martedì 25 settembre 2012

Spritz SMBs: Perché in Italia le imprese sono piccole?

L'altro giorno in bar membri del CAFON (Comitato di Analisi Finanziaria e Obligazionaria Narcisista) discutevano della crisi del Milan e dell'ultimo rapporto della Banca d'Italia sui rimedi per colmare il ritardo dell’Italia nell’innovazione (“Il gap innovativo del sistema produttivo italiano: radici e possibili rimedi” ).

In soldoni, all'interno del rapporto si parla di come stimolare l'innovazione e la competitivitá delle imprese italiane e tra le soluzioni si indica una perla che salta fuori periodicamente in tutti i meeting, briefing, conventions, meetups tra una pausa caffé e l'altra: aumentare la dimensione delle imprese perché in Italia sono troppo piccole. 

Il 95% delle imprese italiane hanno meno di 10 dipendenti e come detto, secondo vari studi che si possono trovare su google, essere piccoli non produce la stessa innovazione e quindi competitivitá dell'essere una grande azienda o quantomeno, un;azienda medio-grande.

Non a caso la Banca d'Italia sottolinea che "l’obiettivo prioritario è di aumentare la dimensione delle imprese. La crescita dimensionale potrebbe essere favorita da trattamenti fiscali agevolati per le operazioni di ristrutturazione aziendale che rendano meno onerose le operazioni di fusione e aggregazione tra imprese".

Tutto bene.

Il problema, sollevato in seno al CAFON, é che nessuno dice il perché in Italia le imprese sono mediamente piccole percui, in osteria, si é reputato importante esplicitarlo. 

In Italia le imprese sono piccole perché:
  • con il 55% di tassazione e con lo Stato cosí disonesto che non ti paga i suoi debiti con la tua azienda per anni ma esige i suoi crediti fiscali subito, oltre alla burocrazia creata per creare impieghi parassitari fini a se stessi, chi te lo fa fare di lavorare di piú e prenderti piú rischi  ingrandendo l'azienda?
  • sopra i 15 dipendenti ti arrivano le rappresentanze sindacali (RSU) che in genere fanno riferimento a organizzazioni sindacali la cui maggioranza degli iscritti sono pensionati e i cui membri tendenzialmente ti vedono come un evasore ladro che si é smarcato dalla posizione di operaio sindacalizzato aprendo la sua azienda solo perché é, appunto, antropologicamente un ladro-antisindacale
  • sopra i 15 dipendenti, rischi di essere importante abbastanza da avere il politico di turno che ti chiedera' posti di lavoro per curare le sue clientele, o tangenti, e se dici di no, addio concessione edilizia e permesso di vendere caciotte nel mercato del paese
  • sopra i 15 dipendenti non sarai solo un gregario della cordata che partecipa all'appalto pubblico ma sarai l'azienda di punta che dovrá avere a che fare con le richieste di denaro di funzionari corrotti che gestiscono le gare. Perché sporcarsi le mani quando si puó fare i subappaltatori e al massimo pagare l'azienda capocordata per poter partecipare?
  • sopra i 15 dipendenti susciti l'interesse della mafia,camorra,ndrangheta ecc. ecc. che ti chiederá il pizzo o tenterá di inserirsi nei tuoi affari mentre se sei un pesce piccolo hai piú possibilitá di passare inosservato (sebbene la teoria voglia che al Sud la criminalitá avversi le grandi imprese perché meno controllabili e ricattabili delle picole). 
Ingranditoriiii....
Il fatto che nessun rapporto ufficiale parli di questi punti, fa capire che, a differenza del CAFON, gli organi di studio ufficiale fanno finta di non vedere e forse molti sono in malafede.

Se si dice solo che "il problema dell'Italia é che le imprese sono troppo piccole" c'é il rischio di far passare i piccoli imprenditori per dei coglioni che dalla vita non hanno capito niente e il cui stile di fare business é sbagliato. Lo stile di fare business é il seguente: fai impresa, raggiungi la decina di dipendenti, se hai plusvalenze, invece di comprarti altre aziende e/o ingrandirti, ti compri un appartamento a Lignano, poi uno al figlio, uno alla figlia, una casa a Forni di Sopra e poi inizi a piazzare banconote sotto le mattonelle di casa e vai avanti cosí. Col cazzo che ti metti ad assumere piú gente (vedi punti di cui sopra).

