austria e il fronte orientale: uomini popoli culture nella guerra europea, Materiali di lavoro – Museo Storico Italiano della Guerra, Rovereto 1997, p. 286]

giovedì 11 settembre 2014

Corsi di Programmazione per Bambini: a scuola (in Inghilterra) ora partono

Ve lo ricordate il nostro post di lunedì 28 aprile 2014 "Idee Morsaniche: Corsi di programmazione per bambini e ragazzi"? E quello di mercoledì 4 giugno 2014 "Corsi di programmazione per bambini e ragazzi prendono piede"?

In entrambi si sosteneva l'utilità dei corsi di programmazione per bambini anche dalla prima elementare vista l'importanza dei fondamenti di logica che stanno dietro ai comandi eseguiti da un programma. I nativi digitali sapranno usare un tablet, uno smartphone, un laptop e ogni altro aggeggio dal nome inglese, senza tante scuole tuttavia, quello che potrebbero non sapere mai, è la logica fondamentale che sta dietro i comandi che vengono impartiti quando si clicca o si fa scorrere le dita su uno schermo.

Mentre noi stiamo a pensare quale sia il miglior modo per stabilizzare i precari della scuola e mentre al contempo l'OCSE ci spiega come l'Italia abbia troppi insegnanti e che questo evidentemente non valga a tirar su i punteggi degli studenti nelle classifiche internazionali, dall'estero arrivano queste notizie riportate da Repubblica del 9 settembre 2014:


  • Già in prima elementare a tutti bambini verrà spiegato cos'è un algoritmo. Non servirà usare un computer in questa fase. L'algoritmo verrà raccontato come una ricetta, un manuale di istruzioni per fare qualcosa. 

  • Nei due cicli successivi (7-11 anni e 11-14 anni) ovviamente la cosa si farà molto più tecnica ma le lezioni includeranno anche la sicurezza in Rete e come tutelarsi sui social network. 
  • Lo scopo, hanno detto i promotori, non è trasformare tutti in sviluppatori di app, ma piuttosto aiutare tutti a sviluppare la propria creatività usando la logica.
  • Anche i privati si sono mossi ovviamente. Google e Microsoft hanno finanziato con donazioni appositi programmi di formazione.
  • Per il governo questa è un'opportunità. Significa trasformare i giovanissimi negli insegnanti di mamma e papà. E quindi ridurre così l'analfabetismo digitale degli adulti. Si parte quindi. Nel Regno Unito però.
In Italia la consultazione indetta dal governo ha l'ashtag #labuonascuola

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Vedi anche:

martedì 9 settembre 2014

Spritz Overstaffing: La scuola ha 1 milione di dipendenti: sono troppi o no?

Di questi giorni la buona notizia per 150.000 (centocinquantamila...) precari della scuola che il premier Renzi ha disposto siano assunti (vedi "La buona scuola di Matteo Renzi, 150 mila assunzioni e basta precari")

Su 3.6 milioni di dipendenti pubblici la scuola ne conta già 1.2 milion (vedi "Numeri Utili: Dipendenti Pubblici in Italia"). Son tanti e son un serbatoio di voti che nessuno vuole scontentare, in particolar modo qualche partito specifico che da lì trae linfa vitale.

In Gran Bretagna, nelle scuole elementari pubbliche c'è 1 insegnante per 30 bambini. Punto. Giusto o sbagliato che sia, così è. In Italia ce ne sono almeno 4 per classi di massimo 25 bambini.

Ora l'OCSE se ne esce con uno studio sell'istruzione italiana e con conclusioni che suonano così: "Ocse: la scuola italiana, troppi insegnanti e poca matematica".

Il numero di insegnanti in Italia resta ancora sopra la media dei Paesi Ocse. E questo nonostante le riduzioni degli ultimi anni, che hanno riportato la spesa media per studente vicina alla media sia europea che Ocse. Oggi, ci sono 12 studenti per ogni insegnante alle elementari e alle medie. Negli altri Paesi la media è di 15 ragazzi/e per ogni docente. 

