mercoledì 30 novembre 2011

Il paradosso linguistico di Internet: il boom dello scrivere in FRIULANO (ma solo se hai cultura)

Toni Schiaforiacco scrive:
 mandi
 al capisie el furlan Massimo?
Meni Lusevera scrive:
 pensi di si
 se no mi disara'
 le di udin...
Toni Schiaforiacco scrive:
 peró prove pense internet al à dat un grant svilup ale scriture par furlan
 pensi che i nestris paris no vedin mai scrit nuie par furlan
Meni Lusevera scrive:
 pero' pensi che dime int cun tune istruzion superior a scrif par furlan
 se tu provis a scrivi par furlan cun Guglielmo o Michele ti rispuindin par talian
 come tai SMS...  l'e' un parados!

Questa la conversazione via "MSN Live Messenger" carpita dai nostri potenti mezzi d'intercettazione tra due morsanesi.

La curiositá é che i messaggini avanti e indietro sono scritti in friulano. O meglio, in un friulano colloquiale, senza accenti e con un'ortografia "ad capocchiam" come direbbero i linguisti o "alla cazzo di cane" come diremmo in bar.

La straordinarietà di questo scambio di messaggi sta in diversi aspetti: 
  • Il primo é che tra due persone che si parlano in friulano é ovvio che venga piú naturale continuare le conversazioni scritte nella stessa lingua.

  • La seconda, é la constatazione che le generazioni precedenti (Meni e Toni hanno sui trent'anni) verosimilmente non hanno mai scritto a qualcuno in friulano mentre con le nuove tecnologie (dall'email alla chat passando dagli SMS e Twitter) i digitali nativi ed i loro fratelli maggiori per la prima volta nella storia dell'umanitá dai tempi di Ermes di Colloredo, possono comunicare in friulano scritto.

  • Infine, il sospetto che qui si nasconda un paradosso sociale. Mentre le classi popolari tradizionalmente parlavano friulano e aspiravano a comunicare in italiano o veneto udinese (o palmarino o cervignanese) per darsi un tono, ora tendono a parlare italiano mentre sono le classi intellettuali o chiunque abbia un minimo di cultura, a rivalutare il friulano. In questo contesto non é inusuale notare come anche chi il friulano lo parla in osteria e in paese nella sua cerchia di amici, quando deve scrivere in chat o SMS, tende a scrivere in italiano. Altresí, i "colti" tendono invece ad usare comunemente l'italiano o il friulano nelle comunicazioni verbali ma non disdegnano di scrivere in friulano quando le moderne tecnologie lo permettono. Anzi, ne fanno un punto d'onore. 
Prove a tradugi par talian che robe chí...
Poi, se uno é un cultore della materia friulana scriverá come diu al comande, altrimenti andrá a spanne. 

A questo punto non resta alla Filologica che promuovere un concorso per i migliori... Tweets par Furlan.


martedì 29 novembre 2011

Te la do io l'economia!

Ah peró! Non ce n'eravamo accorti ma con il post di mercoledì 16 novembre 2011 "E' una W: Sta per arrivare la recessione nel 2012 (di nuovo)" abbiamo anticipato di ben 12 giorni la pubblicazione dei dati dell'OCSE che predicono la recessione italiana del prossimo anno.

I dati OCSE sono stati resi pubblici solo ieri 28 novembre (Ocse: nel 2012 Italia in recessione, Pil -0,5% Fmi: nessuna trattativa per piano aiuti)

I nostri servizi secreti, che ricevono dati econometrici ogni giorno sulle loro scrivanie, non ci avevano informato che quei dati erano delle primizie. In realtá i nostri numeri provengono da altra fonte e non dall'OCSE ma la sostanza é la stessa.

Bene. Lettore informato, lettore ritornato.

Andate e predicate il nostro verbo, moltiplicatevi e tornate numerosi.

Te lo do io il divario di genere

Ne parla oggi il blog dedicato alle donne del Corriere della Sera "La 27ma ora" sul tema della paritá uomo-donna che inizia in famiglia e non sul lavoro (Se il divario di genere comincia in famiglia).

