giovedì 31 marzo 2011

Spritz Debate: Della Difesa… dell’Orchestra di Udine

Questo post era stato preparato a dicembre ma poi non è mai uscito. Lo si ripropone ora che è saltato fuori per caso. Va anche bene visti i climi di guerra (nonostante l'assenza di bandiere della pace)

Pancia piena, facce gonfie, cirture allentate e flatulenza. Nel pieno del periodo festivo, gli effetti di intense attività filosofico-alimentari si vendono anche nel tenore dei dibattiti al bar. Questa volta sul tavolo, pardon, sul bancone della discussione ci sono due articoli che troneggiano sui giornali, l’uno nella pagina della cronaca nazionale “Finmeccanica e Fondi neri” e l’altro nella cronara regionale “Orchestra di Udine a Piedi”.

Un po’ come la “guerra delle banane” (il nome fa ridere ma fu una cosa serissima: significò la lotta commerciale in seno al WTO tra gli USA che favorivano le produzioni in America Latina e l’Europa che favoriva le ex colonie caraibiche), la battaglia tra spese militari e spese per la cultura dividono l’opinione pubblica paesana sulle consuete barricate del muro contro muro dove, chi vota a destra deve per forza essere un guerrafondaio e chi vota a sinistra, deve per forza essere un cultore di letteratura assiro-babilonese.

Bisogna accordarsi per suonare una bella musica
La cronaca ci racconta dell’accusa di corruzione e costituzione di fondi neri, in seno alle attività di Finmeccanica, un’azienda del settore Difesa (degli armamenti, per capirci) e della crisi di fondi dell’orchestra di Udine. Facile quindi che il dibattito diventi subito… tagliamo alla Difesa e diamo alla Cultura!

Come disse una volta il pres. Cossiga, l’on. Massimo D’Alema è stato l’unico presidente del consiglio dell’Italia Repubblicana ad aver vinto una guerra (la guerra del Kosovo) e diversi armamenti utilizzati in quel frangente erano forniti dal fiore all’occhiello della tecnologia militare italiana, Finmeccanica appunto. Tra l'altro alle missioni parteciparono anche attuali piloti delle Frecce Tricolori (com'è nel loro mestiere d'altronde). Quindi le spese per la Difesa sono essenziali per garantire la pace e per partecipare con pari capacità operative nelle operazioni su scenari internazionali.

Inoltre, c'è il discorso posti di lavoro che la Difesa porta dietro con se. Se consideriamo "grande" la FIAT, che in Italia ha 50.000 dipendenti, ebbene, Finmeccanica non è molto da meno perchè in Italia, di dipendenti ne ha ben 43.000 (oltre ad altri 27.000 all’estero). Non è una datore di lavoro che si puó ignorare a cuor leggero, tanto che all'assemblea aziendale dei 2.000 manager di Finmeccanica a Caselle Torinese del 29 Novembre 2010, sul palco hanno preso la parola Roberto Cota (presidente della regione Piemonte – Lega Nord), Guido Crosetto (sott. Alla Difesa, PdL) e Sergio Chiamparino (Sindaco di Torino – PD). Caso vuole che l’assemblaggio del caccia-bombardiere Jsf-F35 è in programma negli stabilimenti del Piemonte (Panorama: il silenzio è d’oro? No di titanio).

Naturalmente, quando si parla di “Difesa” non si parla esclusivamente di Finmeccanica peró in Italia, si parla “soprattutto” di Finmeccanica. Tagliare alla Difesa sarebbe anche un problema di natura internazionale perché, per i parametri NATO, il rapporto tra spese militari e Pil deve perentoriamente rimanere sopra l’1,7%, livello che costituisce la soglia minima richiesta dalla NATO ai suoi membri. Caso vuole che l’Italia al momento sia all’1.8% (la Gran Bretagna anche dopo i recenti tagli draconiani rimarrà ben al di sopra del 2% cosí pure la Francia, mentre gli USA del premio Nobel per la pace Obama, sono ben oltre il 4%).

Ad ogni buon conto, la Difesa non è certo immune da tagli: le nostre fonti (un caporale qui, un caporale là) ci raccontano di tagli sostanziali nelle caserme e di tante cosette che li’ non si fanno piú per esigenze di bilancio. Peró se ve le raccontassimo poi dovremmo “annichilirvi” (come si dice in gergo) perché sono segreti di stato…

Passiamo alla Cultura. In Gran Bretagna praticamente tutti i teatri sono privati e gestiti in modo aziendalistico (pensate ai musical
Il suono della tuba sembra quello di un bombardiere B52
ripetuti nel West End londinese ogni sera per 5-6 anni consecutivi per massimizzare sulle economie di scala) dove la parola “utili” non è una bestemmia. In Italia invece, i teatri sono quasi tutti pubblici ed in molti casi, gestiti a prescindere dalla “resa economica”.

Le dichiarazioni dell’Assessore alla Cultura del FVG, De Anna, che aveva espresso nel dicembre 2010 la volontà della regione di uscire dalla gestione del teatro di Udine (Udine: la Regione lascia la Fondazione del teatro Giovanni da Udine), avevano fatto scalpore. Poi la questione è rientrata e molti ipotizzano ci fossero dietro diatribe che non riguardassero necessariamente i costi della partecipazione regionale nella Fondazione, però resta che allìepoca il punto dolente era proprio il discorso "costi" (che significa anche che l'esibizioni teatrali e musicali, così come concepite e gestite, non fanno pareggiare i conti, tantomeno fanno utili).

Molti ritengono che la Cultura, per sua natura, non può fare utili e quindi o si riceve sussidi o muore tutto. Ad esempio, di visioni molto dibattute sono oggetto l’orchestra del Friuli Venezia Giulia e le orchestre in genere, dove il precariato dei suonatori e l’incertezza per il futuro sono una triste realtà e causano l'abbandono di carriere musicali (o l'emigrazione verso orchestre all'estero).

Cosí, in bar, i banconieri si sono divisi tra i difensori… della Difesa come volano di occupazione industriale ed innovazione cui non si deve togliere investimenti con buona pace della Cultura che non genera utili, i paladini della Cultura che taglierebbero volentieri le spese per gli armamenti per questioni ideologiche ed i cerchiobottisti che sostengono che la cultura è il fulcro del valore aggiunto dell’Italia che non puó prescindere dai contributi statali almeno quanto l’industria dei caccia bombardieri non puó prescindere dalle commesse pubbliche.

…e il bombardamento di opinioni continua mosso andante e un po' sincopato

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