giovedì 27 giugno 2013

Spritz Industrial Revolution: Boom di Iscrizioni al Istituto Tecnico Industriale "Malignani" di Udine

Banco di scuola = banco di lavoro
La notizia di oggi che é rimbalzata sulle tazzine di grappa corretta col caffé é questa: "Malignani, boom di iscritti. Il biennio costretto a trasferirsi".

Il Malignani in Friuli é un'istituzione. Nei bar anche i banconi sanno che lo sviluppo economico e la ricchezza prodotta in questa parte del mondo non dipende dai notai, dagli avvocati, dai farmacisti e dagli statali. Dipende dai periti-ingegneri diplomatisi all'Istituto tecnico Malignani tra gli anni Trenta e gli anni Settanta.  

Erano anni in cui le manifatture, in particolare la mitica metalmeccanica friulana, sfornavano innovazione, semilavorati e prodotti finiti (dalle acciaierie, ai mobili, dai componenti agli elettrodomestici) sia per il mercato interno che, soprattutto, per l'export, garantendo occupazione e molta moneta fresca che arrivava dai clienti esteri. 

Il nodo focale della produzione erano i periti, detti appunto periti-ingegneri perché per uscire dal Malignani dovevi essere intelligente, saperci fare e superare una dura selezione interna. Le bocciature in prima erano delle ecatombi con spesso metá delle matricole bocciate a giugno. Aver "fatto il Malignani" era una medaglia al valore ingegneristico che ti apriva tutte le porte dell'industria friulana. Non a caso quella generazione di periti sono colloquialmente definiti "periti-ingegneri" perché all'epoca, con l'universitá non ancora di massa, le mansioni oggi ricoperte da ingegneri erano efficacemente ricoperte dai periti malignanesi. 

Risultati alla mano, la cosa ha funzionato alla meraviglia. 

Con gli anni Ottanta la scolarizzazione di massa inizió a spostare l'asticella delle aspettative giovanili verso le universitá. Cosí un paio di generazioni di "figli di gente di paese" si son guadagnati l'illusione di un posto equivalente al titolo di studio altisonante. Piccolo particolare che tutto s'é addolcito: le scuole superiori son diventate piú facili (per un periodo niente rimandati: fu anche abolito l'esame di riparazione di settembre) e le universitá di provincia sono spesso diventate un'estensione delle scuole superiori.

Quello una volta faceva un perito superbamente preparato dal Malignani, oggi lo fa un ingegnere sottopagato perché deve vincere lacune nella preparazione e un'estesa concorrenza di frotte di suoi coetanei ingegneri.  

Tra gli anni Novanta e oggi, l'Establishment (chiamiamolo cosí) ha deciso che le scuole tecniche son troppo plebee per essere valorizzate e che l'Italia, da potenza manifatturiera, doveva diventare una nuova Londra, tutta servzi, banchieri, consulenti, fighetti con master in qualsiasi cosa purché non puzzasse di olio emulsionato o di polvere di cantiere. Sempre l'Establishment (continuiamo a chiamarlo cosí) ha avuto la grandissima intuizione di declassare gli istituti tecnici (che funzionavano cosí com'erano) anacquandoli con vaghe vocazioni liceistiche. Cosí, sparite le ore di pratica nelle officine, si studia piú teoria. D'altronde se una scuola funziona e fa trovare lavoro ai suoi diplomati perché non sabotarla creando delle figure poco impiegabili?

Giustamente le masse si son adeguate: Manifattura e industria = merda? Evviva! Andiamo tutti al liceo per poi andare all'universitá a studiare scienze dei servizi.

Caso volle che i servizi che assorbono laureati in massa, siano quelli statali. Cosí si vedono cose del genere "Aspiranti insegnanti oltre 1100 richieste per appena 129 posti". Poi cerchi un progettista meccanico e non lo trovi.

Risolviamo dunque questa equazione: laureati disoccupati e manifatture che non trovano personale.

Il senso pratico della gioventú (mista al "teorema dei maiali") ha portato alla conclusione che, in fin dei conti, é meglio studiare qualcosa di tecnico che dia una preparazione al mondo reale che ci circonda (la manifattura). Ergo un istituto tecnico.

In attesa delle stampanti industriali 3D, che Internet of Everything, la domotica, le smart cities, smart grids e via dicendo diventino realtá produttive importanti anche per il Friuli, in bocca al lupo alle matricole del Malignani!

Il dibattito non s'é proprio accesso perché tutti la pensano allo stesso modo e le voci della "cultura generalista perché il mondo cambia e richiede piú specializzazione partendo da una mente piú aperta" suonano come belle parole ma fondamentalmente parole vuote che hanno giá fatto il loro tempo. Meglio una buona cultura tecnica che dia un lavoro subito. Poi si vedrá.

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Per rinfrescarsi le memorie: 


1 commento:

Vitellozzo Silverdeschi Vantelli della Calastorta ha detto...

Un saluto all'amico che regolarmente ci visita dal

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