Tutti si focalizzano sul razzismo nei confronti della ministra Kyenge che arriva da diverse frasi di politici nazionali (pure un vice presidente del Senato ed ex ministro nel caso dell'orango) e locali (es. il vice sindaco di una località della costa Ligure che essenzialmente le diede della prostituta).
Il punto però non è quello. Il punto, pure secondo l'Economist, è la pressochè mancanza di reazioni forti contro chi ha proferito gli insulti (vedi Racism in Italy Educating Cécile. Italy’s first black minister has had a tough political baptism).
Va da se che la società italiana non ha avuto i decenni di decolonizzazione per assimilare al suo interno milioni di stranieri (per lo più molto poveri), come la Gran Bretagna, la Francia e l'Olanda ed ha dovuto abituarsi agli immigrati in solo un paio di decadi. Un po' di razzismo o comunque xenofobia c'è da aspettarseli.
Qui però il problema è oltre che sostanziale pure di forma. In tutti i paesi a democrazia avanzata, chi ha cariche politico-amministrative rilevanti, se fa una cazzata viene fatto dimettere. In Italia il razzismo, neppure tanto velato, è considerato un peccato così veniale da non comportare nè l'obbligo morale e poi politico di dimissioni, nè la condanna unanime dell'opinione pubblica.
Dal tipo di reazioni o dalla mancanza di reazioni, gli osservatori internazionali concludono che la società italiana è intrisa fino al midollo di razzismo.
La cosa è ben nota nei bar di tutta la Bassa dove le battute razzistoidi non mancano mai.
Da qui il dibattito:
- tra chi ritiene che sia l'Italia ad essere sotto sotto più razzista di altre democrazie avvanzate per ragioni che solo i sociologi possono spiegare (cultura, religione, fascismo ecc.)
- e chi ritiene che in realtà tutti i paesi saranno come l'Italia solo che sono più intrisi di politicamente corretto del Bel Paese e quindi riescono a mascherare e dissimulare meglio il loro razzismo.
...e il dibattito continua
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