Così il dibattito s'è divioso tra...
- chi ritiene che ci son troppi insegnanti e non s'è capito perchè molti decidano di fare i precari della scuola anziché fare altro
- e chi ritiene che il maggior numero di insegnanti sta dando dei notevoli frutti riducendo sacche di disoccupazione al sud e aumentando le prestazioni dei ragazzi del nord (che hanno migliori voti su base regionale nelle classifiche PISA dell'OCSE).

...e con la nota disoccupazione nascosta, la discussione continua

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Principali dati sull'Italia in Education at a Glance 2014




Spritz Gym: una nuova palestra o utilizzare quelle già esistenti nei comuni vicini?

Dicono che il commissario per i tagli della spesa pubblica - che per non dire "tagli alla spesa pubblica" si dice "spending review" - Cottarelli abbia raccomandato l'accorpamento dei comuni sotto i 5.000 abitanti. Il dossier non è stato reso pubblico dal governo Renzie. La verità fa male e soprattutto non fa audience.

Così recentemente all'udire che qualcuno vorrebbe costruire una palestra nuova di pacca in un comune di meno di 5.000 abitanti, l'audience morsanica s'è subito fatta delle domande. Strutturine e strutturette fatte in ogni buco di culo (questa la definizione tecnica usata in urbanistica per i comuni sotto una certa soglia, soglia che non menzioniamo per non perdere audience) tipo sedine di protenzioncine civili, stadietti di calcino con spaltini, depositini per mezzi comunali, zonine industriali-artigianali e lilipuzzate varie, ne esistono a gogo perchè la logica è che "fin che vengono stanziati i fondi da enti superiori illuminati tocca spenderli". Anche se i poltronati degli enti superiori non son illuminati ma son solo in cerca di consenso elettorale spicciolo.

Così il bancone si è diviso tra...

- chi ritiene che una nuova palestra beneficerebbe la comunità locale perchè è bello avere una struttura dietro l'angolo
- e chi ritiene che i costi dei mutui pubblici non si percepiscono (bez di ducj son bez di nisun) e quindi prima di solo azzardarsi a venir fuori con idee del genere si dovrebbe avere i dettagli per filo e per segno dell'utilizzazione delle palestre esistenti a Porpetto e Bicinicco (tanto per citarne alcune) e se sono sotto-utilizzate, programmare dei sistemi perchè siano utilizzate anche da persone di fuori paese. Se per andare a far le compere la gente va nei centri commerciali usando l'auto, potrebbe benissimo andare nelle palestre a 3/4 km fuori porta guidando. Comunque un servizio bus per i ragazzi costerebbe molto meno del mutuo per una palestrina piccina piccina attaccata al buco del culo di chi vota con il medesimo.

...e con i soliti toni pacati la discussione continua

Cuffie d'Oro: chi è il giornalista radiofonico preferito dai Morsanesi?

Il "Cuffie d'oro Radio Awards" è una manifestazione ideata da Charlie Gnocchi e Fabio Carini, giunta alla sua quarta edizione, che premia i migliori programmi, emittenti e personaggi della radio italiana. 

Il premio nazionale sarà consegnato il 20 settembre 2014 al cinema Politeama di Trieste. Leggi anche: COS'È CUFFIE D'ORO 2014

Per tre di queste cuffie i voti si raccoglieranno direttamente sul sito della manifestazione cuffiedoro.it. Le categorie sono: My Best Radio (emittenti), My Best Show (programmi), My Best Celebrity (personaggi).

