Sergio Romano: le tecnologie cambiano non solo le persone ma anche le societá in maniera dirompente. Oppure: "Piazza Tienanmen" era l'unica cosa che poteva accadere.
Di titoli per il nostro post sull'incontro-dibattito di oggi, domenica 30 maggio 2010 delle ore 11.00, con l'ex ambasciatore e commentatore del Corriere della Sera Sergio Romano potevano essere diversi. Tuttavia, l'importante é che Dibattito Morsanese ci fosse e che questo post uscisse a sola un'ora dalla fine dell'incontro. Di certo leggerete sui giornali di ...domani, quello di cui l'ex ambasciatore ha discusso e siamo certi vi fará piacere rivivere i tratti di una chiaccherata degna delle migliori tradizioni di Chatham House.
Organizzato dal Circolo Eureka e dalla provincia di Pordenone, l’incontro ha avuto luogo alle 11 di questa mattina a Palazzo Ragazzoni Flangini Biglia nella bellissima Sacile nell’ambito del ciclo di conferenze denominato “PordenonePensa”. Moderava il prof. Stefano Pilotto dell’universitá di Trieste.
Il tema dell’incontro "DAL MURO AL CRAC: VENT’ANNI DI RELAZIONI EURO-AMERICANE" ha voluto esplorare la connessione tra la crisi economica e la caduta delle idelogie. In apertura, Sergio Romano ha gettato le basi per la sua teoria secondo la quale, la crisi economica e politica che si vive oggi in molte parti del mondo, è figlia della caduta delle ideologie registratasi negli Anni Novanta. Negli Anni Novanta, l’ondata di cambiamento forzata dal crollo dell’URSS si fondó sull’assunto che due forze avrebbero vinto su ogni altra cosa cambiando per sempre il mondo. Queste due forze furono, in politica la democrazia ed in economia l’approcio liberale.
Questa tesi fu confermata dal comportamento della ex-URSS dove cambió il sistema politico e sociale cosi’ radicalmente che si passó da un’economia pianificata al liberismo più sfrenato dal giorno alla notte e dal partito unico alla democrazia con tutti i suoi difetti esacerbati dai meccanismi sociali ancora immaturi ed imperfetti.
Non c’era nulla da fare: o privatizzare o perire. Questo era il dilemma di fronte alla classe dirigente dell’epoca. Tanto che se si chiedeva al Fondo Monetario Internazionale (FMI) un aiuto, l’unico imperativo era quello di liberalizzare, privatizzare e seguire pedissequamente i dettami che l’FMI imponeva.
Democrazia e liberalitá economica erano le caratteristiche indissolubili della nuova visione del mondo civile. Questa visione raggiuse il proprio apice nel 2000 con l’elezione di George W Bush a presidente degli USA il quale era fermamente convinto che il mondo sarebbe stato democratico perchè "la democrazia è dono di Dio".
Questa convinzione va in crisi con la guerra dell’Iraq.
Gli USA scendono in campo per difendere la democrazia, quindi il punto di arrivo sono le elezioni, libere e aperte a tutti. Qui iniziano i problemi; infatti, le elezioni danno due tipologie di risultati inaspettati:
- Dove si vota liberamente vincono gli estremisti. Il caso emblematico è l’Egitto di Mubarak dove il partito fondamentalista islamico “fratellanza mussulmana” viene ammesso al voto non ovunque ma in segno di apertura, in 126 seggi. Ebbene, ne vince 88!
- In moltissimi altri scenari le elezioni furono contestate dando inizio a lotte di potere e rischi di guerra civile (es. Russia, Ukraina, Bielorussia, Georgia, Afghanistan, Iran, Algeria, Iraq, Turkmenistan).
In fin dei conti, solo i paesi che giá erano democratici, continuano ad avere delle elezioni democratiche con risvolti positivi e non controversi.
Sul piano del mercato, quello che succede è la formazione delle oligarchie che saccheggiano le economie nazionali tra il 1992 ed il 1995 – in Russia in soli otto oligarchi si accaparrano tutte le industrie strategiche. Poi, per proteggere il denaro, gli oligarchi, fondano banche, mirano al controllo dei media e quindi entrano in politica. Ad esempio, l’ukraina Julija Tymošenko era un'oligarga prima di entrare in politica. In altre regioni, anche la Thailandia vede il suo primo ministro esiliato da un colpo di stato.
