giovedì 1 settembre 2011

Spritz Debate: Vale la pena di andare all'università? (e la Teoria dei Maiali)

Ma vale la pena di svenarsi per far studiare a lungo i nostri figli? Questo penseranno molti genitori quando i loro figli raggiungono l'ultimo anno alle scuole superiori. Forse questa domanda iniziano già a porsela molto prima, quando cominciano le superiori puntando su un'istruzione tecnica o sui licei.

Il nocciolo del problema è la precarietà del futuro dei neo laureati (sia con laurea triennale che quinquennale); precarietà dei contratti di lavoro che impediscono di fatto la programmazione di un futuro nella sfera personale con mutuo, matrimonio, figli che le basi per una carriera professionale adeguata agli sforzi di studio fatti. Non è raro che i laureati guadagnino meno di un artigiano se non anche meno di un operaio magari neppure tanto specializzato. Una storia emblematica è raccontata dal Corriere della Sera in Se investire negli studi dei figli diventa un sacrificio (a volte) inutile ma ce ne sono molte che anche a Morsano si potrebbero raccogliere.

Sta di fatto che mentre un tempo (anni Cinquanta-Sessanta) nei paesi c'erano due o tre laureati, di solito il farmacista, l'avvocato e il professore e generalmente erano figli delle famiglie facoltose del paese con molti agganci professionali e in società, oggi di laureati ce ne sono a decine (ad esempio di Morsanesi con una laurea ce ne sono 40 senza contare gli attuali studenti universitari) e molti sono i primi laureati in famiglia senza agganci professionali di sorta. Senza neppure la "forma mentis" di una professione (che di solito deriva dal babbo o dalla mamma che parlano in famiglia della loro professione e ti fanno capire tante cose che altrimenti non capiresti - e magari ti fanno intuire che quel lavoro lì non fa per te).

Così l'odierno laureato di paese si trova a dover affrontare:
  • l'incognita professionale dell'aver scelto qualcosa che magari alla lunga non gli piace
  • una concorrenza spietata da parte dei suoi coetanei laureati che ormai sono a migliaia
  • il mercato che premia il lavoro manuale, sempre più in mano agli immigrati, e condanna il lavoro intellettuale dove ormai i margini per i nuovi arrivati sono ridotti
  • gli ordini professionali che spesso (tanto per essere diplomatici) proteggono con i denti i professionisti ben avviati a scapito di chi nella professione deve entrarci
  • l'incognita dei nuovi corsi di laurea: sono utili o sono una cazzata pazzesca che qualche accademico fuori dal mondo reale ha inventato e che alle università servono per spillare soldi alle matricole ma cui il mondo del lavoro risponde con una pernacchia?
  • l'incognita dei master: quale scegliere? Sarà utile o mi fregano solo soldi.
  • Dedicare 5 anni allo studio comporta 5 anni di perdita di stipendio e costi di vitto, trasporto, alloggio e libri. Se poi il lavoro non ci sarà, fino a quanti anni si rimarrà a carico di genitori sempre più vecj e rompipalle?
  • Scegliere quello che piace o quello che serve al mercato del lavoro? E cosa serve al mercato del lavoro?
  • Pensare al mercato del lavoro attorno a Morsano o il Mondo è il mio laboratorio?
  • Quale università scegliere? Quella vicino casa per minimizzare i costi o quella prestigiosa fuori regione?
e così via.

I tempi dello studio per amore della cultura sono finiti sotto la mannaia dei costi. Idealmente se vuoi studiare qualcosa che al mercato del lavoro non interessa, studialo da te mentre lavori. Conosciamo ad esempio una giovane signora che si è laureata studiando part-time Storia Medievale. Mataran, ad esempio, adesso che è zoppo e non può più calcare l'erba di San Siro, potrebbe iscriversi a scienze politiche e studiare nel tempo libero.

Così il modello di studio si evolve. Resta il punto dolente dei giovani che da un lato hanno una concorrenza massiccia dei loro coetanei e dall'altro i paesi emergenti (India, Cina in primis) che sfornano fior fiore di ingegneri e matematici che sul mercato globale sono estremamente concorrenziali.