Fare impresa in Italia é una scelta di lifestyle, di stile di vita, di libertá, di "mi alzo al mattino e decido io cosa e come fare piuttosto che timbrare il cartellino".

Se fosse una scelta di business, l'Italia avrebbe prodotto delle catene di pizzerie (tipo Pizza Hut), delle catene di gelaterie (tipo Häagen-Dazs), delle catene di farmacie (tipo Boots), delle catene di negozi di vino (tipo Laithwhites), delle catene di meccanici (tipo Halfords), delle catene di ferramenta (tipo Leroy Merlin), delle catene di supermercati multinazionali (tipo Carrefour), delle catene di negozi di mobili (tipo IKEA), delle catene di cafetterie (tipo Starbucks) ecc. Invece siamo i leader in tutti questi segmenti ma lo siamo attraverso aziende diffuse, piccole e regionali (e che ovviamente, a livello internazionale non reggono, ma questo non é il punto).

Se avessi voglia di rompermi le palle, leggerei i reports che mi dicono di ingrandire l'azienda e pagherei tasse ancora piú assurde, ospiterei gli scioperi di tutte le sigle dei sindacati dei pensionati, pagherei il pizzo, avrei mezza politica in busta paga e tanti rolex quanti sono i funzionari con i quali devo aver a che fare (che sono direttamente proporzionali alla dimensione aziendale).

Cosí la platea s'e' divisa tra chi legge i reports per avere argomenti di conversazione intelligenti alle cene con l'assessore regionale e chi manda a cagare tutti e se ne torna in azienda con gli altri 14 collaboratori...

...e il dibattito continua 

17 commenti:

Anonimo ha detto...

essere un piccolo imprenditore in Italia ti mette contro chi per impostazione ideologica ti vede come un operaio mancato che é sfuggito alla sindacalizzazione della grande impresa e quindi ti tratta come un viscido fuggiasco. Ne hai giá pieni i coglioni dell'antagonismo velato proveniente da una pate ideologicamente ben definita della popolazioe italiana e difficilmente vuoi avere a che fare con le organizzazioni formali di questa ideologia.

PaoloVE ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
PaoloVE ha detto...

Ma davvero se in Italia le ditte non crescono è solo colpa di Stato e sindacato?

Perchè nell'analisi trovo solo quello, mentre nell'esperienza vedo anche altro, come l'incapacità di molti piccoli imprenditori, e lo vedo anche piuttosto spesso.

E sottolineo la parola anche, ma pure il fatto che lo trovo spesso...

Ad esempio quante di loro lavorano con la tanto temuta P.A., il 95%? e perchè le altre si fermano a 10 dipendenti e non arrivano a 14 se il limite è 15?

ah, dimenticavo, non c'è scritto da nessuna parte che sei sei una grossa impresa sei capocordata, anzi, spesso le grandi multinazionali preferiscono il ruolo in seconda fila per mandare avanti la ditta locale più gradita alla politica, quando si ha a che fare con la P.A. ...

Ok, ho capito, lascio perdere e vado a cena con qualche assessore, visto che chi ha dei dubbi anche (e sottolineo anche) sugli imprenditori non può essere altro che un radical chic...

:-)

Ciao

Paolo

PaoloVE ha detto...

...dimenticavo: l'ingordigia c'è anche verso i piccoli.

Il mio ex amministratore di condominio -nulla a che vedere con il pubblico, quindi- pretendeva dai fornitori (piccole imprese) il 12% per lavorare con lui (erano questi ultimi a dirlo quando non c'erano orecchie indiscrete. In fondo a loro andava bene: rincaravano del 20% ed erano a posto).

Una percentuale di poco inferiore pretendeva (relata refero) l'ufficio acquisti di una grossa impresa nell'edilizia della zona per appaltare ad una piccola impresa la manutenzione di alcuni loro sistemi di sicurezza.

Insomma, il problema delle tangenti non tocca solo le grandi imprese ma anche quelle piccole e non ha origine solo nel pubblico ma anche nel privato. Essere al di sotto dei 15 dipendenti non ti mette al riparo.

Ah!, dimenticavo! qui sotto sta lavorando una impresa nata dalla divisione tra i due figli dell' ex titolare di una impresa di dimensioni maggiori. Non è che il familismo diffuso limita le dimensioni aziendali (magari anche mettendo un incapace in sella perchè figlio anche se non bravo)?