Il quarto premio, invece, sarà votato da voi sul nostro sito dal 1 al 15 Settembre. È il PANORAMA RADIO JOURNALIST AWARD, ovvero il premio al miglior giornalista radiofonico. Cominciate a prendere nota dei candidati che sono:

- RICCARDO CUCCHI (Radio1)

- GIUSEPPE CRUCIANI (Radio24)

- ENRICO MENTANA (Rds)

- ANDREA PAMPARANA (Rtl)

- GIANLUIGI PARAGONE (105)

- IVAN ZAZZARONI (Radio Dj)

I morsanesi che ascoltano i programmi italiani via podcast anche quando sono all'estero, hanno già votato. Ora tocca agli altri. 

lunedì 8 settembre 2014

Dieci cose che i Morsanesi non sanno sulle Piccole-Medie Imprese

Ne parla un articolo de Linkiesta a cui si rimanda: "Dieci cose che forse non sapete sulle Pmi italiane"
Per partire si deve sapere che la crisi ha portato via 120 miliardi e 405mila posti di lavoro sono andati in fumo.
La Sda Bocconi, attraverso il suo Osservatorio sulla competitività delle Pmi, dà modo di vederle più da vicino. Una rilevazione sui bilanci dal 2007 a oggi di 56mila Pmi, con fatturato tra 5 e 50 milioni di euro, per la prima volta ha permesso di sfatare qualche mito e venire a conoscenza di verità non scontate. Dall’inizio della crisi sono andati in fumo centoventi miliardi di euro di fatturato, sono stati persi 405.317 posti di lavoro e sono scomparse 8.841 piccole e medie imprese (sempre tra i 5 d i 50 milioni di fatturato). In altri termini ha chiuso i battenti il 16% di imprese fondamentali per il Paese perché, pur costituendo solo il 6,1% delle imprese italiane, producono il 39% del Pil e occupano 2.291.000 persone.
Qui i trend da conoscere:

  1. Quelle rimaste vanno meglio delle grandi aziende 
  2. Gli oneri finanziari pesano sempre meno 
  3. Gli azionisti hanno messo mano ai portafogli 
  4. Le imprese padronali vanno meglio 
  5. L’agroalimentare vince su tutti gli altri 
  6. Crescono i fatturati, non la redditività 
  7. Una su cinquanta ce la fa 
  8. Lombardia, il campione smarrito 
  9. Start-up non è bello 
  10. Ci sono 7.500 Pmi da non lasciare sole


venerdì 5 settembre 2014

CAFON: I miti della staticità dell'1% della popolazione più ricca

Quante volte si sente dire che l'1% della popolazione più ricca non cambia mai e i ricchi son sempre gli stessi?

Ebbene, almeno per quanto riguarda l'America un autorevole studio dell'altrettanto autorevole università si St. Louis, distrugge questo mito. Lo studio viene ripreso dall'articolo "From Rags to Riches to Rags" dove si sottolinea che la composizione di quel 1% cambia moltissimo negli anni.

Tuttavia, la cosa più importante è che la maggioranza degli americani dovrà sperimentare sia l'agiatezza che periodi di forte magra con ben il 54% della popolazione che nell'està compresa tra i 25 e i 60 dovrà sperimentare la povertà o la quasi povertà almeno una volta. Questo ha senso in una società dove perdere il lavoro significa perdere molti benefici sociali (es. assicurazione sanitaria).

Resta che diventare ricco negli USA è ancora una prerogativa del sogno americano e che tutti possono ambire ad essere l'1% più fortunato. Almeno per un periodo della loro vita.

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Lo studio è di Mark R. Rank professore di social welfare alla Washington University “Chasing the American Dream: Understanding What Shapes Our Fortunes
 





Numeri Utili: Classifica delle regioni sulla conoscenza dell'economia nelle scuole (2012)

Friuli venezia Giulia e Veneto sono le regioni (a parimerito) migliori in Italia nella classifica delle scuole per quanto riguarda la conoscenza dell'economia. Fa specie vedere i ragazzini cinesi così avanti.  


giovedì 4 settembre 2014

Spritz Guards: Piroette fuori ordinanza

Il dibattito di questa mattina tra gli ex alpini e gli ex che han fatto il servizio militare negli anni che furono è se il "divertisement" della guardia della regina a Buckingham Palace sia stato effettivamente divertente o meno. Il dibattito ha diviso le acque tra... - chi ritiene che si vive una volta sola e si può prenderla alla leggera e quindi va bene così, - e chi ritiene che la tradizione e serietà di un ruolo richiedano sanzioni quando si trasgredisce. ...and the debate continues in the pub

mercoledì 3 settembre 2014

Numeri Utili: Indebitramento dello Stato centrale vs Indebitamento delle Autonomie Locali (2014)