Indovinello: quale dei due pezzi di carta serve di più?
In ultima istanza c'è il futuro aumento dei costi d'iscrizione all'università. In Gran Bretagna, paese dove possiamo certificare che quello che dicono fanno*, le tasse universitarie sono passate da 3.000£ all'anno a 9.000£ (circa 10.000 €). In Italia, le tasse universitarie non verranno mai aumentate e di prestiti d'onore non se ne parlerà mai per cui il benestante andrà nelle università più quotate mentre il meno abbiente si illuderà di avere una laurea che conti, anche se l'ha presa a costi ridotti nell'università più vicina a casa sua. Di fatto, quello che probabilmente succederà è che le lauree in università migliori (alcune delle quali private) continueranno ad essere le più richieste dal mondo del lavoro mentre quelle di provincia si arrangeranno con corsi inutili e solo una o due facoltà di punta (per una possibile soluzione al problema vedi "Università, la ricetta all' inglese"). Starà quindi alla matricola scegliere l'università giusta (che aimè spesso non è quella sottocasa), la facoltà giusta e soprattutto il corso di laurea giusto. Si, perchè una laurea in economia aziendale è richiesta dal mercato mentre una laurea in economia con indirizzo marketing è più facile ma il mercato la richiede molto meno. Ma, se ci si limita al titolo di studio formale... sempre laurea in economia è.

C'è poi il nodo master. Molti sono delle macchine mangia soldi, molti altri sono degli utili veicoli per entrare nei lavori che contano. Però anche qui, il pullulare di corsi e corsetti ha svalutato il valore aggiunto che si otteneva facendo un master e a conti fatti una laurea di serie A conta sempre più di un master di serie B. Attenzione poi che spendere 50.000 euro per un master vale la pena solo se il lavoro lo si cerca fuori regione. Ci dicono che alcuni selezionatori di grandi aziende del Triveneto, se vedono sul CV che c'hai un MBA, ti escludono subito (perchè sanno che le tue aspettative professionali non possono essere soddisfatte in aziende relativamente piccole).

Si aggiunge poi la sfumatura dovuta all'immigrazione. Non è un segreto che il titolo di studio per certi gruppi etinici è il riscatto sociale più ambito per i figli. Dovrebbe far riflettere che, ad esempio, in Inghilterra un terzo dei medici di base sono di etnia indiana (uno su tre!). Immigrati cinesi ed indiani c'è da immaginare che avranno dei figli bravissimi a scuola e che sgobberanno il doppio per arrivare a traguardi che ormai non stimolano più le nostre panze piene da mase pasuz.

Come disse Checco Zalone, siamo in Italia, non conta quello che conosci ma chi conosci.

...di questo s'è parlato in bar e la discussione continua

PS la teoria dei maiali. E' una teoria economica secondo la quale, se un mercato paga molto i salami, è logico che contestualmente ci sarà un'impennata nell'allevamento di maiali per poter produrre i salami. Tuttavia, se tutti comprano maiali per allevarli, il tempo passa e quando saranno grassi e sarà ora di macellarli per produrre salami, si avranno così tanti salami sul mercato che il loro prezzo andrà giù e tutti i produttori di maiali c'avranno perso. Così se i laureati guadagnavano molto negli anni che furono ma se ora tutti vanno all'università, per forza di cose il mercato non potrà più pagare i laureati tanto quanto pagava prima. Alla fine a perderci sono sempre i salami.

*(tipo borbottano sulle direttive europee ma poi le implementano entro i tempi prestabiliti mentre altri paesi si riempiono la bocca di Europa, Europa e poi sono i peggiori quanto a infrazioni nell'addozione delle direttive)

24 commenti:

Anonimo ha detto...

le lauree in ingegneria come quelle in medicina sono fra le poche che danno maggiori garanzie lavorative... poi ovviamente dipente da te saperle sfruttare al meglio. Se stai tutto il giorno chiuso in casa a contarti i peli delle ascelle ovvio che non troverai mai lavoro

Anonimo ha detto...

posso dirti solo che una laurea triennale e' dannosa. le ditte preferiscono un diplomato perche' e' piu' fresco di laboratorio e non chiede soldi come un laureato da 5 anni

Anonimo ha detto...

sono all'università: Tecniche artistiche e dello spettacolo
Faccio siti web per gli amici
Faccio grafica
Ho avuto qualche contratto CO.CO.PRO. con i comuni come animatore di gruppo e esperto informatico...
Sto aspettando di fare un corso per principianti del pc...