Continuando sul piano dell’analisi della situazione geo-politica di inizio Anni Novanta, Sergio Romano puntualizza su come la dottrina comunista, sebbene fallimentare e sbagliata, fosse la dottrina di riferimento di milioni di persone. Fu un errore sradicare questa dottrina di riferimento dall’oggi al domani. Il cambiamento avrebbe dovuto essere più graduale. Per inciso, questa puntualizzazione arriva in risposta ad una nostra domanda che chiedeva se alla democrazia liberale all’epoca esistesse realmente un'alternativa. In effetti non esisteva ma ci sarebbe voluta gradualitá nel cambiamento.
Le nazioni dell’ex patto di Varsavia erano molto deboli strutturalmente, anche perchè come nazioni, non erano mai state realmente indipendenti nella loro storia (ad esempio la Polonia, la Jugoslavia e la Cecoslovachia, prima dell’URSS avevano comunque fatto parte dell’impero Austro-Ungarico fermo restando brevi parentesi tra le due guerre). C’era poi il discorso dei confini nazionali con, ad esempio, la Romania che ospita una forte minoranza ungherese e la stessa ungheria che puó affermare con cognizione che ci sono più ungheresi fuori dai suoi confini nazionali che dentro, grazie alle divisioni “sulla carta” dell’ex impero Asburgico fatte a Versailles nel 1919.
In questo scenario, l’Unione Europea s’è dimostrata un buon modello di coesione e convivenza. Qui peró c’è un appunto da muovere all’UE. Era doveroso aiutare le nazioni dell’est peró non è necessariamente vero che questo aiuto doveva estendersi fino a farle diventare membri dell’Unione Europea in quanto non ne avevano i requisiti fondamentali e le disparitá con l’Occidente erano ancora enormi.
Si è poi arrivati a casi paradossali in cui i paesi dell’Est si sono allineati sul piano politico-economico con l’Unione Europea ma sul piano della sicurezza fanno riferimento agli Stati Uniti. Il caso emblematico è l’affaire dei missibili USA in Polonia. Quindi un piede dentro ed uno fuori la sfera europea.
Qui chiediamo chiarificazioni. Facciamo notare che Aviano è dietro l’angolo per cui il discorso varrebbe anche per noi o per tutte le nazioni UE che ospitano basi americane o che sono allineate con gli USA sul piano della difesa (ovvero tutte). Da buon ambasciatore Sergio Romano dá delle linee pragmatiche alla questione: lo status quo è lo status quo e anche la Russia ormai lo ha accettato. Ampliare la base di Vicenza o installare missili in Polonia sono fatti nuovi che alternano lo status quo. Questa alterazione sarebbe stata da evitare.
Spostando la bussola su altre geografie, Sergio Romano volge lo sguardo alla Cina. La Cina ha una cultura millenaria ed i cinesi sanno benissimo che ogni cambiamento economico crea una polarizzazione della societá tra nuovi ricchi o ricchissimi e poveri o poverissimi. Indipendentemente da quello che gli indicatori economici dicono della crescita cinese, il problema è la massa di poveri che ancora caraterizza il paese. Uno sconquasso sociale pari a quello della ex URSS sarebbe deleterio per tutto il sistema mondiale perchè qui si parla di un miliardo di persone granparte delle quali ancora poverissime. Se avessero piena libertá di muoversi, votare ed andare all’estero, le conseguenze sarebbero innimaginabili sia per la stabilitá della Cina come nazione (vedi cosa discusso in precedenza per le nazioni ex URSS) sia per la stabilitá dell’economia mondiale. In questa prospettiva...spiace dirlo ma Tienanmen fu la soluzione giusta in quel contesto: ha evitato che il paese cadesse nell’abisso del caos e potenzialmente in una devastante guerra civile.
La Cina ha garantito a se stessa la stabilitá senza fare troppa leva sul suo potere internazionale e questo è un fatto interessante e comunque positivo. Resta che la Cina è il maggiore creditore degli USA. A nessun altro paese è permesso quello che è permesso agli USA in termini di indebitamento. Qui la potenza militare e le dimensioni evidentemente aiutano come aiutano le buone relazioni con una Cina tuto sommato accondiscendente.