I dati li ha forniti l'Istituto di riceca CGIA di Mestre e in forma dettagliata possono essere scaricati qui: Tabelle

La morale della favola è che: Al netto dei titoli pubblici, che emette per coprire il fabbisogno della Pubblica amministrazione, lo Stato centrale presenta un livello di indebitamento più che triplo rispetto a quello delle Amministrazioni locali (Regioni, Province e Comuni). Al netto di interessi e pensioni, però, le Amministrazioni locali gestiscono oltre il 57 per cento della spesa pubblica

Senza il “costo” dei titoli di Stato, fa sapere l’Ufficio studi della CGIA, al 30 giugno 2014 il debito dell’Amministrazione centrale ammontava a 257,8 miliardi di euro, mentre quello delle Regioni e degli Enti locali era circa un terzo: precisamente pari a 81,6 miliardi di euro. Il debito in capo agli Enti previdenziali, invece, era di soli 184 milioni di euro.



lunedì 1 settembre 2014

Intervista Morsanica: un Economista Innominato ci parla di Italia

Abbiamo chiesto a un economista che dall'estero si occupa di Italia un'opinione sul Bel Paese. Buona lettura!

What's your evaluation of the Italian reforms from Mario Monti, via Letta to Renzi? Only superficial or are you seeing any positive results?
My evaluation of the reforms witnessed from Mario Monti, via Letta to Renzi is lukewarm, with Italy making insufficient progress after the adoption of the euro to shift from its competitive devaluation model to a model based on productivity gains and on higher value added production and services.

Although we acknowledge that recent reforms are encouraging first step, Italy remains a work in progress. The previous technocratic government under Monti passed legislation to inject greater competition into several professional and service sectors. The reform bill abolished the use of minimum professional tariffs for all sectors, with the notable exception of the legal profession. The bill also increases the number of pharmacy licenses nationwide. This was a first step to dismantling the excessive regulation in sheltered service sectors, and will bring about some incremental benefits. This was accompanied by a moderate labour market reform bill, which removed some of the dismissal restrictions currently specified in Article 18, which require firms with more than 15 employees to reinstate workers who have been wrongly dismissed, with full payment of lost salary. The reform proposals do not plan to scrap Article 18 but amend its scope by allowing firms to dismiss workers for business reasons on payment of compensation. In cases of wrongful dismissal for misconduct, it will be left up to a judge to decide if the worker should be reinstated or just receive compensation.

Nevertheless, the government still needs to dismantle ongoing and long-standing structural impediments to ensure a better productivity and growth performance, namely a segmented and rigid labour market, a still excessively regulated business climate, high levels of inefficient public spending funded by one of the largest tax wedges in the Eurozone, and a pronounced north-south divide. The biggest challenge remains to reverse Italy's woeful growth and productivity performance since the adoption of the euro. The economy has been unable to rely on competitive devaluations to elevate growth, as was the norm prior to joining the single currency. Italy recorded average growth of just 0.5% per annum from 1999 to 2012, compared with 1.4% from 1990 to 1998 and 2.7% from 1982 to 1989. The main drags on growth have been the country's dismal productivity performance and declining competitiveness during the last decade, with domestic producers struggling to protect market share both domestically and abroad.

The dysfunctional labour market continues to prevail

Apart from Monti’s bill, Letta’s government pushed through a decree to provide financial incentives for businesses to hire young workers up to a maximum payment of EUR650 per employee. However access to the scheme is highly restrictive. Only workers aged 18 to 29 years old are eligible to participate. The "Youth Guarantee" initiative applies for 18 months for new hires provided that employees have been without regular employment for six months previously. In addition, the funding provision is only available for a 12-month period where fixed-term contracts are transformed into permanent contracts.