Ovviamente Dibattito Morsanese ne aveva parlato ben un anno fa, il 23 Novembre 2010, nel post "Spritz Debate: Se le donne in Italia non fanno carriera e’ colpa dei loro mariti?" ed aveva concluso con lo spunto di riflessione...


Che i veri nemici delle pari opportunità siano i mariti e non i colleghi di lavoro?

Come sempre, se nell'informazione vuoi fare un passo avanti titanico, seguir tu devi il dibattito morsanico



lunedì 28 novembre 2011

Societá: come cambia il concetto di Eroe



Archetipo dell'Eroe


Eroe medievale: Guglielmo Tell

1861: Eroe dei due Mondi

1921: il Milite Ignoto, eroe d'Italia
1941: Ermes Strizzolo Eroe morsanese, contribuí
a salvare i compagni in arme andando a richiedere
rinforzi pur ferito gravemente

Un eroe industriale: Enrico Mattei. Una vita per l'indipendenza
e lo sviluppo dell'Italia, del Medio Oriente e dell'Africa

Un Eroe Borghese
Dell'Utri: "Vittorio Mangano fu a suo modo un eroe" 
Anni Novanta: Eroi 
Nichi Vendola: Giuliani l'eroe ragazzino

Un eroe contemporaneo


domenica 27 novembre 2011

What's Up Morsan? Profligacy

Gli stati del Nord Europa e la Germania da sempre accusano (a ragione) gli stati del Sud Europa di essere indisciplinati nei loro conti pubblici e di continuare a sperperare le risorse pubbliche e alimentare senza senno la spesa pubblica caricando cosí il debito pubblico. Debito pubblico che continua a crescere anche in anni di interessi bassi grazie all'Euro. Con interessi bassi si sarebbe dovuto fare quello che la Germania ha fatto: riforme delle pensioni e tagli alla spesa pubblica sfruttando i vantaggi dettati dai bassi interessi conseguenti all'ingresso nell'Euro.

Invece, proprio perche' gli interessi erano inusualmente bassi, i paesi del Sud Europa in particolare, ne hanno approfittato non per tagliare ma per spendere di piu' perché tanto rifinanziarsi costava olto meno del solito.

Il risultato netto é un debito pubblico oltre il 100% del PIL e l'incapacita' di rifinanziarlo con il pericolo di avvitamento cui stiamo assistendo in questi giorni.

Nel mondo anglosassone, questa dissennata attitudine verso la spesa pubblica e sperpero di denaro pubblico, si definisce con la parola "profligacy" (si legge profiglasi) che viene definita come "dissolutezza senza vergogna" (shameless dissolutenes) o colpevole estravaganza (reckless extravagance).

Non c'e' (forse) una singola parola per tradurre il concetto in italiano ma in economia internazionale si conosce (e come che si conosce). 

sabato 26 novembre 2011

La dualitá italiana si vede anche dai giornali

Il bar discute ma prima legge: Gazzetta dello Sport per commentare la vittoria dell'Udinese di ieri sera contro la Roma (2-0), Messaggero Veneto per la pagina dei morti. Poi arriva il Marco Ranzani paesano che sfighetta con il tablet sul quale scorre la pagina di approfondimento giornaliera per dare il "la" alla discussione da aperitivo.

Rocco Buttiglione ebbe a dire che negli italiani convive lo spirito libertino e lo spirito cattolico. Un po' come dire che lo Yin e lo Yang del simbolo del Movimento responsabilità nazionale, il partito di Scilipoti convive in tutti i connazionali. Naturalmente questa dualitá traspare anche da quello che il tablet oggi faceva vedere in bar alla voce corriere.it


Da un lato la notiziola sulla solita consigliera regionale della Lombardia cui si risparmia ogni commento perché i nostri legali ci hanno suggerito di sorvolare sennó ci becchiamo una querela e dall'altra parte delle storie di donne coraggiose, moderne eroine italiane che meritano attenzione e rispetto. 

A cominciare dalla storia della "preside coraggio" che sta cercando di riportare la vita ad una scuola di frontiera. Se ancora non l'avete fatto, andate a vedere la vicenda incredibile della scuola di Caivano (La «preside coraggio» vince la prima battaglia). 

