sabato 16 luglio 2011

Fallire: un incidente economico non sociale

Tempo fa, in un infelice volantino si faceva riferimento ad un "fallimento". Si trattava del fallimento di un'azienda. Lo si faceva nella tipica accezione friulana (e italiana): se la tua azienda fallisce sei marchiato a vita, un po' come gli eretici erano marchiati a fuoco nei tempi che furono.

Perche' in Friuli, se un imprenditore fallisce cade nel girone degli appestati? Di certo i sociologi avranno studiato il fenomeno in un modo o nell'altro. Generalmente nel fare impresa dalle nostre parti tutto e' scusato e spesso concesso, dall'evasione fiscale parziale (non quella totale) alla piccola corruzione e magari pure le relative condanne se ti pizzicano. Ma fallire no! Quello non e' concesso. Tanto forte é lo stigma del fallimento che molti non lo sopportano (nel 2010 nel Nordest ci sono stati più di 20 i suicidi crisi-correlati).

Se l'economia va giu', se fai scelte sbagliate o piu' semplicemente, se sei bravo come imprenditore ma se i clienti non ti pagano (e spesso e' la pubblica amministrazione a non pagare in tempo) e le banche, che tanto amano le garanzie collaterali, non ti fanno credito perche' "non siamo mica dei venture capitalist noi", il passo verso il baratro finanziario e' una possibilita'.

Fallire e' un fatto della vita economica di un'impresa e di un imprenditore e in un paese come l'Italia dove di partite IVA ce ne sono 5 milioni (sebbene, pare 2 milioni siano inattive), e quindi esiste un autonomo o imprenditore ogni 12 abitanti, che a molti possa andare storta, dovrebbe essere un fatto accettato senza troppe connotazioni sociali.

Invece no. Se un'impresa fallisce, anche a distanza di decenni l'imprenditore si porta dietro il marchio sociale di "fallito".

Diceva Henry Ford che "Failure is simply the opportunity to begin again, this time more intelligently" ovvero, fallire é semplicemente l'opportunita' di iniziare ancora ma in modo piu' intelligente.

In America ci credono a quello che disse Ford e "fallire" é un fatto della vita economica pianamente accettato. Si fallisce? Pazienza, dopo il Chapter 11 (la legge che disciplina i fallimenti pilotati), si ripartira'. Tanto importante é la disciplina virtuosa del fallimento d'impresa negli US, che pure i centri d'opinione europei lo studiano (Bankruptcy and a Fresh Start: Stigma on Failure and Legal Consequences of Bankruptcy, United States Report, Prepared by White; Case LLP)

Cosi', secondo il Libro Verde dell'imprenditorialità in Europa: L'attività imprenditoriale dipende dall'atteggiamento positivo della società nei confronti degli imprenditori. Bisognerebbe valorizzare il successo imprenditoriale e ridurre lo stigma sociale del fallimento.

Se si applicasse lo stesso bastone sociale che condanna i "falliti economici" ai ragazzoni che a 30 anni ancora vivono con mammina e papino, allora si, che i veri "falliti" verrebbero marchiati e si stimolerebbe il tanto agognato cambiamento nella societa' stantia che ci circonda.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

si, é vero, chi fallisce subisce una forte pressione emotiva dovuta a almeno 2 fattori: l'orgoglio nostrano che nn ammette seconde chance, e lo spettegolare paesano che si accanisce calunniando sempre su chi già ha problemi. faccio un altra constatazione: spesso le aziende falliscono, ma il patrimonio personale dell'imprenditore é sempre salvo (quando tira una brutta aria si comincia ad intestare case e beni alla moglie, ai figli........).

Anonimo ha detto...

le aziende hanno personalità a se stante. OK, ci sono le società di persone ma il fulcro del vivere capitalistico sono le società di capitali. Come tali, a chi sono intestati i beni dell'imprenditore non fa testo. Le regole per la tutela dei creditori sono una cosa, il fallimento di un'impresa e' un altro.

Morsan....Bulos...Bulos ha detto...

Ieri sera si è svolta la fase finale del torneo dei borghi di calcio.L'epilogo ha visto vincitori i rappresentanti del borgo "Place dal Ai". Vorrei fare un complimento agli organizzatori e a tutti quelli che a vario titolo hanno contribuito alla buona riuscita della manifestazione sportiva. In questa sede (dibattito morsanese)tutta morsanica faccio un particolare applauso alle squadre morsanesi che si sono distinte con l'approdo ad una finale (senza ricambi e con alcuni acciaccati in campo) una semifinale e con una perentoria vittoria della compagine femminile!Peccato per quel coro "chi non salta un morsanese è" cantato a fine partita dai vincitori che sancisce la regolarità del torneo ( i rappresentanti della squadra erano sicuramente tutti di Castions)ma che dimostra purtroppo una scarsa cultura dello sport anche in alcuni (spero pochi) giovani castionesi. Forse l'alettante premio in palio per il vincitore(girava voce che il premio per la vittoria finale fosse un iPAD integrato per trattore) ha fatto perdere il senso della manifestazione ai vincitori,facendo rischiare brutte figure ai poveri organizzatori!Fuarce Morsan

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