The Italian (and even the Spanish) government has to tread very carefully when formulating future labour reforms. The conflicting challenges facing the government is to balance the need to create jobs very quickly alongside securing a more stable and better functioning labour market in the medium term. The key issue remains the usefulness of temporary contracts in an economic downturn and its implications for the dual labour market. The previous government adopted a labour market reform in 2012, which made short-term contracts more costly for employers by raising the tax and welfare contributions they have to pay by 1.4 percentage points. Firms will be reimbursed the extra tax if the temporary contract is made permanent. However, temporary contracts can be an important tool to encourage firms to create jobs during the final stages of a downturn or in the beginning of a recovery when there remains uncertainty about whether the upturn will be sustainable and significant. This is particularly true in countries like Italy and Spain where employment protection legislation is lopsided, favouring workers on permanent contracts, making it difficult and costly firms to shed unproductive workers on indefinite contracts when they are faced with difficult trading conditions. Interestingly, the OECD is urging Italy to repeal parts of the labour market reform adopted in 2012, arguing that the government should consider "easing entry regulations by making it more convenient to hire on a temporary basis and with greater flexibility." They accept this encourages the dual labour market, but the grim situation is crying out for initiates to protect and then boost the demand for labour.

The dual labour market is not a sustainable model, given that it can trigger sharp swings in the demand for labour (and the unemployment rate) that we have witnessed during the various stages of the economic cycle, particularly the downturns. Firms are better able to jettison workers on short-term contracts when times are tough, rather than attempt to engineer a downward adjustment in wages which could impossible if the firm is locked into a collective wage bargaining agreement.

We have argued that the dual labour market has been encouraged by past reforms. Italy has adopted asymmetric reforms to increase labour-market flexibility, which entailed adopting less restrictive regulations on temporary contracts alongside strong employment protection for permanent workers. Consequently, firms have shown a very strong bias towards recruiting workers on temporary contracts, especially with first-time contracts, which tend to be less productive. With recent labour-market reforms failing to address more effectively the high cost and the legal obstacles of dismissing workers on permanent contracts, firms remain reluctant to hire workers permanently because they struggle to dismiss non-productive workers. Clearly, encouraging firms to offer more short-term contracts has to be accompanied by a more a flexible and decentralised wage bargaining structure, allowing firms to target wages rather workers on temporary contracts during difficult times. This remains the roadblock, with the wage-bargaining framework in Italy still too centralised, which prevents wages adapting to specific productivity and demand conditions at the firm level. About 60% of Italian workers are covered by collective wage bargaining agreements (IMF, 2009), which is high when compared to the rest of the EU. Furthermore, the current wage formation system is even more punishing for small enterprises, with the nationally negotiated wages having greater weight than those negotiated at the firm level.