Chapeau. 

venerdì 25 novembre 2011

Numeri Utili: Dipendenti Pubblici in Italia (2010)

In Italia, numero più, numero meno, ci sono circa 3.6 milioni di dipendenti pubblici (vedi Numeri Utili: Numero di Statali nei Paesi Europei (su Popolazione Totale) e Numeri utili: Dipendenti Pubblici su Totale Occupazione nei paesi OCSE (2010)).

In termini assoluti, la maggior parte è alle dipendenza del ministero dell'Istruzione: ci sono oltre 800 mila insegnanti e professori di vario grado oltre al personale non docente, tanto che la cifra totale raggiunge 1.2 milioni. A seguire c'è la sanità con oltre 860 tra medici e infermieri e le Forze di Polizia con circa 400 mila addetti. Le Forze Armate si attestano attorno alle 190 mila unità. Poi ci sono tutti gli altri, dai dipendenti ministeriali ai regionali, provinciali, comunali e via dicendo.



giovedì 24 novembre 2011

Riflessioni: dei Premi Internazionali all'Industria della Difesa

In osteria, quando non si parla di calcio-figa-politica, si parla di sistemi NDB/ADF, di RQ-1 Predator, di MALS, di HUD, di MBT Ariete o anche di Fregate classe FREMM.

Un po' perchè l'uomo è guerriero, un po' perchè l'azienda nazionale più grande in assoluto è Finmeccanica (oltre 70.000 dipendenti di cui 43.000 in Italia), non puoi non parlare di quelli che in gergo si chiamano "sistemi di difesa" (vedi anche Spritz Debate: Della Difesa… dell’Orchestra di Udine).

Così pullulano le storie di quell'artigiano locale che "per entrate a intonacare nello stabilimento della XYZ, mi hanno fatto completare tutta una serie di documenti nell'ufficio XXZ per verificare e documentare chi io fossi per questioni di sicurezza nazionale". O di quell'industriale che "anche se l'azienda che si occupa di difesa è mia, nella sede estera non ho pieno accesso negli stabilimenti perchè per entrare in certi reparti devi avere la "security clearance" che richiede che tu sia cittadino di quello stato". Senza contare che "per produrre questo semilavorato destinato in medio-oriente, il committente, nota azienda della difesa-che-non-posso-nominare, mi ha fatto firmare, controfirmare e giurare col sangue che non parlerò del progetto con nessuno". Senza contare gli aneddoti di quell'amico sottufficiale che per anni è stato in servizio in medio-oriente addestrando l'esercito locale all'uso dei nostri carri armati per conto di una nota impresa nazionale. Oppure del nonno dell'amico ben connesso, che ha venduto direttamente al governo saudita aerei negli anni Cinquanta.

Insomma, l'argomento tiene banco e lo Spritz debate di solito è tra chi difende l'egregia opera delle imprese della difesa sia nel promuovere l'eccellenza tecnica nazionale che nel dare lavoro a tantissimi tecnici qualificati e chi invece condanna l'industria della morte che alimenta le dittature nei paesi poveri e distribuisce distruzione e dolore alla povera gente. Essendo questa diatriba tra le due posizioni troppo ovvia e monotona, ci sorvoliamo su.

Quello che ci interessa è l'imbarazzo messo in luce oggi dalla vicenda del premio attribuito a Londra al presidente di Finmeccanica, grossomodo in contemporanea alle vicende giudiziarie che lo coinvolgono in Italia (Guarguaglini: premiato a Londra, indagato in Italia). Imbarazzo?

Da che mondo è mondo, la Gran Bretagna è una nazione di pragmatici business men e guerrieri che vincono le guerre che decidono di fare. Poi la si può mettere giù meglio ma la sostanza è quella. Ci sono altre nazioni di guerrieri quaquaraquà che le guerre le perdono o credono di pareggiarle o in generale non si capisce perchè ci entrino se non sono capaci di vincerle. Ma anche questa è un'altra questione (monotona pure questa).

Il perchè l'imbarazzo non ci sia nel caso del premio a Finmeccanica ce lo spiega una simpatica vicenda che risale a pochi anni fa, il 2005. Per inciso, fino a pochi anni prima, pagare tangenti per vincere contratti di forniture militari all'estero non era un reato nell'ordinamento britannico. Tanto che le tangenti erano classificate come una sorta di spese accessorie e pure detassate.

