La nenia che si sente a tutti i convegni accademici sull'economia italia, a tutte le conferenze delle varie associazioni imprenditoriali, a tutti i discorsi di circostanza nelle cene di categoria è che in Italia le imprese sono troppo piccole.
Troppo piccole per essere concorrenziali a livello mondiale, troppo piccole per ottenere economie di scala rilevanti nella produzione, troppo piccole per attrarre talenti, troppo piccole per pagare decentemente laureati di qualità che quindi devono emigrare, troppo piccole anche per contenere l'evasione fiscale, troppo piccole per garantire una continuità ai clienti finali, troppo piccole per offrire gli stessi servizi che grandi aziende invece possono offrire spesso anche a costi più contenuti.
Oltre il 95% delle imprese italiane non solo è piccolo ma è microscopico con meno di 10 dipendenti. Sono piccole le banche, sono piccole le imprese di commercio al dettaglio, sono piccole le imprese della rete di subfornitura e via dicendo. Sono piccole le imprese italiane anche rispetto all'adozione di nuove tecnologie tipicamente adottate prima da grandi imprese che han bisogno di automatizzare i propri processi. Sono piccole anche per quanto riguarda la collaborazione con istituti d'istruzione superiore e centri di ricerca avanzati che tipicamente beneficiano della capacità di spesa in ricerca e sviluppo delle imprese più grandi.
A questo punto uno si aspetterebbe che le associazioni imprenditoriali che da ANNI predicano ai loro associati che è fondamentale per l'economia italiana del futuro avere sempre più medie e grandi imprese, si muovessero di conseguenza. Ovvero, fossero le prime a fondersi e dare dimostrazione che "grande è bello". Invece no!
Si leggono ancora titoli come questo tratto dal Messaggero Veneto di oggi 10 dicembre 2015:
- chi ritiene che prima o poi l'unione tra le varie associazioni di categoria si farà perchè si tratta di dettagli da superare ma il concetto che più grandi si è e più si è efficaci è assodato
- e chi ritiene che chi è a capo di associazioni imprenditoriali riflette la mentalità diffusa tra la base associativa che, evidentemente, dati alla mano, preferisce le vittorie parrocchiali alle economie di scala
...e il dibattito, nel nostro piccolo, continua