Insomma, più ci penso e più l'analisi mi pare sballata.

Sarà l'effetto degli spritz bevuti con gli altri radical chic come me...

Ciao

Paolo

Vitellozzo Silverdeschi Vantelli della Calastorta ha detto...

Certo, il familismo c'e' e una delle primarie cause di cessazione di attivita' delle imprese italiane é il figlio non all'altezza o disinteressato all'attivitá di famiglia. Qui si tratta di bilanciare le cause maggiori del mancato ingrandimento delle imprese italiane. C'e' poi l'ossessione del controllo dove nessuna famiglia vuole perderlo. Ma la domanda a quel punto sarebbe "perche' non vuole perderlo?". Comunque si parla di trend generali e ogni caso specifico e' a se, di certo le multinazionali non usano aziende da 10 dipendenti per penetrare il mercato italiano ma vanno subito con capicordata di 100/200 + dipendenti, quindi i giochi sono diversi. PS gli assessori regionali amano essere circondati da folle adoranti, basta essere un carpentiere di paese per andare a cena con loro. Jaki Elkann li snoberebbe e i radical chic si annoierebbero :-)

Anonimo ha detto...

Quindi se rincarano del 20% e' perché essere piccoli significa che non si hanno gli stessi obblighi di controllo esterno sul bilancio quanti quelli cui sono sottoposte le imprese di medie dimensioni? Essere piccoli da' piu' liberta' di essere disonesti? Quindi imprenditori italiani = ladri?

Anonimo ha detto...

si ma il familismo lo raccontano anche i vari report delle banche d'italia e ia dcendo.

PaoloVE ha detto...

@ anonimo:

non ho scritto nè intendo che gli imprenditori siano tutti dei ladri.

Ma mi dicono che il mio ex amministratore condominiale (e qualcuno nell'uffico acquisti dell'impresa di cui parlavo) ed i fornitori erano concussi / corrotti, e sono sicuro che il fenomeno non si limitava a loro, anzi è abbastanza diffuso.

E questo, con il controllo dei bilanci non ha nulla a che vedere: ti faccio una offerta più cara del 20% di quello che potrei, tu la "confronti" con due prese tra le più care del mercato invece che con le più convenienti, io prendo l'appalto, tu il 12%. Tanto paga pantalone (i condomini / il paròn).

I bilanci sono perfetti, a prova di qualsiasi controllo, controllo che, per inciso, non deve essere poi così drammatico se in Italia vantiamo una quantità di lavoro nero impressionante, nero che è difficile giustificare senza falsificare i bilanci...

Lo scopo dei miei commenti non è quello di creare una polemica tra tifosi degli imprenditori e loro detrattori: non sto nè nell'una nè nell'altra schiera.

Ho solo segnalato il perchè secondo me l'analisi del post è troppo limitata. Le cause delle piccole dimensioni delle imprese italiane non sono sempre e solo Stato e sindacato (se no avremmo il 95% di aziende di 14 dipendenti e non di 10), ma anche molti altri fattori, che in parte segnalo e personalmente ritengo almeno altrettanto importanti.

Primo tra tutti il fatto che moltissimi piccoli imprenditori hanno con la propria azienda un (giustificatissimo) rapporto quasi filiale, e non rinunciano ad amministrarla per intero in prima persona. Il che impone dei limiti alle dimensioni aziendali. Oppure a dividerla in parti uguali tra la prole. Il che riduce le dimensioni aziendali.

Ciao

Paolo

Renato ha detto...

ciao, mi inserisco per una considerazione, sul commento che
"moltissimi piccoli imprenditori hanno con la propria azienda un (giustificatissimo) rapporto quasi filiale, e non rinunciano ad amministrarla per intero in prima persona. Il che impone dei limiti alle dimensioni aziendali" ma cos'e' di diverso rispetto alle aziende Tedesche o Francesi o Inglesi o Americane? L'imprenditore come persona e' la stessa ovunque con l'attaccamento alla propria azienda ma i risultati sono diversi perche' anche in Francia, dove lo Stato e' molto partecipe nell'economia, le imprese tendono ad essere piu' grandi. L'Italia e' un'anomalia. Perche'? secondo me il familismo e l'ossessione del controllo sono meno rilevanti dei problemi tipo mafia e intromissione della politica negli affari delle aziende some sottolineato dal post. ciao e buon lavoro

Anonimo ha detto...