Nel 2005, l'azienda nazionale di sistemi di difesa, la BAE Systems finì sotto inchiesta per uno scandalo "Al-Yamamah" ossia tangenti (e escort) legate alla fornitura di aerei all'Arabia Saudita. La fornitura era di 43 miliardi di sterline (circa 50 miliardi di Euro): la tangente che reclamava il contatto saudita, l'allora ambasciatore saudita a Londra il principe Bandar, era di 1 miliardo di sterline. Proprio così, BAE avrebbe pagato l'equivalente di 1.5 miliardi di euro di tangente ad un'unica persona (che probabilmente l'avrebbe distribuita a chi serviva). 
Alla fine l'inchiesta finì in una bolla di sapone perchè l'allora primo ministro, Tony Blair, impose il segreto di stato sulla vicenda (anche perchè i sauditi minacciavano di cancellare il contratto) e arrivederci e grazie (The Guardian: Blair: Blame me for BAE e The New York Times: BAE Settles Corruption Charges). Le rogne per BAE non sono però finite neppure ai giorni nostri (BBC: BAE Systems faces bribery charges).

Forse è l'Italia che dovrebbe premiare BAE, per ricambiare l'imbarazzo (detassato).

mercoledì 23 novembre 2011

Il Friuli e la sua Bandiera: Mandateci la Vostra Foto

Primo esempio di simbolo del Friuli
(un grifone giallo su fondo azzurro)
tratto dallo stemma del Patriarca
di Aquileia Bertrando di San Genesio,
da metà 1300
Visto il successo del post di ieri (La bandiera del Friuli: Amato Simbolo Universale di Popolo e di Patria), proponiamo ai nostri lettori di mandarci le loro foto delle bandiere del Friuli o del simbolo di Friuli.

Quando l'aquila patriarcale è esposta da qualche parte e merita di essere fotografata, spediteci l'immagine con una breve didascalia e la pubblicheremo sul blog.

Buon proseguimento.




Mappa del Friuli storico di cui l'aquila patriarcale è il simbolo
La versione odierna del simbolo del Friuli: un rapace con le fattezze di un'aquila

martedì 22 novembre 2011

La bandiera del Friuli: Amato Simbolo Universale di Popolo e di Patria

Questo blog ha già raccontato diverse cose sulla bandiera del Friuli.

Siamo partiti con l'incognita del non sapere da dove venisse il simbolo del Friuli (Misteri Storici: la bandiera del Friuli (già del Patriarcato di Aquileia) con perfino il Corriere della Sera prendere un abbaglio e indicare la data sbagliata per la nascita del simbolo del popolo friulano. 



Con "Misteri Storici (Risolti): il Simbolo e la Bandiera del Friuli Storico" abbiamo capito che non si tratta di un'aquila bensì di un grifone, rapace che nel Medioevo popolava i cieli del medio-alto Friuli. Questione poi approfondita ulteriormente con "Angolo di Storia: Ulteriori sviluppi sulla storia della bandiera del Friuli (Patriarcato di Aquileia)".

In conclusione, il simbolo, colloquialmente conosciuta anche come "aquila patriarcale" altro non è che una rivisitazione dell'originale simbolo che si trova su un lembo del mantello del Patriarca Bertrando (Beato Bertrand de Saint Geniès) che fu Patriarca dal 4 luglio 1334 al 6 giugno 1350 e che riposa dentro una teca nel duomo di Udine.

Da metà '300 dunque, il rapace giallo su fondo azzurro è il simbolo del Friuli (l'evoluzione delle immagini è illustrata qui).

Ora, sarebbe interessante che qualche antropologo spiegasse il significato intrinseco della bandiera dei friulani. Già, perchè, non è un simbolo imposto e che nessuno sente suo, anzi: tutti i friulani si sentono rappresentati da questa bandiera.

Un po' come gli americani si sentono tutti rappresentati dalla bandiera a stelle e strisce che appendono fuori casa con orgoglio, che espongono nelle scuole e che onorano in ogni occasione pubblica e privata.

Questo perchè la bandiera del Friuli...

E' bipartisan: la si trova nelle manifestazioni politiche della Lega a Pontida e alle manifestazioni sindacali accanto alle bandiere rosse della CIGL.

