martedì 10 agosto 2010

Soliz Sotans: Dopo tre anni le banche fanno piú soldi che mai e i Morsanesi pagano!

Sono passati tre anni da quando le piu’ grandi banche mondiali si sono scoperte con le pezze nel sedere e da quando i governi di mezzo occidente hanno dovuto salvarle con ingenti finanziamenti pubblici. Ne sono passati due da quando Lehman Brothers e’ collassata.

Naturalmente seguirono anche grandi proclami della politica internazionale “la finanza creativa verrá definitivamente messa sotto stretto controllo”, “i grandi gruppi finanziari dovranno sottostare a rigide regole e controlli da parte dell’autoritá pubblica”, “i banchieri torneranno a fare i banchieri e non gli alchimisti” e cosi’ via.

Ebbene, le nostre conoscenze nel mondo bancario internazionale ci segnalano che i bonus quest’anno non saranno ne’ piu’ e ne’ meno di quanto sia stato pagato negli anni passati... centinaia di migliaia di dollari se non diversi milioni di dollari (a testa per i dipendenti, s'intente).

Le agenzie di rating ve le ricordate? Quelle che “tutto sta andando bene e questi titoli meritano una AAA” quando invece si trattava di titoli tossici... i politici di mezzo mondo occidentale si sono riempiti la bocca con voci di “ridimensionamento, controllo e garazia”. Ebbene, le agenzie non hanno subito neppure un graffio da nessuno e sono ancora li’ a dettare ratings (o a sparare cagate, che dir si voglia).

L’ironia e’ che tutti quelli che hanno dato la colpa al vorace sistema finanziario Anglo-Sassone (suona bene con accento sarkosiano “Les Anglo-Saxons”) o i gaudenti del fatto che “le loro banche non parlavano inglese” si sono ritrovati con le proprie istituzioni private (es. le banche tedesche) o pubbliche (es. le amministrazioni pubbliche italiane ed ironia della sorte anche il comune della capitale finanziaria italiana, Milano) impelagate con i frutti marci della finanza creativa. Per inciso, non tutti i frutti di questa finanza sono marci pero'...

Cosi’ miliardi di assetti tossici sono finiti ad impilarsi sul debito pubblico di diverse nazioni e si sono trasformati in un peso indistintamente per tutti i cittadini. Cittadini che pagano le conseguenze attraverso un’aumentata disoccupazione (indiretto effetto della crisi finanziaria), maggiore tassazione e servizi pubblici peggiorati per la ridotta spesa pubblica.

Anche la reazione istintiva (isterica?) dei governi del ridurre immediatamente il loro deficit ha molti elementi d’azzardo, considerando che ridurre il deficit in piena crisi economica potrebbe, paradossalmente, esacerbare e prolungare la crisi. E anche qui a pagarne le conseguenze sarebbe il popolo e non i banchieri.

C’hanno fatto gli “stress tests” alle banche ma si sa che erano degli esercizi dalla valenza limitata considerando che le ragioni di instabilitá a livello di sistema finanziario globale permangono. Senza entrare nel merito, il grosso problema che nessuno sembra evidenziare, e’ che la politica queste questioni di finanza, piu' o meno creativa, non le capisce (secondo voi quanto difficile e’ stato vendere prodotti derivati ad alto rischio ai grandi comuni ed alle province italiane che ora sono li a piangere?).

I mercati finanziari internazionali corrono come Usain Bolt mentre chi dovrebbe regolarli cammina (e pure zoppicando). E quando riescono a correre, visto che la Grande Finanza e’ un affaire internazionale, non riescono a mettersi d’accordo tra politici di diverse nazioni su come regolarla o controllarla.

Cosi’, dopo tre anni, chi paga le conseguenze (ed i bonus dei banchieri) siamo sempre noi... i soliz sotans!

Amen.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Giuliano Ferrara , che se ne intende, disse (cito a memoria): "Se in Italia vuoi fare politica devi essere ricattabile perché nell'ambiente politico devono sapere qual è il tuo prezzo e quant'è lungo il guinzaglio. Se non sei ricattabile, non sei controllabile e quindi non ti vogliono". Premesso che il Foglio, Ferrara se lo dovrebbe pagare di tasca sua e non farlo pagare ai contribuenti, sono d'accordo con lui. Sono così d'accordo che i neo extravergini, a sinistra come a destra, da Chiamparino a Fini, a tutti coloro che fanno i politici dalla più tenera età mi hanno sempre insospettito: "Lo fanno per noi, per loro o per forza maggiore?". Negli anni '60 si diceva di non credere a nessuno sopra i 30 anni ("Don't trust anyone over thirty") in Italia non bisogna credere a nessun politico di professione, di solito i 30 anni li ha passati da un pezzo, all'anagrafe, ma soprattutto in politica, e se è ancora lì una ragione ci sarà.

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