mercoledì 12 ottobre 2011

Ricette di rilancio economico per l'Italia: se la pillole amare tutti sanno dove sono ma nessuno le vuole dare al paziente

“Tutti noi sappiamo cosa fare, ma non sappiamo come poter essere rieletti dopo averlo fatto!” Non lo disse Machiavelli ma il primo ministro del Lussemburgo e presidente dell'Euro-gruppo, Jean-Claude Juncker, nel 2007.

Si riferiva ai problemi strutturali dell'Europa economica di fronte ad una crisi che stava montando dagli USA e che poi arrivò nel Vecchio Continente con le conseguenza che ancora oggi stiamo vivendo.

L'Italia è stata "downgradata" da un paio di agenzie di rating internazionali e per capire le ragioni ci basta una frase rilasciata al Financial Times del 5 settembre 2011 ("Doubts remain over Berlusconi’s will to reform") dall'agenzia di rating Standard & Poor's (poi seguita dai downgrading di Moody’s e Fitch).


“Even under pressure, Italian political institutions, incumbent monopolies, public sector workers, and public- and private sector unions impede the government’s ability to respond decisively to challenging economic conditions,” the US rating agency commented".

Tradotto in soldoni: "Neppure sotto pressione per la crisi economica, le istituzioni politiche, i monopoli, i dipendenti statali e i sindacati del pubblico impiego e dell'impiego privato, accettano di attenuare le proprie richieste per non ostacolare l'abilità del governo di rispondere alla crisi in maniera decisiva". Poi pure il governo si prende le sue legnate quando, nello stesso articolo, l'agenzia critica lo stop alle riforme delle professioni imposto dalla lobby bi-partisan degli avvocati parlamentari e lo stop alla riforma delle pensioni imposto dalla Lega Nord, partito di governo.

Ora, la domanda che ci si pone spesso in osteria è quali sono le misure che "tutti sanno che sono da fare" per risolvere questi problemi strutturali e ripartire con la crescita?

Il problema è particolarmente importante per l'Italia che sta percorrendo oltre 10 anni di bassissima crescita, tecnicamente, la più bassa al mondo assieme a quella del Giappone (e ricordiamo che ci sono 200 nazioni nel mondo...), tanto che per il Giappone gli economisti parlano di "lost decade", ovvero di "decade persa".

Per rispondere alla nostra domanda, abbiamo chiesto ai nostri servizi secreti di darci qualche input.

Si parte con la Confindustria che, a detta delle nostre fonti dirette, nel "Progetto delle imprese per l'Italia", individua in cinque punti le richieste al governo per stimolare la crescita. Essenzialmente la priorità va alla riforma fiscale seguita da investimenti in infrastrutture, privatizzazioni, liberalizzazioni, riforma delle pensioni, e, ultimamente, anche un'apertura per la patrimoniale come misura emergenziale.

Passiamo poi dall'altra parte a 180° gradi, la CGIL. Ci dicono i ben informati che s'è discusso della cosa anche ad un convegno organizzato il mese di luglio dal titolo "Riforme contro Stagnazione" in cui la relazione introduttiva di Danilo Barbi getta una luce sulle possibili vie d'uscita dalla crisi. La spesa sociale assume centralità ed il welfare è visto come il motore di sviluppo per incentivare i consumi e creare lavoro al di fuori delle insidie della disoccupazione tecnologica e della concorrenza internazionale.

Abbiamo spedito un inviato (in incognito) anche a Londra dove due settimane fa tre professori della LUISS durante una colazione al Business Club Italia, hanno offerto la loro visione sulla crisi economica italiana e sulle possibili vie d'uscita. "Taglio al cuneo fiscale e contratti d'inserimento" dice il prof. Reichlin, e "Privatizzare i servizi e cambiare le regole" dice il porf. Gian Maria Gros-Pietro. E visto che ci siamo aggiungiamo anche il noto prof. Tito Boeri che sostiene "Meno cariche elettive e più giovani occupati".
 
 
La tavola riassuntiva qui sopra fa una sintesi delle posizioni discusse. Di certo si capisce che le leve di intervento tutti sanno quali sono, indipendentemente dalle ideologie, ma nessuno sembra volere metterci mano per le note ragioni riassunte così bene dalla famosa frase di Juncker...
 
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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Che il nostro Paese, la cui crescita è da tanti anni così stentata, abbia bisogno di riforme liberali, è cosa in certa misura riconosciuta sia a sinistra sia a destra. Chi non ricorda le «lenzuolate» di Bersani ai tempi del governo di centrosinistra?

Anonimo ha detto...

Riforme da fare sono:
- flessibilità del mercato del lavoro per scongiurare la precarietà dei giovani e inamovibilità degli anziani
- riduzione delle tasse
- lotta all'evasione fiscale
- riduzione della spesa pubblica in primis quella della politica
- fondi per la ricerca

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