O farsi piacere il lavoro che si trova? |
Però in bar si discute, dire "fai quello che ti piace" è un buon consiglio, che per altro scalda le platee e raccoglie facili consensi oppure dire "fai quello che ti serve" è un consiglio più onesto, sebbene faccia storcere il naso alle platee studentesche?
Le argomentazioni del "seguire le proprie passioni" sono essenzialmente quelle viste sopra e si basano sull'assunto che lavorare 40-50 anni in un settore che non interessa o in mansioni per le quali non si ha la minima passione sia una tortura terribile e tanto vale assecondare le prorpie tendenze personali ed esprimerle in qualsiasi lavoro capiti.
Dall'altro lato, c'è chi ha un atteggiamento molto pragmatico e tra uno spritz ed un prosecco è pronto ad argomentare che dire a qualcuno "segui le tue passioni" da un punto di vista imprenditoriale sia disastroso. Citando studi accademici della Georgetown University ("So Good They Can't Ignore You: Why Skills Trump Passion in the Search For Work You Love" al bancone si dice che "la passione non è qualcosa che tu segui ma è la passione che seguirà se nei tuoi progetti ci metti lavoro e impegno"
Il punto è che facilmente si confondono hobby e interessi personali con profonde passioni: la passioni sono rarissime. Eppoi i soldi contano e, nel campo delle professioni, tendono ad essere un indicatore neutrale del concetto di "valore". I clienti di un imprenditore non han interesse se l'impressa è retta da un imprenditore che ha passione per quel lavoro: gli interessa spendere i soldi per qualcosa che ha valore tale da giustificare quella spesa. Stop.
Il lavoro, può essere diviso in 3 categorie:
- un impiego (che serve a portare a casa il pane)
- una carriera (un continuo trampolino di lancio verso impieghi migliori)
- una missione (qualcosa che è una parte vitale della propria esistenza e della propria identità)
La discriminante tra i diversi tipi di lavoro sono gli anni che uno passa nello stesso ruolo e l'esperienza che matura. Tanto più la permanenza in un lavoro è prolungata nel tempo tanto più l'individuo la vede come la sua missione di vita e quindi dimostra di amare il suo lavoro. Poi più esperienza uno ha e maggiori saranno le sue abilità e quindi più alta sarà la sua soddisfazione nell'avere quelle abilità professionali. Inoltre, più esperienza hai e più puoi vedere come il tuo lavoro ha dato benefici agli altri (clienti, colleghi, dipendenti). Insomma, per sviluppare il concetto di "missione" legato alla passione per un lavoro ci vuole tempo e questo nulla ha a che vedere con un prerequisito innato, quindi con una passione in partenza.
Lavorare bene e sodo è la chiave piuttosto che il trovare il lavoro "giusto". Il consiglio agli studenti dovrebbe essere: trova qualcosa che paghi da un punto di vista finanziario e che la gente reputi meritevole di essere pagato o sostenuto, poi lavora duro e migliora le tue abilità e conoscenze in quel lavoro e motivati con i risultati incrementali che ottieni via via. Quando cresci professionalmente non focalizzarti sul valore che il tuo lavoro dà a te (come farebbero i sostenitori della "passione" innata) ma fai in modo di concentrarti sugli aspetti del lavoro che ti danno un senso di autostima, autonomia e impatto con gli altri e con la società.
Così il bar s'è diviso tra...
- chi ritiene che le passioni siano innate e vadano seguite per farle sbocciare in un futuro professionale pieno di soddisfazioni
- e chi ritiene che solo la pratica determinata e prolungata sviluppa l'esperienza che porterà poi a maturare una passione per quello che si fa
... e il dibattito continua
2 commenti:
e qui arriva, la testimonianza dell'FT sul "lavorare con passione" http://www.ft.com/cms/s/0/413de4fe-eccb-11e3-8963-00144feabdc0.html?siteedition=intl#axzz348TCN8hH...
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I announced to my tax fanatics that I feel no passion for my work at all. I explained that I like my job. I’m lucky to have it. It suits me. I can’t think of anything else that would suit me better. I care about it. But I’m not passionate about it. I pointed out that the word “passion” properly refers either to a strong sexual attraction or to the suffering of Jesus Christ at the time of the crucifixion, neither of which are terribly appropriate in an office setting.
Nota bene: un paio di giorni dopo il nostro articolo sul tema... telepatia?
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