venerdì 9 marzo 2012

Spritz Debate: a scuola con i figli degli immigrati. Mio figlio lo sposto?

Ci rivediamo tra 20 anni a Sylicon Valley. I vostri coetanei italiani?
Saranno in coda al concorso per usciere in Regione. 
Il bar oggi ha discusso dopo che un signore appogiato al bancone ha raccontato di aver trasferito suo figlio, in prima elementare, ad un'altra scuola perché in classe c'erano solo due "italiani" mentre gli altri 13 bambini erano figli di "immigrati".

Non si sanno le ragioni specifiche del cambiamento di scuola ma la discussione é subito finita nel solido dibattito inebriato da alito alcolico.
  • Da una parte quelli che sostenevano che con 13 bambini stranieri non si sarebbe potuto imparare niente perché le difficoltá linguistiche della classe avrebbero rallentato gli "italiani". Inoltre, come si fa a insegnare la storia italiana a bambini che neppure conoscono le nostre cittá e la nostra cultura e tradizioni? Senza contare che magari potrebbero non avere la stessa religione. Quindi cambiare scuola é logico se la classe é composta solo da figli di immigrati.

  • Se a 6 anni tutti in classe parlano bene l'italiano allora il problema non sussiste. Se invece il problema é effettivamente la lingua allora dovrebbero esserci dei corsi propedeutici all'inserimento in classe. Ad ogni modo, da questa parte del bancone c'é chi sottolinea che si deve entrare nel merito della questione; ovvero, si deve capire se effettivamente i figli degli stranieri rallentano l'apprendimento degli "italiani". O se invece ci sia altro. Solo entrando nel merito si potrebbe capire il perché di questa decisione.  
E se la questione é invece piú legata ai genitori? 

Se l'immigrato con bassa scolarizzazione e senza un lavoro qualificato e qualificante incoraggia i figli a non seguire gli usi e costumi italiani, né, per sua libera scelta, frequenta italiani, é chiaro che contribuirá a creare un inutile clima di incomprensione e scontro nella classe dei figli.

Stessa cosa se la famiglia italiana educa alla diffidenza. In merito qualcuno ha posto il caso che si verifica quando si mandano i figli nelle scuole internazionali in Italia dove si insegna magari in inglese e i compagni di classe sono i figli dell'ingegnere indiano, del diplomatico pakistano, del trader cinese, del manager arabo, dell'uomo d'affari russo, del ricco costruttore moldavo (oltre che dei figli di inglesi, francesi, belgi, tedeschi ecc.). Scomettiamo che in quel caso nessun italiano direbbe che non manda i suoi figli in quella scuola per paura che i figli siano gli unici italiani in classe? Che la questione dello spostamento di scuola sia dunque legata all'estrazione sociale delle famiglie degli immigrati, ritenuta "inferiore"?

Ad ogni modo, nel nostro piccolo, una lezione sull'integrazione lo offre quello che succedeva nella Palmanova che fu, quando i figli dei signori ufficiali delle caserme locali, dei professionisti cittadini e dei dottori dell'ospedale finivano casualmente in classe assieme mentre i figli del popolo si ritrovavano nelle altre sezioni. Come si sentono oggi quelli che non finirono nelle "sezioni dei privilegiati"? Se ci parlate, scoprirete che hanno l'amaro in bocca e coltivano un sentimento di rivalsa nei confronti di quei "figli di". Si fa lo stesso creando le "classi degli italiani" e le "classi degli immigrati"?


Che senso ha creare i presupposti per un deleterio spirito di rivalsa?

Nella gestione dell'immigrazione la questione di fondo non riguarda la prima generazione di immigrati ma riguarda le seconde generazioni, che rischiano di non sentirsi né occidentali perché rigettati, né parte delle terre d'origine dei loro padri perché lá non c'hanno mai vissuto. Seconde generazioni che nella maniera piú assoluta non vanno alienate e confinate nei ghetti, anche scolastici: molto prosaicamente, il rischio é un futuro di rivolte nelle banlieu o peggio, di altri 7 luglio.

Se poi uno vuole metterci vicino l'aspetto ideologico-religioso dell'accoglienza e del terzomondismo sic et simpliciter puó farlo, ma l'uomo del Nordest, appoggiato al bancone, é pragmatico e sa che oggi il mondo é piatto. La Cina é un'opportunitá per l'export e la produzione industriale, il subcontinente indiano é un bacino per l'informatica, la medicina e l'ingegneria, il Nord Africa una risorsa per la forza lavoro e le energie naturali: quale miglior scuola per i futuri manager e tecnici italiani che imparare usi e cultura di queste importanti aree del mondo condividendo i banchi di scuola?

Le classi multietniche sono una ricchezza per i bambini perché li abitua a vivere nel mondo che sará piuttosto che vivere di ricordi di un mondo che fu.

Prima lo imparano i genitori degli uni e degli altri e meglio é per tutti.

...ovviamente il dibattito continua

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Referenze

2 commenti:

PaoloVE ha detto...

applauso...

Ciao

Paolo

seconde generazioni ha detto...

Terrorismo, arrestato marocchino
«Nel mirino la sinagoga di Milano»

Il giovane vive in Lombardia dall'età di 6 anni...

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