E' polivalente: convive benissimo sia con il tricolore che con di chi aspira all'indipendenza.

E' Personale: Ognuno può vederla come il simbolo di qualcosa che gli è caro: la casa a Nordest, l'emigrante che pensa a le so tiare, il mio mondo quand'ero bambino, il mio mondo quando sarò grande.

E' signorile e concreta: ha origini nobili ma nella storia s'è guadagnata il rispetto della gente

E' autorevole: convive benissimo con le fasce tricolori dei sindaci quando la voce della gente deve farsi ascoltare

E' rassicurante: è il vessillo di gente concreta che va subito al sodo e della quale puoi fidarti

E' unica: all'adunata degli Alpini, straordinario trionfo dello spirito di corpo di un'Arma dell'Esercito Italiano, è l'unica bandiera di origine regionale che sventola ai lati del corteo e convive senza problemi con i tricolori

E' modesta: quando il presidente Napolitano la vede sventolare a Udine durante la sua visita ufficiale e chiede che bandiera sia, non si offende, anzi, qualcuno gliene regala una.

Insomma, una bandiera di Popolo e Patria, sentita col cuore.



Signorile sul Castello d'Arcano

Egalitaria alle manifestazioni sindacali (cortesia di Udine20)


Alpini friulani all'Adunata di Bergamo

Autorevole accanto alla
protesta dei sindaci
Marittima: a Grado
Tifosa: Friulani al Seguito... Fuarce Udines!


Autonomista a Pontida

Tradizionalista 

Rispettata dai vicini d'oltre Timau

Goliardica

Nobile tra le aquile al castello di Villalta

lunedì 21 novembre 2011

Numeri Utili: il peso dello Stato nell'Economia Italiana (2011)

Un solo grande datore di lavoro piena occupazione
come ai vecchi tempi 
In Italia ben il 52% del Reddito Nazionale è nelle mani dello Stato.


Ci sono oltre 7.000 società pubbliche a livello locale


Esistono 4.800 holding statali di cui 4/5 sono in perdita


Le privatizzazioni sono state fatte negli anni Novanta però... Finmeccanica (la più grande impresa italiana) è pubblica, le aziende energetiche sono in mano a quote di controllo dello Stato (eg. ENEL, ENI), sul listino in borsa il più delle aziende è a controllo pubblico o a partecipazione pubblica escluse le banche. Infatti, tra il 1993 ed il 2001 non sempre al collocamento sul mercato di quote di capitale di società pubbliche ha corrisposto una cessione del controllo ai privati: in molti casi si è trattato della cessione di quote minoritarie.


E' costume per gli ex sindaci o amministratori locali nonchè per i politici trombati alle elezioni, (Montezemolo, taglierei su Cda rifugio di politici 'trombati'essere messi a capo di aziende municipalizzate o a partecipazione pubblica o finire a fare i commissari straordinari di enti a partecipazione pubblica. Ad esempio l'ex sindaco di Mortegliano è a capo del CAFC e l'ex sindaco di Cervignano è a capo della Bluenergy


Nel maggio 2011, gli italiani in massa hanno gridato che piuttosto che privatizzare i servizi legati alla distribuzione dell'acqua (Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica), verosimilmente non fidandosi di come i politici gestirebbero la privatizzazione, preferiscono la gestione pubblica fatta da amministratori espressi dalla politica. Gli italiani altresì, tendono a ritenere la gestione affidata alla politica sia generalmente poco trasparente ed inefficiente (Il referendum dell’acqua pubblica 2011 non ha portato alla detrazione del 7% delle bollette).

In bocca al lupo a chiunque cerchi di spiegare come la pensano gli italiani a qualche osservatore straniero.

PS deliziatevi con "La Spesa Pubblica dall'Unità d'Italia ad Oggi"

What’up Morsan: Inverted Yield Curve

Questa volta il termine è proprio il termine, nel senso che quando lo si pronuncia, si è proprio al termine, the end, alla frutta.

 Tempi di vacche grasse: il rendimento cresce all'allungarsi del tempo
di maturità dell'obbligazione.
Gli investitori hanno ottimismo per il lungo periodo.  
In questo periodo di discussioni di alta finanza e bassi fallimenti, esiste una situazione dei conti pubblici che quando si viene a creare sono problemi ed è la situazione che nella “City” (la Londra finanziaria) e nella “Street” (Wall Street a New York) si chiama “Inverted Yield Curve”.