Are the labour market pressures still intact?
Italy continues to endure substantially lower employment ratio when compared to most of the countries in the European Union (EU), particularly among women, older workers, and the young. . This is accompanied by painfully high youth unemployment, with 30% of 18- to 24-year olds currently unemployed.
     Italy's unemployment insurance system is too wide-ranging and also has "dual characteristics". Unemployment benefits are initially high, with a net replacement ratio of 60% before dropping to zero after eight months (12 months for workers aged over 50). In addition, tough eligibility rules restrict the number of individuals who qualify for unemployment benefits. On the other hand, the wage supplementation fund scheme (cassa inegrazione) is substantially more generous, both in terms of level and duration. The scheme makes up the pay of permanent employees affected by temporary layoffs (who are not considered unemployed) or under shorter working hours for a maximum of two years. However, it is limited to workers on certain contracts, with the participating firms mostly large and located in the north.
● Despite some part liberalization, the wage-bargaining framework in Italy is too centralised, which prevents wages adapting to specific productivity and demand conditions at the firm level. About 60% of Italian workers are covered by collective wage bargaining agreements (IMF, 2009), which is high when compared to the rest of the EU. Furthermore, the current wage formation system is even more punishing for small enterprises, with the nationally negotiated wages having greater weight than those negotiated at the firm level. Indeed, despite awkward labour market conditions, earnings growth has remained stable above 1.0%, with the nominal hourly wages in the industry sector increasing by more 2.0% y/y (reflecting the higher incidence of centralized wage agreements). This contrasts starkly with the Spanish experience, which is undergoing significant nominal wage growth compression after several deep-rooted labour market reform bills to untangle its wage bargaining system.
● Italy has a relatively high tax and social security wedge on labour income
Do you see a lack of structural fiscal reform
Italy has also failed to put into place structural fiscal reform to drag back its mounting public debt, which stood at just below 133.0% of GDP in 2013. Italy is home to one of the largest black labor market and highest tax evasion – areas from where it is possible to gather vast resources to fund the public finances. In addition, there are various chapters of public expenditures which can be cut, including the transfers to local administrations, the health system, the public sector employment. On top of that, a quicker reduction of public debt is feasible also through sales of assets, both state owned and local governments owned. In the long-term, several opportunities may be exploited, ranging from an increase in the women labor participation rates to wider legalization of immigrants, both items sustaining tax and pension receipts. On the other side, in order to boost growth, consumption may be financed by both a reduction in currently high saving rates and by broader use of credit. Additional measures are well known and politically agreed upon, such as further liberalization of protected service sectors, a further reduction in tax burden on labor, increased labor market flexibility, increased R&D and innovation spending.

The implementation of such policies requires strong leadership and also acceptance by the Italian population – both appear to be weak under the current political system. Clearly, impending electoral reform needs to deliver more stable governance to trigger a more aggressive structural reform agenda.

Do you see other roadblocks to higher potential growth?
The high fragmentation of the Italian enterprise system, excess of regulation in several markets and the lack of competition in several key services sectors. This includes the banking sector as well as others, which are able to transfer their low productivity on their selling prices, that way representing a burden for the whole economy. One other crucial aspect of the Italian economy which weighs heavily on its competitiveness is the regional disparities between the Center-North on one side and the South on the other side. In more general terms, it can be argued that following the adoption of the Euro, Italy has not made insufficient

So what's to be expected as far as the future path of reform?
Again, the focus will have to return to a still too segregated and inflexible labour market, where progress has been limited, especially when compared to the Spanish experience. This is not surprising given the lack of a stable political platform in Italy compared to Spain where recent governments have enjoyed secure majorities (or relatively water-tight coalitions). Indeed, wage-setting behaviour and employment volumes have been fair sticker in Italy when compared to Spain, with Italian unit labour costs climbing steadily from 2010.

The labor market remains the main battleground, with the economy needing far-reaching labor reforms to reverse Italy's poor productivity performance. First, the wage-bargaining framework in Italy is still too centralized, which prevents wages adapting to specific productivity and demand conditions at the firm level. A decentralized wage formation system in Italy would provide wider scope to alter working conditions, break the link with projected inflation, and allow the greater use of performance-related pay. Second, the labor laws are wide-ranging and inflexible, with the process of dismissing workers a laborious and costly one for employers. Despite recent reforms, the high cost of dismissing workers and the legal obstacles prevail, and stem the offer of new permanent employees. More importantly, it makes it difficult to lay off non-productive workers on permanent contracts, resulting in a bias towards less-productive employment.

Our baseline assumes that electoral reform has to be in place before Italian governments can make more significant strides to reverse the woeful productivity and competitiveness performance witnessed since Italy adopted the euro. This is a challenge in itself, with the Italian political system weighed down by fragmented political alliances shaping up governments.

Assuming the introduction of far-reaching structural reforms in Italy and short-term adjustment pains, real GDP growth could stabilize in the 1.2–1.5% range in the outer years of the forecast period. Currently, we estimate long-term growth at around 1.0%, which assumes a less aggressive reform agenda, while the economy is weighed down by poor demographics. Clearly, an underlying improvement in competiveness in the upbeat scenario would help Italy to better exploit any growth in the trade-weighted index of world demand for Italian products beyond the short term, and provide more ammunition to protect its under pressure export market shares in the face of the anticipated steady appreciation of the euro and intense competition from low-cost producers. In addition, further labor market reforms would be required to encourage higher labor-force participation in order to offset the projected decline in working population, and help to lift the employment ratio.

