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Studi nel campo della psicologia affermano che in un gruppo sociale, per arginare la negatività di una persona servono almeno altre 7 persone positive.
Nei paesi piccoli, ragioni per essere come direbbero gli anglofili "grumpy", ovvero "scontrosi, burberi, difficili" ce ne sono. In generale in questi paesi si percepisce la frustrazione degli autoctoni di non riuscir ad accedere ai posti migliori della società dove tradizionalmente vi accede la borghesia cittadina, le carriere sono limitate alle imprese lilipuziane così come gli stipendi sono medio bassi, quando poi uno fa soldi scopre presto che i soldi non bastano per scalare i gradini sociali e non sembrare semplicemente un parvenù col portafoglio gonfio. Poi ci sono gli screzi tra famiglie che si tramandano di padre in pronipote e allungano il broncio di chi si incrocia in piazza, piazza dove finisci per rivedere sempre le stesse persone per l'intera durata di una vita incluse, e soprattutto, quelle che ti stanno sulle palle. Infine il gene regressivo dell'incazzatura perenne che è una variante dell'emotività italiana (importato dalle truppe dei Savoia e dai dipendenti della PA) e l'introversione friulana che si accentua con i numerosi matrimoni tra parenti più o meno lontani, tipico nei paesini nel secolo scorso.
Con questa premessa scientifica, si capisce come gestire i rompicoglioni cronici diventa un'arte. E qui scatta l'idea morsanica: e se ci fossero dei corsi specifici a livello locale su come gestire le tante persone difficili?
Magari lezioni di gruppo a cifre abbordabili, avrebbero successo. Purchè siano fatte con classi di 7 persone...
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