In situazioni normali, la curva dei rendimenti medi ci dice che i tassi di interesse (yield) su debiti nazionali a lungo termine sono più alti degli interessi per i debiti a breve termine. 


Pensate ai BTP a 20 anni e quelli a 3 anni: normalmente su investimenti a 20 anni vi danno un interesse maggiore perchè sebbene ci sia intrinsecamente più rischio ad avere un investimento a lungo termine questo è ripagato dall'ottimismo che ci sarà una buona crescita futura.

Vacche magrissime: una crisi sta per scatenarsi quando
gli investitori si accontentano di poco nel lungo periodo.
Questa "inverted yield curve " è molto rara... già!
Invece, si ha un “Inverted Yield Curve”, una "curva inversa del rendimento", quando l’andamento degli interessi del debito di una nazione si inverte e gli interessi offerti per i debiti a breve termine sono maggiori di quelli offerti per debiti a lungo termine. 


In parole povere, quando il BTP a 3 anni ha rendimenti superiori al BTP a 20 anni.

Quest’inversione della curva anticipa periodi di recessione e/o gravissima crisi. Ebbene, nei passati 18 mesi l'inversione è capitata a Grecia, Irlanda e Portogallo e... l’altra settimana anche all’Italia.

Come sempre, l’inglese aiuta a capire le cose del mondo finanziario; tanto che nelle banche austriache, quelle che stanno a solo un’ora di auto da Morsano, tutti i funzionari addetti all’apertura di conti degli stranieri con capitali in fuga, parlano un’English impeccabile. 

domenica 20 novembre 2011

Spritz Debate: Bastioni Puliti, PC esercitata. Palmanova cambia e i Palmarini?

Oggi giornata di festa a Palmanova: mezza maratona e piena esercitazione. L'esercitazione della PC, acronimo di "Politically Correct" e di "Protezione Civile". Un'esercitazione utile sia per mantenere alta la capacitá operativa della PC, in particolare l'abilitá del lavorare in squadra, sia per ridare un po' di dignitá a delle mura (bastioni, rivellini, lunette ecc.) che sono i contenitori di una struttura straordinaria come la cittá stellata.

Cittá appunto.

L'osteria oggi non parla d'altro: Palmanova puó fregiarsi del titolo di "cittá" per decreto presidenziale anche se la consistenza della popolazione é pari a quella di uno Schiaforiacco qualsiasi. Cosí il Gran Premio di Formula1 "cittá di Palmanova" lo puoi anche fare mentre il Raduno dei calessi d'epoca "cittá di Schiaforiacco" sarebbe, tecnicamente, un debordare fuori dal vaso.

Le cittá si sa, sono abitate da "cittadini" mentre i paesi da "paesani" o "villici" (se é vero che in friulano i paesi si chiamavano "vile"). Una delle caratteristiche dei "cittadini" é che sono dediti alle arti liberali, ai moti del '48, all'irredentismo ed al cappuccino in piazza. Parlano pure una lingua straniera detta anche "lingua del chi selo?"

Nell'Ottocento Palmanova l'avrebbero dipinta così
Queste qualitá sono ovviamente agli antipodi dei "villici" dediti alle arti della pala e cazzuola, all'indifferenza nel '48, al "Zico o Austria" e al tajut all'osteria ordinato con una lingua autoctona detta anche lingua dell' orco boe.

Palmanova come fortezza é un po' l'emblema dell'intrinseca attitudine militare de noantri sulla quale non si puó scrivere nulla altrimenti si rischia l'incriminazione per vilipendio alle debolezze armate: non fu mai utilizzata e quando i Turchi scorrazzavano per la Bassa, depredando Schiaforiacco, le guarnigioni veneziane si chiudevano dentro le mura palmarine e chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato. Fu poi conquistata dagli austriaci senza neppure combattere: con un trucchetto un maggiore asburgico fece aprire le porte della "cittá" e puf, tutti arresi!