However, we continue to have doubts, and our lack of confidence in Italy's economic prospects stems from continued rigidities in the country's labour and product markets. Indeed, the credit rating agency S&P argues that that wage formation in Italy continues to be decoupled from underlying productivity trends, weighing down on the country's competitiveness, with Eurostat estimating that nominal unit labour costs have risen more in Italy than any other country in the Eurozone. Apart from unhelpful unit labour cost developments, Italy's poor competitiveness is also being stoked by higher than average non-wage domestic costs, including energy prices standing above the Eurozone averages, as well as excessive administrative costs. Consequently, S&P estimates that Italy's share of the global goods and services market has fallen by one-third since the adoption of the euro. Conversely, a major obstacle to advancing the reform process in Italy is the lack of urgency to act with Italian 10-year bond yields falling back notably in the wake of ECB launching its conditional bond-buying program in September 2012. We doubt that Italy lacks the disciple to deepen its structural reform agenda unless it faces another period of sustained pressure from the bond markets (with 10-year bond yields rising above 7.0% alongside rising short-term borrowing costs).

Interestingly, the European Commission advocated several specific growth-boosting measures in a recent appraisal of Italy , and we agree
· The government needs to tackle labour market efficiencies by implementation of measures to reduce job protection and streamline the rules for collective dismissals.
· The EC argues that Italy needs to transform the educational and teaching architecture of Italian schools and universities, while adopting greater innovation and digitalisation. 
· The Commission proposes the full implementation of the "Brunetta reform" which seeks to modernise the public administration sector by targeting improved labour productivity and efficiency while injecting greater transparency within the sector to fight corruption.
· A key focus of the reform drive is to lower business costs by slashing bureaucracy and speeding up the judicial system when dealing with contract enforcement disputes.
· Italy has to inject greater competition in the network industries, such as electricity and natural gas supply, by removing entry barriers. The Commission notes that Italian electricity costs are above the European average, and "remain a drain on industry and telecoms, post, water and transport also remain sheltered from competition."
· Italy has to overhaul its regulated professions in the service sector, particularly dismantling the right of professional associations to act as a barrier to entry.

We hear talks of "internal devaluation" but with such an unfavourable (for the worker) fiscal wedge, is there any hope for Italian workers to become competitive again?
Some of the analysis is in the section above. However, I think Italian workers will resist robustly any attempt by the government to implement a more flexible wage bargaining system that would allow firms to set their wage levels to reflect their local demand conditions. Not surprisingly, this would trigger considerable nominal wage growth compression (like the Spanish experience), with firms opting out of centralized wage bargaining agreements to ratchet down labour costs to regain loss competiveness. One approach to lessen workers’ opposition to future wage formation reform is shrink the tax wedge. Not surprisingly, the government has implemented broad-based income tax cuts from May 2014, with Prime Minister Matteo Renzi fulfilling a past promise to cut the tax wedge. This is a major issue in Italy, with the OECD estimating that the average worker in Italy endures a relatively high tax burden on labour income (tax wedge) of 47.6% in 2012 compared with the OECD average of 35.6%.

Spritz European: l'Unione Europea sta funzionado o no?

In bar si approfitta della pioggia e della mancata estate per discutere di Europa Unita ed in particolare di Mercato Comune. In generale il "mood" è quello di scoraggiamento rispetto al sogno europeo dei padri fondatori Konrad Adenauer, Joseph Bech, Alcide De Gasperi, Jean Monnet, Robert Schuman, Paul-Henri Spaak e Altiero Spinelli.

A Morsano si osserva come per avere una crescita sostenibile dell'economia europea nei prossimi cinque anni si dovrà fare conto della capacità produttiva solo tra le 9.00 e le 17.00 togliendo le lunghe pause pranzo (tra mezzogiorno e le 14.00), santificate in nazioni come Francia, Italia e Spagna e naturalmente escludendo i weekend.