Proteo ha detto...

se penso a tanti figli di imprenditori che entrano nella ditta del papi senza saper fare un beneamato, direi che la botta di culo è propedeutica

Anonimo ha detto...

la laurea molto spesso non sia garanzia delle proprie capacita' individuali e' un altro discorso. E' vero che oggi le aziende sono piu' "dinamiche" e si sono fatte piu' "furbe", e sono sempre di piu' quelle che valutano l'esperienza personale piuttosto che affidarsi ad un "pezzo di carta" che lo testimonia.

Anonimo ha detto...

la laurea molto spesso non sia garanzia delle proprie capacita' individuali e' un altro discorso. E' vero che oggi le aziende sono piu' "dinamiche" e si sono fatte piu' "furbe", e sono sempre di piu' quelle che valutano l'esperienza personale piuttosto che affidarsi ad un "pezzo di carta" che lo testimonia.

Anonimo ha detto...

Molti settori sono in un campo lavorativo dove il bagaglio di informazioni tecniche acquisite nel tempo con la pratica conta piu' dello "studio", quindi non e' impossibile poter trovare un buon lavoro (ben retribuito, ecc.) senza essere laureato, a differenza invece di altre categorie (es: puoi fare l'avvocato o il medico... senza laurea?), quindi si arriva alla naturale (ma comunque sbagliata) conclusione che la laurea in certi settori sia una delle lauree "inutili", ma lo e' "a prescindere": se sai fare bene il tuo lavoro e in piu' sei laureato, sei avvantaggiato rispetto a chi non lo e', nella ricerca di un posto. Fermo restando che per trovare lavoro bisogna sapersi "proporre" (crearsi le occasioni, conoscere piu' gente possibile, trovare il modo di far capire al tuo nuovo (eventuale) datore di lavoro che sei "bravo", e perche' no farsi raccomandare), non pensare che in ambito informatico funzioni il teorema: sono laureato ergo ho un posto di lavoro assicurato.

Anonimo ha detto...

sì, senza dubbio, e forse è anche giusto che all'università ci sia quel nozionismo di prim, credo però, che dal lato lavorativo una certificazione sia molto + formativa di un' uni.

Credo che la laurea sia solo un lasciapassare per quei posti riservati ai laureati, ma un laureato sà molto meno di uno che ha lavorato e preso certificazioni.
Ecco perchè dire che la laurea è un po' una cazzata non è una bestemmia.

Anonimo ha detto...

L'università è solo uno strumento per sistematizzare le proprie conoscenze; ancor più oggi come oggi, quando il nostro Sistema non ha il tempo di distinguere fra un professionalizzato ed un improvvisato, nella foga di distribuire falso lavoro, infruttifero e imprenditorialmente insignificante, ma soltanto finalizzato a ristretti indotti di profitto.

L'università è, insomma, un lusso superfluo sul mercato del lavoro (e comunque lo è perché il lavoro è poco o nullo).

Se hai voglia di costruire e strutturare il tuo sapere in modo da poterlo, per esempio, trasmettere più agilmente anche ai tuoi figli o semplicemente ai tuoi amici (anche quelli di questo forum), allora vai all'università. Altrimenti puoi diventare anche un Tronchetti Provera o un Emilio Fede qualunque.

Università utile o inutile? ha detto...

un domani cosa ce ne faremo di tutti qst dottori,avvocati e ingegneri?? ne sarà pieno l'intero mondo, quando invece andranno sempre più scarseggiando i lavori "umili" come il sarto,il calzolaio, il fabbro,l'idraulico, il carpentiere...