Insomma, gli schiaforiacchesi da sempre vedono la cittá palmare come una sorta di appendice straniera che serviva a ribadire il potere altrui su di loro (vedi Soliz Sotans: Friulani bistrattati nella storia) e in generale a far sudare gli altri.

Cosí il dibattito s'é scatenato: da un lato chi vede la pulizia dei bastioni come una bellisima iniziativa che valorizza oltre che Palmanova anche Schiaforiacco e dintorni perché la bellezza architettonica della cittá stellata é un bene turistico ed architettonico per tutto il circondario, e se vogliamo, per l'umanitá intera (l'UNESCO prenda nota).

Dall'altro lato, chi rimane sospettoso davanti ai relativamente bassi numeri di palmarini tra le motoseghe e i decespugliatori. Come a dire... tutto bel, tutto ben, peró lavora ti che mi non posso.

...e tra sensibilità urtate da una parte e urtate dall'altra, il feroce dibattito continua.

sabato 19 novembre 2011

Lo spettro dei soliti furbetti: chi comprerà gli assetti nazionali in vendita?

Ci informano i ben informati che già dopo 6 mesi dallo scudo fiscale, chi aveva soldi ha riniziato a portali all'estero in incognito. 


In pratica, sebbene lo scudo fiscale avesse avuto delle conseguenze  non particolarmente vessatorie visto che non è stato obbligatorio riportare i capitali in Italia e si sia pagato solo il 5% di imposta sui fondi esteri, nessuno si fida.

Non aiuta la sfiducia nella classe politica ripagata da chi vorrebbe ri-tassare gli importi scudati. Ovviamente il 5% accompagnato all'anonimato è stato qualcosa al limite della barzelletta ma pacta sunt servanda, direbbero i professori di filosofia del diritto, i patti non si cambiano in corsa. La pena per i cambiamenti o per paventati cambiamenti, sono il perpetuarsi della fuga dei capitali all'estero in forma totalmente anonima.

Ma andiamo al peggio: cosa se ne faranno di questi capitali all'estero?  

Da un sondaggio su Facebook fatto dal programma di Santoro "Servizio Pubblico" giovedì 17 Novembre 2011, oltre l'80% degli ascoltatori si dice contrario alla vendita del patrimonio pubblico ma favorevole ad un'imposta patrimoniale sui beni immobili. Il che fa riflettere sulla ritrosia italiana alla vendita di beni pubblici.


Nelle nostre zone ci sono caserme dismesse che cadono a pezzi (dall'Ufficio delle Entrate di Cervignano si può beatamente osservare il tetto sfondato dalle intemperie della ex caserma di fronte, a Ialmicco la caserma è un groviera di edere, l'ex polveriera di Passariano di Codroipo è una serra di rovi) eppure quasi nessuno sembra disposto a vederle cedute ai privati. 

Al che sorge spontanea la domanda: perchè questa ritrosia verso la vendita di patrimoni statali (anche quando in evidente decadimento)?  

La risposta del bar è variegata.

Alcuni menzionano la privatizzazione dell'ex ospedale di Palmanova, ceduto dalla Regione, guidata all'epoca da Illy, a privati per 800.000 euro. Ammontare che l'opinione pubblica dell'osteria giudica bassa tanto che è idea diffusa che "per quella cifra potevano fare a meno di vendere". 


Molti poi si rifanno al rischio "svendita" dei beni pubblici come è successo con palazzi degli Enti Assistenziali (vedi Report: "Vendita di Stato"). Insomma, c'è paura che le privatizzazioni si facciano "all'italiana". E allora meglio l'immobilismo (mai parola fu più appropriata per i beni... immobili).

C'è poi lo spettro degli "scudati". Molti degli italiani che hanno portato patrimoni all'estero, anche quando frutto di attività criminali o evasione fiscale, non aspettano altro che la svendita degli assetti pubblici per poterli acquistare con i fondi esteri a prezzi molto al di sotto del loro valore di mercato. 

In Grecia è successo che grazie alla straordinaria evasione fiscale, soprattutto tra i grandi redditi, il grosso dei capitali delle famiglie più ricche sono finiti all'estero. In precedenti privatizzazioni greche, grazie alle collusioni con la politica, gli assetti sono stati comprati a prezzi 5-6 volte più bassi rispetto al valore di mercato. Non è un segreto ellenico che una buona parte dei fondi all'estero stanno aspettando di rientrare in patria per essere "puliti" con acquisti da saldo di fine stagione. Questi assetti poi si rivaluteranno nell'arco di 5-10 anni dando ritorni strepitosi ai loro proprietari. 