Secondo me in Italia non c'è mai stata una vera classe imprenditoriale.
Soprattutto la nostra zona usciva dal medioevo solo appena dopo la seconda guerra mondiale.
Chi ha aperto impresa era pertanto un figlio di un contadino, spesso con un grado di istruzione mediocre e non in grado di organizzare una vera azienda.
Chi riusciva a portare la propria azienda sopra i 15 dipendenti rimane/rimaneva comunque un artigiano, e non appena il fondatore passa a miglior vita l'azienda non ha la forza per correre da sola.

Son balle che è per la tassazione o per i sindacati o per la corruzione, secondo me è solo colpa dei limiti della classe dirigente.

Una persona riesce a coordinare fino ad un certo numero di persone, poi non ce la fa più (e non riesce ad organizzare l'azienda in modo gerarchico per crescere ancora)

Non voglio però dar contro a nessuno, uno che fonda un'azienda e la porta fino a 15 dipendenti ha già fatto il suo!
Se tutti facessero altrettanto staremmo molto meglio.
E poi, perchè dovremmo ambire ad avere megamultinazionali?
Il modello delle piccole aziende ha funzionato fin'ora e sembra che regga molto meglio la crisi del modello delle grandi aziende.

mandi

Anonimo ha detto...

pocje propension al rischio
nisun nol ul fa mutuos
pocje vision

Vitellozzo Silverdeschi Vantelli della Calastorta ha detto...

lo stigma del fallimento e' forte. in america fallire vuol dire ripartire da zero e via. in Italia/friuli vuol dire che sei socialmente marchiato. Con questa spada di damocle sulla testa, e' piu' difficile spendere energie o esporsi finanziariamente per ingrandire

Vitellozzo Silverdeschi Vantelli della Calastorta ha detto...

visto il numero di email ricevute e i commenti, domani espanderemo il post analizzando quelloc he il popolo ditiene essere la vera ragione per cui in italia le imprese restano piccole. State tonnati (stay tuned)

PaoloVE ha detto...

@ renato:

"L'imprenditore come persona e' la stessa ovunque con l'attaccamento alla propria azienda"

Non ho una esperienza sufficientemente ampia per contraddire con dati questa affermazione, ma, per quel poco che ho visto e ad impressione, non è così.

Il livello culturale degli imprenditori stranieri (pochi) con cui ho avuto a che fare era superiore a quello dei corrispettivi italiani.

Lo stesso dicasi della propensione alla delega ai sottoposti(indice di diverso attaccamento)...

Ciao

Paolo

PaoloVE ha detto...

Visto che molti gruppi che citi li avevo già presi ad esempio approfitto per farmi un po' di promozione su un argomento collegato:

http://acutocomeunapalla.blogspot.it/p/il-made-in-italy.html

Ciao

Paolo

Vitellozzo Silverdeschi Vantelli della Calastorta ha detto...

Paolo, va bene ma fai l'errore che fanno tutti: il vero made in italy e' la meccanica (automazioni industriali, grosse carpenterie meccaniche, grandi impianti. Il 90% (o giu' di li) del valore monetario degli export italiani e' nella meccanica. Siamo secondi solo alla germania quanto a produzione e export di impianti meccanici e macchinari. Solo che, anche a ragione, fa piú figo parlare di moda (una manciata di miliardi e nulla piú), alimentare (un paio di mozzarelle e due bottiglioni di Chianti) e arredamento (ottime cucine per ricchi di New York). Invece nell'IT il made in italy significa "cacca". Ma di putrelle, travature reticolari, alesatrici, nastri trasportatori, imballatrici, convogliatori, estrusori da fonderia ecc. ecc. nessuno parla. Sediamoci e parliamo con gli imprenditori meccanici del NordEst o dell'Emilia e capiamo come fanno ad esportare in media l'80% della loro produzione e cerchiamo di capire perché non si fanno conoscere ai media italiani. La loro carenza di auto promozione, quella si, é una pecca...

Vitellozzo Silverdeschi Vantelli della Calastorta ha detto...

PS poi ognuno ha una sua teoria, ad esempio Rodolfo De Benedetti ad una colazione di lavoro ebbe a dire che in Italia il problema é l'ossessione del controllo che impedisce alle aziende di ingrandirsi perché fa riderimento alle sole menti familiari con limiti annessi e connessi. Un saluto a Lapo.

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