Anonimo ha detto...

io dico che un buon mestiere male non fa. E' finita l'epoca del valore legale della laurea. Perchè non lo tolgono questo valore legale?

Anonimo ha detto...

Sará un problema che verrá risolto dai costi proibitivi per i meno abbienti .

dott. ha detto...

"sono all'università: Tecniche artistiche e dello spettacolo"

Quella a Venezia? Ma esiste ancora?
Non l'hanno chiusa dopo averla lentamente smantellata e vergognosamente privata del suo significato?

Anonimo ha detto...

La stessa cosa con Scienze Internazionali e Diplomatiche a Gorizia. Era nata come l'accademia diplomatica italiana: unico corso di laurea del genere in italia, numero chiuso e gente da tutta la nazione che arrivava li. Poi si vede che sembrava troppo elitaria, ne hanno aperte un paio in giro per l'Italia e di fatto smantellato Gorizia. Ora ci studiano solo friulani e giuliani e il numero chiuso e' di fatto inesistente. Se c'e' qualcosa che tocca l'eccellenza, subito la si smantella in nome di un finto egalitarismo verso il basso. Tutti poveri uguali.

Anonimo ha detto...

"un domani cosa ce ne faremo di tutti qst dottori,avvocati e ingegneri?? ne sarà pieno l'intero mondo, quando invece andranno sempre più scarseggiando i lavori "umili" come il sarto,il calzolaio, il fabbro,l'idraulico, il carpentiere..."


Da come scrivi, sembra che le lauree siano tutte di ugual valore, cosa che non è vera per nulla.
Ma siamo sicuri che ce ne siano poi così tanti di ingegneri? Guardate qui: http://www.flcgil.it/rassegna-stampa/nazionale/laurearsi-serve-sempre-e-si-guadagna-di-piu.flc


Chi non è d'accordo proponga pure di chiudere le facoltà di ingegneria. E in seguito ci dica che cosa gli hanno risposto.

Ingegnere ha detto...

secondo me ingegnerie (tranne gestionale) funzionerà sempre. Magari guadagnerai meno di quanto si guadagnava una volta ma un lavoro lo trovi. Economia aziendale OK, medicina dipende ma in linea di principio dovrebbe andare bene. Tutto il resto è un'incognita. Resta che fino a 40 anni da laureato oggi rischi di guadagnare meno di un diplomato.

Bruno leoni ha detto...

http://uyw.tumblr.com/post/49028799186/cose-la-disoccupazione-intellettuale?goback=%2Egde_87447_member_236467269 i laureati servono? non ne abbiamo troppi?

Anonimo ha detto...

Ottimi gli articoli "morsanesi". Sento sempre che gli ingegneri lavorano, ma nessuno specifica che si tratta di lavori da 1000-1200 euro al mese. Insomma un impiegato qualsiasi. Io stesso lavoro, ma non ho un lavoro stabile. Per le statistiche sarei un libero professionista, in realtà sono precario. Tra l'altro, con una laurea, faccio un lavoro in cui è sufficiente il diploma. Aggiungo che quello che ho studiato è lontano anni luce dal mondo del lavoro e parlo di laurea in ing. informatica. A volte penso che abbiano una preparazione più pratica gli umanisti.
Giusta riflessione "l'incognita professionale dell'aver scelto qualcosa che magari alla lunga non gli piace"
"nell’arretratezza della nostra economia" è il punto. A cosa serve un laureato in Italia?

Anonimo ha detto...

Lo studio è necessario al nostro vivere e deve proseguire per tutta la nostra vita.
La laurea, cioè l' insegnamento da parte di docenti, serve per preparare alla vita ed alle relazioni sociali, naturalmente il suo valore dipende da noi e dai docenti che abbiamo conosciuto ed ascoltato; il pezzo di carta non è altro che una testimonianza a favore di terzi.
se vogliamo essere sinceri con noi stessi dobbiamo ammettere che l' abolizione del valore legale del pezzo di carta quale esso sia non potrà che agevolare l' inserimento nel mondo del lavoro e la produttività dello stesso.
sarebbe bello fare quel che piace!
cesare

Anonimo ha detto...