I confini di stato sono spariti ma ogni popolazione si culla sulla propia "eccezionalità" e differenza rispetto a tutti gli altri. Basta attraversare un confine e scoprire che dall'altra parte, nella nazione confinanante, in pochi parleranno la lingua dell'altra nazione (ad es. in Spagna oltre i Pirenei nessuno ammette di parlare francese, o in Friuli lo sloveno o il tedesco sono conosciuti da pochi nonostante la prossimità). Spesso pure i cartelli stradali di una nazione non indicano il nome dei paesi limitrofi dall'altra parte del confine.

Tocca ammetterlo: dopo mezzo secolo di esistenza, l'UE resta un mix di nazioni frammentate e gli interessi locali continuano a farla da sovrani rispetto all'interesse comune. I burocrati di Bruxelles possono sognare maggiore integrazione ma lo stato dell'arte ci consegna un club di stati che collaborano solo quando fa a comodo ai loro interessi nazionali. L'assenza di un'effettiva integrazione la si vede ovunque: ci son voluti anni per le autorità del volo nazionali per accettare il concetto di un un "unico spazio aereo Europeo" e in 18 stati, le autorità continuano a prendersi la diretta responsabilità dello spazio aereo nazionale, fregandosene dei vantaggi di una condivisione europea.

Allo stesso tempo Austria e Polonia continuano a rifiutarsi di applicare la Direttiva sull'Energia degli Edifici.

La Commissione Europea ha avuto un'infinità di incontri con il governo finlandese per persuaderlo ad applicare la Direttiva sulle Pari Opportunità (passata in europa ben 14 anni fa...) e ovviamente il governo del paese nordico continua ad ignorare le richieste di adeguamento.

A luglio 2014 la Commissione Europea ha preso ben 419 risoluzioni in relazione alle infrazioni degli stati aggiungendo pure 14 richieste specifiche alla Corte Europea di Giustizia. Questo è davvero troppo per poter dire che la Comunità Europea stia funzionando come dovrebbe e che ci sia un'efficace integrazione. Come detto, i governi dei 28 paesi son sempre pronti a impuntarsi quando ci sono dei problemini che riguardano solo le istanze di brevissimo termine delle pance degli elettorati nazionali.

Mentre qui ci si arrovella sul dove e come trovare argomenti per non integrarsi ulteriormente o su come armonizzare le regole, la Cina (l'economia che più sta crescendo nel mondo) che è un'economia integrata, sta godendo nel vedere l'Europa divisa, super regolamentata e con persistenti barriere linguistiche, sta assumento sempre più una posizione dominante sulla scena economica mondiale. Entro il 2019 diventerà l'economia mondiale più importante in termini dimensionali e le imprese cinesi cresceranno fino a formare nuove multinazionali che detteranno legge anche sul fronte europeo.

Di certo, la strenua resistenza contro l'inglese come "lingua franca" dell'Europa e la frammentazione su tutto il resto, non giocano a favore della causa Europa. Il mondo sta per conoscere un grande cambiamento nell'orientamento della politica, della cultura e nell'economia mentre i governi, pure piccolissimi, dell'Europa, si rifiutano di riconoscere questo cambiamento del Grande Schema delle Cose e le popolazioni europee continuano nelle battagliette provinciali...

Così il dibattito s'è diviso tra...
  • Chi ritiene che il sogno europeo non funziona perchè i governi individuali dell'Unione Europea non sono determinati a far funzionare l'integrazione e le popolazioni si sono arroccate su visioni partigiane e campanilistiche. Pertanto i rivali economici dell'Unione Europea non hanno bisogno di "divide et impera" perchè gli stati europei son già fermamente divisi
  • e chi ritiene che l'Europa è grande e potente abbastanza da fregarsene e continuare l'andazzo tanto la Cina si sgonfierà
...e il dibattito europeo continua

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