Ogni parallelo fatto in osteria con vere o presunte svendite a "La Maddalena" per il G8 forse sono, forse, puramente causali. 

E c'è di più. Se una nazione esce dall'euro, la conseguenza più immediata è la reintroduzione della valuta nazionale che secondo i calcoli di massima più in voga, potrebbe svalutarsi dal 50 al 60% rispetto all'Euro (Financial Times: The real Greek Tragedy - its rapacious oligarchs). Il che cosa significa? Significa che se tu hai Euro all'estero, se la Dragma di turno si svaluta nei confronti dell'Euro, i tuoi Euro esteri varranno molto di più quando li riporterai indietro sottoforma di Dragme svalutate. 


Quindi assetti scontati e fondi all'estero rivalutati? 

Che gli scudati de noantri stiano aspettandoin un'uscita dell'Italia dall'Euro e un governo compiacente? 

venerdì 18 novembre 2011

Numeri Utili: Ricchezza degli Italiani (2011)

Alcuni dati su entrate, risorse e debiti degli italiani: 
  • Debito pubblico italiano è di circa 1.900 miliardi di Euro (120% sul PIL), il debito delle famiglie 600 miliardi (41% sul PIL), il debito delle imprese non finanziarie 1.245 miliardi (83% sul PIL), il debito delle imprese finanziarie 1.244 miliardi (82% sul PIL). Per un totale di 5.000 miliardi pari al 315% sul PIL. 
  • Secondo uno studio condotto dall’osservatorio di PricewaterhouseCoopers e dall’Università di Parma, la ricchezza delle famiglie italiane ha raggiunto i 9.732 miliardi di euro nel 2010, con una crescita media annua nel periodo 2003-2010 del 2,83% (la Banca d'Italia nel 2009 con un precedente studio rilevava 9.500 miliardi di euro)
  • Il patrimonio complessivo depurato di debiti e mutui raggiunge quota 8.600 miliardi, corrispondenti a circa 350 mila euro a famiglia. 
  • Dei 9.732 miliardi, circa 3.630 miliardi di euro sono attività finanziarie ovvero il 37% del totale scendendo dal  41% del 2003. 
  • Metà di queste attività finanziarie, circa 1.800 miliardi di euro, sono obbligazioni e strumenti di liquidità
  • Il restante della ricchezza è rappresentato dal patrimonio immobiliare che nel 2010 aveva raggiunto il 57.8% della ricchezza delle famiglie italiane scendendo dal 53.1% del 2003 ed è pari a circa 5.626 miliardi di euro.
  • Circa l'80% degli Italiani è proprietario della casa in cui vive - una delle percentuali più alte al mondo.  
  • Poi ci sono i fondi all'estero: secondo l'Ocse all'estero ci sono patrimoni italiani per 300 miliardi, di cui 125 in Svizzera e 86 Lussemburgo
  • Ci sono 639.000 famiglie italiane con una ricchezza liquida di 1 milione di euro o più ed hanno un portafoglio medio di 1,42 milioni. Il patrimonio totale degli individui con più di 1 milione, ovvero degli High Net Worth Individuals, ha raggiunto i 910 miliardi di euro crescendo del 3.2% rispetto al 2009.
  • Per quanto riguarda la concentrazione della ricchezza, secondo l'Agenzia delle Entrate, il 45% è in mano al 10 % delle famiglie più abbienti e per contro, le famiglie più povere detengono solo il 10% della ricchezza. Sebbene sia un indice di diseguaglianza bisogna tenere conto che 940 miliardi di euro in mano alla fascia più povera non è comunque trascurabile.
Sia la proprietà della prima casa che il peso degli investimenti immobiliari confermano la bassa propensione al rischio delle famiglie italiane. Inoltre, gli italiani restano un popolo di risparmiatori, visto che riescono ad investire due volte e mezzo l'equivalente del Pil e il doppio rispetto al debito pubblico. 

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