E' un bel modo di pensare.
Sono dubbioso anche io circa l'utilità del valore legale della laurea (perché non aprire a chiunque gli esami di stato, se 5 anni di giurisprudenza e 2 di tirocinio non sono ancora sufficienti per fare di un uomo un avvocato/notaio/magistrato ad esempio?).

Anonimo ha detto...

La laurea ancora utile se sie guarda verso estero. Faccio riferimento alla mia esperienza personale perche' dopo anni spesi a scrivere articoli di stampa utilizzando fonti di origine statistiche ora preferisco la modestia della mia autobiografia. Senza laurea specialistica con qualifiche professionale mai sarei riuscito a ricollocarmi sul mercato estero mantenedo un ruolo adeguato dopo la crisi del 2008. In Italia ho avuto buona fortuna ed i privilegi della classe agiata per molti anni ma mi sono mancati appoggi, diciamo connessioni con la oligarchia che gestisce il paese. Avendo avuto il vizio di voler lavorare per merito ho potuto solo ricevere incarichi da aziende private, quasi tutte stranier. Quando queste hanno cessato di investire in Italia son dovuto fuggire all'estero ove ho trovato ed ancora trovo chi ti considera per quello che sai fare non perche' solo se sei amico o parente di quualcuno. Certo una fatica immane, bisogna essere qualifiicati, flessibli, ostinati ma consiglio a tutti i giovani a mettere molti timbri sui loro passaporti dopo la laura. Aiuta a scoprire il mondo con le incredibili complessita' che offre....

Anonimo ha detto...

Concordo con Cesare. Studiare ed imparare è sempre utile, a prescindere dalla formalità del "pezzo di carta". Purtroppo (per loro), i miei contatti con i giovani laureati mi fanno pensare che per tanti di loro la laurea sia un punto di arrivo, e con questa in mano pretendere l'adeguato livello di lavoro e retribuzione. Non è così. Soprattutto in nei settori in cui la tecnologia progredisce ogni giorno, se non continui a studiare per mantenerti al passo con lo "stato dell'arte" pian piano ti metti fuori. Anche il lavoro è ricerca continua di nuove tecniche, nuovi mezzi, ecc. Se non hai questa mentalità, nel privato non fai strada.

Anonimo ha detto...

La mia opinione è che l'Italia si fonda su un equivoco, costruito su tanti anni di accesso indiscriminato a qualsiasi facoltà universitaria. Parliamoci chiaro: la classe egemone ha sempre perpetrato l'idea che bastasse la laurea per garantirsi il futuro. Questo andava bene perchè permetteva di mantenere la nebbia sul vero problema, e cioè che il ricambio in Italia si fonda sulla cooptazione. Non conta quanto tu sia bravo come "tecnico" (nel senso professionale e non politico) se non sei omogeneo al sistema e non ci sei già dentro per questioni di famiglia o di altro tipo. Inoltre, la laurea è solo uno strumento e non un biglietto, sta a noi riempirlo di contenuti, con un duro lavoro su noi stessi. Se non ci sono questi e non sono validi, strada se ne fa poca.

Anonimo ha detto...

Concordo con Alberto ed Arcangelo: la laurea è solo l'inizio - e non la conclusione - di un percorso di crescita. Certo è che se ogni professionista a fine carriera prendesse seriamente in considerazione l'idea di formare un giovane e non di impiegarlo come bassa manovalanza, l'auspicato ricambio per merito e non per cooptazione avverrebbe più frequentemente. Invece il baratro tra la professione e la formazione non è solo ostacolato dal mercato del lavoro (vuoi perché saturo o perché "si sa già chi deve entrare", vuoi per legittima diffidenza dall'effettiva preparazione universitaria) ma anche dalle università stesse, gelose del "potere" suoi propri studenti e restie all'accostamento delle imprese nel ruolo formativo dei laureandi. Non mancherò di sottolineare questi aspetti appena accennati nei post futuri.

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