Parlando della crisi poi, il cerchio si chiude con gli USA in particolare che hanno permesso che i mercati finanziari scrivessero le loro regole, insomma che chi gestiva l’economia internazionale si autogestisse fuori dal controllo del potere politico. Questo processo inizió con l’amministrazione Clinton per poi continuare con Bush figlio. Solo ora, Obama riconosce questo errore.
Qualcuno ha poi chiesto un’opinione sulla crisi greca e su come, mentre la Germania sia stata restia, l’Italia fu tra i primi ad offrire sostegno ad Atene. Acuta la risposta di Romano “quando non si hanno soldi da dare si è sempre generosi!”
Uno dei problemi dell’europa e del progetto europeo è che ora al governo degli stati UE non c’è più la generazione che quantomeno aveva visto la guerra in prima persona (Giulio Andreotti, Helmut Kohl e François Mitterrand furono gli ultimi leader nazionali ad aver vissuto la Seconda Guerra Mondiale sulla loro pelle) per cui la più grande motivazione per tenere uniti sotto un progetto comune gli Stati Europei, ovvero, evitare i conflitti, ha perso di enfasi. Senza contare che i paesi fondatori dell’UE erano tutti paesi sconfitti e quindi avevano una forza in più per stare uniti da ricercarsi nel desiderio di riscatto nazionale e crescita. Questo creava una maggiore coesione. Giá con l’entrata della Spagna (che spesso si comporta come se avesse ancora un’impero!) le motivazioni mutarono.
Poi l’Europa si è allargata troppo in fretta e la globalizzazione c’ha messo lo zampino per cambiare le regole del gioco ed i rapporti tra stati. Alcuni strati sociali si sono trovati spiazzati di fronte alla competitivitá degli stati emergenti. Qui le tecnologie hanno giocato un ruolo fondamentale nel cambiare la societá. Le innovazioni tecnologiche hanno il potere di cambiare la societá radicalmente e dall'oggi al domani. Con le innovazioni dell’ICT, a 50 anni ci si puó trovare facilmete spiazzati nel mondo del lavoro e mentre nessuno ricopre più le mansioni più basse (facchino, portiere, domestico, spazzino etc.), arrivano gli immigrati che si adattano ed accettano quelle mansioni. Cosi’ si hanno giovani che seguono l’innovazione ed i mestieri emergenti, immigrati che coprono le esigenze delle mansioni di base ed una fascia di popolazione che invece si ritrova spaesata. In questo contesto i più deboli, gli immigrati, si prendono tutte le colpe ed insoirgono tra la popolazione, gli odiosi sentimenti di chiusura che conosciamo dalla cronache dei giornali.
È un fatto che l’opinione pubblica europea sia inferocita perchè il senso di insicurezza è aumentato. Se poi aggiungiamo l’11 settembre, apriti cielo.
Tornando all’UE, Romano dice che il Trattato di Lisbona non è da buttare e continene molte innovazioni interessanti. Poi il problema è politico se i leader europei decidono di assegnare i ruoli chiave a figure non di primo piano nel panorama politico europeo o di mantenere contemporaneamente ad un presidente la rotazione semestrale della presidenza a livello di nazioni espressa dall’attuale coabitazione di José Luis Rodríguez Zapatero e Herman Van Rompuy. Senza contare che c’è una decisa ipocrisia della classe politica che a Bruxelles predica bene poi in patria razzola male.
Seguono domande del pubblico che vanno dalla crisi del Kashmir all’istruzione, dal ruolo dell’ONU alla questione del Belgio, peró su tutte, dobbiamo segnalare una domanda sulla tecnologia e il rapporto con la societá. Se è vero che l’innovazione tecnologica cambia le societá, che relazione vede tra la scarsa adozione di tecnologie in Italia e la gerontocrazia che pare caratterizzare la nostra classe dirigente.
Mentre Romano tesse le lodi dell’iPad come una tecnologia che cambierá il modo di vivere: dalla televisione che diventerá un’esperienza individuale alla lettura dei giornali, glissa sulla questione della gerotocrazia. Ma si sa, ad ambasciator non si porta pena e lo ringraziamo per la piacevole discussione come ringraziamo gli organizzatori dell’interessante incontro.
Per vedere i prossimi incontri in calendario visita PordenonePensa.
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